Non ci resta che aspettare. E sperare!!

Ragusa, 21 Maggio 2001

Finita la sbornia elettorale, sarebbe opportuno fare qualche riflessione serena sul voto che i siciliani hanno espresso il 13 maggio scorso. Il dato che emerge, prepotente, è l’incontestabile vittoria di Berlusconi (non di Forza Italia), la miserevole disfatta di Alleanza nazionale e l’indecorosa sconfitta della sinistra.

Andiamo per ordine.


Berlusconi ha giocato tutto scommettendo sulla sua immagine di uomo di successo e voglioso di migliorare le condizioni di vita degli italiani. Ha inondato le case e i teleschermi con i suoi proclami ed ha avuto ragione. I risultati nazionali lo testimoniano.

Alleanza nazionale ha invece gettato la spugna. Una classe dirigente inadeguata e litigiosa ha appannato l’immagine del partito sempre più schiacciato sulle posizioni di FI per darsi un “tono” di moderazione. Il risultato siciliano dovrebbe indicare a Fini la strada giusta: dimettersi e chiedere scusa agli elettori.

La sinistra in blocco ha pagato cinque anni di governo zoppicante (tre primi ministri, Prodi, D’Alema, Amato sono troppi in una legislatura) e confusionario; le divisioni interne e i tentativi “floreali” di miscelare l’acqua con l’olio hanno prodotto macerie; la scelta di Rutelli è apparsa una manovra di facciata e non si intravedeva cosa gli sarebbe successo dopo il voto (vedi Prodi). Su tutto, la sinistra ha pagato per una campagna elettorale aggressiva e volgare (attribuita al Polo, ma portata avanti da loro) che ha prodotto un risultato: “Hanno stimolato la gente di andare a votare per noi”. Parole post-elettorali del riconfermato senatore Riccardi Minardo; pronunciate con buona pace della grammatica italiana.

In Sicilia, dunque, la Casa delle libertà (vedremo poi di chi saranno, queste libertà…) ha fatto il pieno vincendo in tutti i collegi uninominali di Camera e Senato. Un plebiscito che porterà a Roma gente di ogni risma: da amministratori locali appena dimessi a deputati regionali ancora in carica; da inquisiti per reati vari a neofiti assoluti. Materiale umano e politico, insomma, che avrà certamente speso fiato per promettere qualcosa ai siciliani. Dal che i siciliani, si spera, è logico, si aspetteranno qualcosa. L’ineffabile senatore Minardo, ad esempio, si è fatto paladino della defiscalizzazione dei prodotti petroliferi per la provincia di Ragusa, arrivando anche a dire che “Perlusconi” (lui lo pronunzia così) in persona glielo avrebbe promesso come priorità assoluta. Peccato che, stando alle dichiarazioni post voto, nell’agenda di governo delle priorità manchi del tutto. Che Berlusconi si sia espresso per una meneinfischializzazione ed il senatore abbia preso “fisco per fiaschi”? Tant’è! Intanto il senatore Minardo si è garantito il ritorno a Palazzo Madama con gli annessi privilegi che nessuno, in campagna elettorale, si è ben guardato di citare e condannare. E, dopo tutto, nelle dichiarazioni del dopo-voto, felice del plebiscito avuto da un elettorato evidentemente alquanto distratto, si è ruzzolato ad affermare che “è giusto che la gente hanno il loro rappresentante”. Con buona pace, anche stavolta, della grammatica italiana (vedi alla voce: nomi collettivi).

Ma, perché tanto accanimento contro Minardo? ci si potrebbe chiedere. Nessun accanimento, ma la semplice constatazione di fatto: il destino della Sicilia passa anche attraverso questi uomini. E gli altri? si dirà. Già, gli altri. Chi sono mai gli altri?

Eccone qualche campione e, ai nostri lettori, lasciamo lo spazio per giudicare.

Bobo Craxi (Cdl): figlio di… “Lui”, milanese eletto a Trapani in quota Nuovo Psi. Come se quello vecchio non fosse già bastato! Dopo il voto, invece di evitare di respirare, è corso a dichiarare che la gente lo aveva votato pensando a suo Padre. Ha avuto il 56,8 % dei voti. Nello stesso collegio, nel ’96, il Polo aveva totalizzato l’80,03 %. Ha proprio ragione Craxi junior: la gente lo ha votato pensando al suo illustre genitore…

Gaspare Giudice (Cdl): pende sulla sua fedina penale un procedimento per concorso esterno in associazione mafiosa. Candidatura perlomeno discutibile e conferma della fragilità giudiziaria di Forza Italia.

Filippo Drago (Cdl): è figlio di quel Nino Drago che fu per decenni il padre padrone della Dc catanese. Uomo assai discusso per le sue amicizie non sempre “limpide”. Non si vuole criminalizzare il figlio, ovviamente, ma, se la scuola è quella del padre…

Giovanni Mauro (Cdl): enfant prodige della nuova guardia berlusconiana, per la Camera ha sacrificato la presidenza della provincia di Ragusa stracciando l’impegno preso con gli elettori nel ’98. Brillante e loquace, si era messo in vetrina con la provocazione della “città-stato”, ma risalì agli onori della cronaca con l’arresto avvenuto due anni fa per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Processo ancora in corso; processo che si è trascinato stancamente e, dicono i maligni, artatamente, per superare la data fatidica del 13 maggio. Quella, per intenderci, dell’immunità parlamentare.

Guido Lo Porto (Cdl): è il console di Fini in Sicilia. Di lui si ricorda l’iniziativa per regionalizzare il partito, cosicché potrà usarlo a seconda della sua convenienza personale. La sua azione devastatrice è stata realizzata in pieno, tanto è vero che An è ai minimi storici della sua vita politica nell’Isola. Uno che ha lavorato solo per sé, tralasciando anche gli interessi di partito, lascia pochi dubbi circa il suo impegno per la collettività siciliana.

Enzo Bianco (Ulivo): di lui si ricorderà la malafiura epocale delle elezioni appena svolte. Ministro degli Interni, il vuoto Bianco ha fatto di tutto per non fare nulla. Alla fine, c’è riuscito in pieno e, per lasciare un segno tangibile del suo passaggio romano, ha ridicolizzato l’Italia con le votazioni protratte sino alle luci dell’alba. La disorganizzazione totale non lo ha indotto, come sarebbe stato opportuno, alle dimissioni immediate. Bocciato dagli elettori nel maggioritario, è stato ripescato con il refugium peccatorum del proporzionale. Onestà, gli avrebbe dovuto suggerire di rinunziare.

Carlo Vizzini (Cdl): già segretario nazionale del Psdi (il partito di Nicolazzi e di tutta una variegata serie di corrotti) ed implicato egli stesso in indagini della magistratura, è resuscitato politicamente grazie al partito-pattumiera Forza Italia (“loro accennando tutte le raccoglie…”) ed ha pure trovato un seggio senatoriale.

Rino Cirami (Cdl): è uno di quei “puttani della politica” che è stato accolto come un figliol prodigo dalla Casa delle libertà. Eletto nel ’96 con il Ccd, trasmigò prima nell’Udr e poi nell’Udeur. Tornato a casa, come Lassie, ha ritrovato il suo seggio senatoriale in virtù del fatto che la coerenza, in politica, è una variabile più variabile di tante altre; e che i ribaltonisti, se hanno un cospicuo seguito elettorale, sono sempre i benvenuti. Dappertutto.
Calogero Sodano (Cdl): notabile democriastiano agrigentino, è stato, fino a pochi mesi fa, il sindaco discusso di Agrigento con la magistratura sull’uscio di casa. Forse perché braccato dagli uomini in toga, ha, come Giovanni Mauro, stracciato il patto con gli agrigentini che l’avevano voluto sindaco ed ha preferito correre verso i lidi sicuri dell’immunità parlamentare a Palazzo Madama. Recentemente era stato al centro di una accesa diatriba con gli ambientalisti circa la ristrutturazione di una casa di villeggiatura (giudicata abusiva) intestata all’anziana suocera.

Pino Firrarello (Cdl): fu, con Cusumano e Castiglione, uno di quelli caduti nella retata che la DIA operò in casa Udr agli inizi del 2000. Il primo era sottosegretario del governo D’Alema, il secondo assessore regionale (transitò anch’egli, guarda caso, in FI). Firrarello, senatore, era componente della Commissione nazionale antimafia. Proprio un bel posticino; ad hoc, come si dice. Rientrato nel Polo, ha ritrovato anche lui il seggio che aveva occupato nella scorsa legislatura.
Riccardo Minardo (Cdl): l’ex per antonomasia. Ex Dc, ex Ccd, ex Cdl, ex Udr, ex Udeur. Attualmente è in quota Forza Italia dopo tutti i ribaltoni e controribaltoni fatti a scopi personali. Durante la campagna elettorale ha promesso mare e monti ed i ragusani lo hanno abbondantemente premiato credendo ciecamente che mantenga tutto. La sua rielezione è la cartina al tornasole di una An finita nel nulla. I dirigenti locali, dopo il ribaltone, gliela avevano promessa asserendo che non lo avrebbero votato “nemmeno se glielo avesse chiesto Fini in persona”. Fini, per la verità, definendo questa gente “puttani della politica”, aveva anche detto che gli elettori li avrebbero bocciati. Infatti…

Giovanni Battaglia (Ulivo): è stato battuto sonoramente da Minardo. Padre padrone dei Ds a Ragusa, ha innescato una violenta diatriba con il sindaco di Vittoria Francesco Aiello (Ds) che aspirava a quel seggio. Il partito si compattò su di lui e, per bocca dei soliti maligni, Aiello gliel’avrebbe fatta pagare non appoggiandolo nella (ex) “rossa” Vittoria. Di Battaglia si conosce, soprattutto, una cosa di molti anni fa che è sulla bocca di tutti: nominato presidente della locale USL, assunse per chiamata diretta la moglie Gianna con la quarta qualifica di dattilografa. La signora Gianna ha fatto una carriera interna fulminante e, oggi, è la padrona assoluta della AUSL. Assieme al marito, comunque.

Che dire? Davanti a queste cose è meglio ridere per non piangere. Tanto, per piangere c’è tutto il tempo che si vuole. Basta avere la bontà di aspettare l’insediamento del nuovo esecutivo e, se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, non sarà troppo improbabile ipotizzare una lunga e buia notte per la nostra Sicilia. Soprattutto perché, tra poco più di un mese, si abbatterà un’altra e potenzialmente più pericolosa pestilenza: le elezioni regionali.

I partiti stanno già scaldando i motori chi per la rivincita, chi per la riconferma. Ed intanto ci hanno somministrato il menu: Leoluca Orlando a sinistra e Totò Cuffaro a destra. Come dire: siciliani, vi consideriamo semplicemente degli imbecilli.

Chi vincerà tra i due lo sapremo presto, così come sappiamo per certo che sono, entrambi, elementi assolutamente INVOTABILI.

Giovanni Cappello –
L’Altra Sicilia – Ragusa