La Sicilia che disse addio al feudalesimo

Ricorre quest’anno il 200° anniversario della Costituzione siciliana del 1812 che consistette nel primo esempio italiano di Statuto elaborato da una assemblea costituente e che rappresentò in buona sostanza il primo contributo della Sicilia alla Stato moderno e liberale. Una costituzione che ebbe il grande merito di abolire il feudalesimo e in cui era contenuta la prima formulazione della separazione del potere legislativo da quello esecutivo La costituzione del 1812, sul modello di quella inglese, prevedeva un parlamento bicamerale e non più come lo era stato sino allora tricamerale.

Uno dei padri di quella innovativa Costituzione fu, senza dubbio, Carlo Cottone Principe di Castelnuovo.

A lui lo scultore Domenico Costantino, nell’ormai lontano 1873, dedicò la statua che i palermitani possono ancora oggi ammirare nella Piazza che porta il suo nome (anche se i palermitani chiamano Piazza Castelnuovo Piazza Politeama).

Carlo Cottone fu una nobile figura di patriota siciliano che per le sue idee, nel luglio del 1811, venne imprigionato nella fortezza di Favignana. Geloso custode delle prerogative del parlamento siciliano fu anche insigne costituzionalista e, come tale, assieme ad altri, artefice della costituzione del 1812. Infatti, assieme al nipote Principe di Belmonte e all’abate Paolo Balsamo fu il promotore della Costituzione siciliana del 1812, concepita sul modello di quella inglese. Non a caso, a quel tempo, in Sicilia, gli inglesi, con l’autorevole presenza di lord William Bentick, esercitavano la loro notevole influenza politico-economica sui Borboni e Ferdinando finì per accettarla, delegando il potere con funzioni vicarie al principe ereditario Francesco, che, tra i primi atti del suo governo, dopo averlo liberato dal carcere di Favignana, nominò Carlo Cottone ministro delle finanze.

Con la nuova Costituzione fu, come anzidetto, abolito il feudalesimo, la Camera ecclesiastica fu assorbita dalla Camera dei Pari e le città baronali si fusero con quelle reali nella Camera dei Comuni. In materia finanziaria la legislazione spettava ai Comuni. Fu inoltre adottato un sistema giuridico per cui tutti dovevano essere uguali di fronte alla legge e nessuno poteva essere imprigionato senza regolare processo. La tortura fu abolita. La stampa doveva essere libera, tranne per le questioni di ordine religioso. La Sicilia infine sarebbe stata completamente “libera” se il re fosse, un giorno, ritornato a Napoli, visto che l’ordinamento prevedeva che gli subentrasse il figlio maggiore come sovrano indipendente. Allo stesso sovrano era vietato lasciare l’Isola senza il consenso del Parlamento.

In quel lontano 1812 si può senz’altro dire che la Sicilia fu il primo ed unico Stato preunitario a dotarsi di una Costituzione moderna. Una Costituzione di illuminato stampo liberale a cui Carlo Cottone Principe di Castelnuovo diede il suo fondamentale contributo. Grande per questo fu la sua amarezza quando Ferdinando, appoggiato dalle baionette austriache, ritornando a Napoli si rimangiò riforme e Costituzione proclamando il Regno delle Due Sicilie.

Ritiratosi deluso dalla vita politica a Palermo, nella sua tenuta dei Colli, a San Lorenzo, Carlo Cottone, nel 1819, fondò l’istituto agrario, dove assieme a giovani possidenti effettuò interessanti esperimenti sui nuovi metodi agricoli da attuare in Sicilia, come la coltivazione del riso duro, l’allevamento dei bachi da seta ed il trattamento delle più svariate e diffuse malattie delle piante. A questa scuola, fortemente voluta per consentire l’istruzione e l’aggiornamento di suoi contadini, dove sorge oggi il Teatro della Verdura, questo liberale fuori dal tempo dedicò con passione l’ultima parte della sua esistenza.

Gli ultimi anni della sua vita furono pieni di indicibili sofferenze a causa di un male incurabile alla vescica, tanto d’indurlo più di una volta a tentare il suicidio. Si spense il 29 dicembre del 1829, assistito da amici fidati tra cui Ruggero Settimo, cui passò il testimone delle sue idee autonomiste e progressiste affinché portasse a compimento la sua iniziativa politica. Lasciò per testamento 40 mila onze (una cifra enorme per quei tempi) a chi avesse indotto il re restituire alla Sicilia la sua Costituzione. Appropriata la frase scolpita da Domenico Costantino nel lato destro del piedistallo della statua a Piazza Castelnuovo: “Visse quale Catone, morì quale Attico”:

Ignazio Coppola

Fonte: www.linksicilia.it