Regionalismo e ladrocini

A quarant’anni dalla istituzione delle regioni ordinarie – di scuola il discorso di Giorgio Almirante alla Camera che per 9 ore consecutive aveva cercato di spiegare i pericoli di un regionalismo che avrebbe aperto le porte ad un federalismo allora contro-natura- a tredici dall’avvio delle riforme Bassanini -, che delineava il federalismo amministrativo – , ed a nove dalla revisione del titolo V della Costituzione, la svolta voluta da Prodi per accattivarsi la Lega -, il regionalismo ordinario si presenta oggi in palese fallimento e pone molti interrogativi circa le sue modalità di attuazione, ma soprattutto i risultati ottenuti e le prospettive future.

Non aiutano certo ad un giudizio ponderato le vicende di sperperi e ladrocini che vengono via via alla luce nelle differenti regioni – siano esse governate da destra o da sinistra, a sottolineare l’ambivalenza della tendenza truffaldina di questa classe politica ormai in putrefazione – ultima la regione Lazio, ma anche Toscana, Campania, Lombardia, e Sicilia e Sardegna nonostante queste godano di uno statuto speciale che oggi rischia pero’ di essere messo in discussione, rivisto al ribasso e addirittura riformato. In effetti oggi le regioni, invece di essere agenzie di sviluppo dei territori, si sono dimostrate centri di spesa fuori controllo e isole di potere illimitato.

Se a questo aggiungessimo la mediocrità della classe politica chiamata a governare queste stesse regioni, avremmo chiara la prospettiva del fallimento assoluto di questo regionalismo, con la conseguenza che, nonostante il nostro gran parlare di Statuto e di Autonomia,e alla luce degli scandali dell’ultima Assemblea regionale – nomine indiscriminate, cambi di assessori e conseguenti giri di valzer delle poltrone nelle compartecipate, ma anche precariato, voto di scambio, nepotismo e clientelismo – e dello stato in cui effettivamente è stata lasciata ” la terra impareggiabile” siamo costretti ad abbassare il capo e accusare per intero ricevuta di quanti attaccano il nostro Statuto e ci rimproverano, ad aggravante delle ruberie, un eccesso di Autonomia, rivendicata a parole, ma tradita dalla classe politica nei fatti.

Non ci deve meravigliare un personaggio come Fiorito, candido nella sua presupponenza, perché è lo specchio dell’arroganza del potere consorziato. Piuttosto ci dovrebbe invece irritare l’arroganza della Polverini, a rappresentare tutta la casta che pare chiudersi a riccio e difendersi infantilmente, sorpresa del fatto che uno di loro, per giustificare le ruberie sue, si sia messo stupidamente a pubblicizzare i teatrini del bilancio regionale laziale e abbia quindi coinvolto tutti negli scandali, svelando così’ le malefatte nascoste dietro una pervicace e colpevole volontà di non regolamentare le spese.

Nonostante le vagonate di fango, questa Casta politica continua pero’ a far apparire ovvio l’indifendibile, riesce a passare in secondo piano il pesante rilievo penale delle vicende regionali, ovunque esse accadano, a Milano (Penati è ancora consigliere dopo aver cambiato solo gruppo, peraltro ben retribuito dal finanziamento pubblico) o a Roma ( Rutelli ha restituito 5 milioni ma non il resto e la, Polverini presenta un codice etico… agli altri pero’ ) o a Palermo dove Lombardo continua imperterrito e da dimissionato Presidente a far lavorare una Giunta senza poteri, a nominare assessori, vertici nelle compartecipate e persino il figlio 23enne nelle liste alle regione.

Ma veramente credono che la gente non arrivi a capire?
Veramente sperano nell’astensionismo, come oggi pare delinearsi, accettato come male minore per poter sopravvivere ?

Nonostante, da oltre 20 anni, i cittadini si siano espressi per referendum contro il finanziamento pubblico ai partiti, la pratica dei rimborsi elettorali continua a vivere grazie ai marchingegni parlamentari che sono riusciti ad annullare i risultati di quel referendum abrogativo;
nonostante le leggi anticumulo, sono riusciti a mantenere i doppi e tripli incarichi vergognosamente, è il caso del sindaco di Messina Buzzanca che si è dimesso solo in scadenza di mandato per poi candidarsi alle regionali e cosi’ ercare di usufruire di più lunghe retribuzioni; nonostante la crisi economica del paese, le Camere sono riuscite ad aumentarsi gli stipendi, attente a non recedere di un centimetro dalla linea delle retribuzioni e delle guarentigie.

E se ilodello Berlusconi ci ha regalato la cantante Zanicchi, la intrattenitrice Renzulli o la valletta Matera ad esempio, elette al Parlamento europeo, anche UdC, Pd, IdV, hanno attinto a grandi mani al mondo dello spettacolo per incrementare le truppe cammellate che siedono alle Camere e aumentare le possibilità economiche che il rimborso elettorale da ai partiti, spartendosi poi la torta , per carità non illegalmente perché hanno ben previsto di non regolamentare i controlli nelle spese, ma immoralmente e alla faccia dei cittadini, questo certamente si’.

Nella confusione dei controlli volutamente inesistenti, in fondo è il Paese dei furbi che prolifera e va avanti, in tutti i suoi comparti: politico, industriale, amministrativo, sociale , ecclesiastico, giudiziario e altro, e lentamente affonda nella melma.

Non pare possa esserci limite alla voracità degli eletti: torna così’ più’ che mai d’attualità la proposta che noi dell’Altra Sicilia perseguiamo da tempo: politica come missione, servizio da rendere ai cittadini e non come primo grado di una carriera che poi rende immarcescibili e poco propensi al ritorno alla normalità e al lavoro, ad esempio gente come Andreotti o, Fini o Casini; ricompensi fissati per legge senza rimborsi vari, portaborse o biglietti gratuiti di treno aereo o … stadio; possibilità di deputatura una sola volta, vuoi due, e poi a casa dopo aver servito veramente il paese; depotenziamento delle cariche elettive pubbliche per rendere economicamente meno attrattiva la politica e per poter effettivamente evitare gente come Fiorito o Penati o Lusi o Belsito e consentire che gente seria, onesta e preparata si occupi della cosa pubblica senza altri interessi che quello della comunità.

La crisi del regionalismo evidenziata dalle ruberie di questi ultimi giorni porta noi siciliani a rischiare il pericolo di una revisione della nostra Autonomia ( ogni scusa è stata sempre buona per attaccare la regione siciliana) e, alla luce delle candidature che si delineano nella corsa alla Presidenza della regione siciliana il rischio prende consistenza dacché non riusciamo a scorgere chi effettivamente potrebbe opporsi alla tendenza, che sembra delinearsi sempre più marcata, di tagliarci questo Statuto che non siamo mai riusciti a far funzionare , chi potrebbe effettivamente difendere la Sicilia.

Ci spaventa poi il centralismo dei favoriti, il nesso indissolubile che dimostrano con i loro referenti nazionali e quel sospetto di autonomismo che altri si sforzano di sventolare ci lascia perplessi, specie se poi, ad esempio, lanciano importanti segnali subliminali al mondo del voto mafioso: le parole sono sassi e la loro sfrontatezza inaccettabile e troppo disinvolta.

A questo punto crediamo che i cittadini, eccetto quelli che hanno sempre qualcosa da chiedere e che hanno quindi qualcuno da ringraziare, possano decidere di trincerarsi dietro il non voto, decidano di non andare a votare. Pericolo gravissimo per una democrazia che lascerebbe i soliti pochi a decidere per i molti che non si sentono rappresentati da una casta che si consorzia sempre nei momenti del tracollo per riuscire a sopravvivere.

A questo punto, presentati i candidati e esposte le liste, i giochi sembrano fatti, e si delinea imminente l’ennesima sconfitta della Sicilia e dei siciliani onesti.

L’Altra Sicilia a questo punto chiede a quanti, senza sudditanze o coercizioni varie, decidessero di andare a votare, almeno di contribuire con il loro voto ad una svolta, bocciando con fermezza i soliti nomi ricorrenti, relegando fuori dai consessi i partiti centralisti, smascherando le bugie dei falsi autonomisti e premiando, in mancanza di alternative, almeno nuovi nomi che, pur col beneficio dell’inventario rispetto a quelli vecchi e inflazionati , possano provare a cambiare la gestione della cosa pubblica , nella speranza poi che, in corso d’opera, si convincano a compiere quel gran passo, ormai non più rinviabile, che permetterebbe alla Sicilia di diventare veramente autonoma, pronunciando ufficialmente e politicamente, una legittima dichiarazione di indipendenza dell’Assemblea a nome dei cittadini. Si può fare, ce lo hanno dimostrato catalani, scozzesi, gallesi e quebecchesi.

Per il momento c’é solo da aspettare e sperare.

eugenio preta