La difesa di Parigi

Il relativismo dell’occidente è diventato un kriss malese, un’arma a doppio taglio che se da una parte puo’ servire ad alleggerire le nostre coscienze, dall’altra ci lascia prede e vittime di nemici ormai dichiarati a cui, tra l’altro, stiamo dispiegando tappeti d’oro.
Immagino male governanti,” in altre faccende affaccendati”, occuparsi ora di misure preventive, difesa e reazione, organizzare risposte ad atti di vera e propria guerra urbana che schiere di fanatici sono ormai in grado di portare nel cuore delle nostre capitali.
Purtroppo, e lo diciamo da tempo, l’occidente ha abbassato le braccia, si è convinto di una sua obbligatoria autoflagellazione e lascia scivolare offese e intimidazioni e, peggio, cerca di compiacere il suo aguzzino consentendogli di risiedere nei nostri paesi, aiutandolo a mantenere le sue forme di culto, sovvenzionando pure il suo stato sociale, curando le sue malattie, pagandogli addirittura una salario sociale di inserimento.
E’ una specie di evangelizzazione “a contrario”; finite le “crociate”, ci siamo convinti della nostra malvagità occidentale, di aver usurpato terre e ricchezze, di dover ora necessariamente rimediare al male che abbiamo causato.
Negli anni 70, il premier algerino Boumedienne prefigurava scenari catastrofici immaginando intere popolazioni saheliche mettersi in marcia verso l’Europa e, stremate e consunte, lasciarsi morire nelle più belle piazze di questo occidente opulento ed egoista. La profezia non si é soltanto avverata, ma addirittura ha preso i connotati di un vero e proprio assalto all’arma bianca, con l’aggravante del relativismo imperante.. L’Occidente non ha capito, o finge di non capire, che le logiche mediorientali non possono essere tradotte nei parametri occidentali e perciò immagina campagne di salvataggio di migranti che fuggono satrapi e dittatori conseguenti pero’ ad un clima sociale, ad un metodo di gestione del potere tipico dei luoghi. Non abbiamo capito che sarebbe necessario stringere accordi di cooperazione con loro, aspettiamo solo che barconi di disperati si mettano in mare, andiamo persino a raccoglierli, implicitamente convinciamo quelle “autorità” a favorire, anzi obbligare le diaspore come calmiere per mettere un freno al superpopolamento, alla fame, alle crisi economiche, sociali e politiche, alle guerre e alle lotte tribali. 
Se passeggiate nelle serate di sabato per le strade del centro di Bruxelles, nel quartiere Madou, vi sembrerà di piombare nel clima del mercato nero, il black market di Zawinull e accoliti weather report. Intere famiglie vocianti e vestite di festa, un tocco di colore in una città grigia ed austera. Sono gli immigrati africani, discendenti delle antiche colonie, convertiti (spesso forzatamente) alla religione cattolica, una società che in fondo si è integrata più facilmente ai valori occidentali proprio perché filtrata dalla Chiesa. Fenomeno che accade in maniera diametralmente opposta se da Madou vi spostaste verso la Gare du midi, zona ad alta concentrazione di popolazioni islamiche. C’è il clima mediorientale del commercio, del negozio di strada, ma nelle acconciature, l’abbigliamento, e soprattutto gli sguardi si percepisce una certa riluttanza, una diffidenza che diventa ostilità negli sguardi dei più fanatici. Una differenza evidente di comportamento tra popolazioni africane e immigrati islamici originata, secondo noi, proprio dall’educazione ricevuta. Da una parte l’Imam che chissà che racconta, dall’altra la Chiesa e i suoi rituali condivisi. 
Oggi la Chiesa parla pero’ il linguaggio dei metri quadrati, delle operazioni bancarie, e manda lettere come quelle di Francesco, al mondo orientale e medio-orentale, all’islam e alle altre religioni, avallando implicitamente un nostro peccato originario per cui è necessario recitare il mea culpa. Bene fa Francesco a voler dialogare con le altre civilizzazioni, secondo noi tentenna quando implicitamente cosi’ le pone tutte in uno stato egualitario. Ora il dialogo ci può pure stare, sarebbe necessario pero’ fare ordine, stabilire una scala gerarchica, una classifica per cui, e non si scappa, la civilizzazione occidentale deve obbligatoriamente stare al primo posto. E questo non per eccessivo amor proprio ma per la constatazione della realtà. La civiltà occidentale ha infatti creato -, pur tra guerre, rivoluzioni, inquisizioni – valori universali che sono serviti da parametro al nostri vivere civile: il diritto, lo Stato, le manifestazioni artistiche maggiori, la legge, le forme di governo, le analisi sociologiche, l’arte, e non può essere confusa invece con civilizzazioni che non hanno mai costruito, nel corso dei secoli, valori condivisibili, comuni e universali ma solo guerre, odi tribali, prevaricazioni. Nell’islam, ad esempio, il ruolo della donna è ancora ritenuto uno stato di inferiorità animale. L’islam, infatti, naturalmente quello fanatico sunnita-sahalafita, si colloca oggi nello scacchiere geopolitico europeo, non come partner affidabile, sicuramente come avversario spesso ostile.. Bisogna che l’Europa questo lo tenga presente e sappia regolarsi di conseguenza,qualche mese fa Charlie Hebdo ce lo aveva annunziato e il Bataclan e il resto ieri sera ce lo hanno confermato. 
Eugenio Preta
15/11/2015