I paesi Visegrad di fronte al sistema europeo di ricollocazione dei migranti

La Commissione Esecutiva e il Parlamento europeo minacciano gravi sanzioni alla Polonia e all’Ungheria, ma anche all’Austria, perché non hanno ancora comunicato di accettare la loro quota di rifugiati migranti, provenienti soprattutto dalla Grecia e dall’Italia, nel quadro del sistema delle quote, adottato a maggioranza dal Consiglio europeo nel settembre del 2015.

E se Vienna promette solo oggi di essere disposta ad accogliere 50 immigrati clandestini, (bontà loro… a fronte degli oltre 8mila arrivi giornalieri sulle coste siciliane) Budapest e Varsavia non ci stanno, e vanno allo scontro frontale sfidando epiteti populisti, gli anatemi e le multe salate minacciate dall’Esecutivo perché ritengono che ci sia ormai in gioco la loro sicurezza interna, la loro sovranità nazionale e il principio democratico del rispetto della volontà dei loro cittadini che, in occasione di due referendum, hanno fatto sapere di non volere accettare questi rifugiati. Il 98% degli ungheresi si è espresso negativamente nel referendum dell’autunno passato, mentre il 71% dei polacchi lo ha fatto in un recente sondaggio di questo mese di maggio.

Certo questo non vorrebbe dire, come intende invece far credere la Commissione europea, che la Polonia e l’Ungheria, insieme alla quasi totalità dei Paesi del vecchio blocco dell’Europa dell’Est, siano come una sorta di cattivi europei. Al contrario, serve a sottolineare che in questi paesi il legame europeo sembra essere ancora abbastanza forte e che quelle popolazioni, che godono oggi di una grande libertà di espressione e di una vera pluralità mediatica, restano molto legate alla loro sovranità nazionale e alle loro libertà individuali conquistate dopo dure lotte, dimostrando piena consapevolezza dei problemi causati loro da decenni d’immigrazione massiccia e dichiarandosi molto preoccupate dalla presenza musulmana costantemente in aumento nell’ovest del continente europeo. Ricordiamo del resto che i popoli dell’Europa dell’est portano impresso nella loro memoria collettiva il retaggio di secoli di lotta contro le invasioni barbariche.

In Polonia, dopo il primo ministro, Beata Szydlo, anche il ministro degli esteri, Marius Blaszczak, ha riaffermato la posizione di netta chiusura del suo Paese nel dibattito sul sistema di quote per ricollocare gli immigrati clandestini , ribadendo esattamente la stessa posizione tenuta dal governo ungherese di Victor Orban che, sin dal 2015, ha contestato il meccanismo escogitato dall’Esecutivo europeo ritenendo che sarebbe servito soltanto ad incoraggiare l’arrivo di un numero sempre crescente di migranti. Blaszczak anzi ha rincarato la dose e ha proposto di mettere finalmente in attuazione la sola politica che si è dimostrata vincente in materia di lotta dell’immigrazione clandestina e che è quella applicata oggi dall’Australia : rinviare sistematicamente i migranti clandestini al loro punto di partenza e esaminare la loro richiesta di asilo fuori dal territorio nazionale. Come ha fatto il governo ungherese, anche il governo conservatore polacco ha aumentato l’impegno del suo aiuto umanitario in Siria e nei paesi vicini, nella convinzione di dover aiutare i rifugiati proprio in luoghi che siano il più vicino possible ai territori da cui fuggono. L’Ungheria ha peraltro ricordato al Consiglio europeo di aver investito risorse importanti nella protezione delle sue frontiere che sono anche frontiere esterne dell’Unione. Gli euroburocrati di Bruxelles però fingono ancora di non capire che il sistema di quote non può funzionare in uno spazio senza controllo alle frontiere, argomento avanzato da un Paese del fronte orientale del continente europeo, la Slovacchia che, con l’Ungheria, ha denunziato recentemente alla Corte di Giustizia dell’Unione europea il sistema di ricollocazione per quote nazionali proposto da Bruxelles. A suffragio delle loro tesi i ricorrenti hanno portato l’esempio di quanto successo in Portogallo, che, a loro avviso dimostra la fondatezza del ricorso. Il Portogallo infatti fa parte dei paesi considerati dall’Esecutivo “alunni meritevoli” ed ha accettato la richiesta di accogliere 1255 richiedenti asilo dal settembre 2015 all’aprile 2017 . La realtà però ha contraddetto le buone intenzioni perché 474 dei 1255 migranti accolti hanno abbandonato senza autorizzazione il Portogallo, dimostrando ,de facto, il fallimento del sistema proposto. Dopo infinite e difficili ricerche, si legge nel ricorso di Orban e Fico, solo un terzo di questi migranti è stato intercettato tra Germania, Francia, Belgio , Olanda e Svezia. Dei rimanenti pare che ormai , se ne siano perse le tracce….con buona pace del sistema delle quote.

Eugenio Preta