Elezioni regionali, la conferma della regola

Finite le baruffe elettorali, ricomposti i sorrisi davanti le telecamere, la Sicilia si risveglia con Musumeci Presidente e con 70 deputati quasi tutti nuovi, dopo una campagna elettorale dura e un’informazione mediatica squilibrata, sempre tri-fronte, riservata alla destra, alla sinistra ed anche alla sinistra estrema, relegando il movimento Siciliani Liberi – che avrebbe dovuto e potuto costituire una vera novità nel panorama politico imbellettato e dopato della politica siciliana – in secondo piano, quasi a voler esorcizzare un pericolo mortale per gli affaristi della politica che aspiravano a governare quest’Isola sfortunata.

Del resto l’arroganza di una giornalista spesso presente in tutti i gli spazi mediatici disponibili, con il suo “lei è troppo piccolo” e l’offensivo “ringrazi che l’ho invitata”, al di là delle chiacchiere la dice tutta sulla partigianeria dell’informazione elettorale televisiva, al servizio dei potenti di turno (non é sempre esistita la spartizione delle tre reti tra DC, PSI e PCI. oggi mutatis mutandis ancora in auge?) e sulla percezione in cui sono ritenuti i siciliani che disturbano gli equilibri stabiliti, nel momento topico, dagli inquilini delle stanze del potete.

E’ palese, che i siciliani hanno sempre occupato posti di rilevanza nelle istituzioni italiane, nel Parlamento e negli organismi bancari e governativi. Mattarella e Grasso sono siciliani ai vertici dello Stato, anche se eccessivamente pudichi, tanto da dimenticare, a volte, la terra impareggiabile a cui appartengono nelle loro dichiarazioni.

La Sicilia si sveglia dopo la sbornia elettorale, con le televisioni locali in tilt per le lunghe maratone, i brindisi con i candidati vittoriosi, la conta dei numeri, e lo fa senza entusiasmi, senza fiducia, offesa quasi come se a votare fossero stati altri, che so… i trentini o i campani. L’alto tasso di astensione riporta il vecchio gattopardo in auge, tutti vogliono continuare a dormire, nessuno si vuole svegliare. Invece sono stati i siciliani a premiare Nello Musumeci, un politico di lungo corso restio a seguire gli schemi e i tempi della politica, una specie di battitore libero pronto però a rimettersi in fila quando occorre.

Un uomo magnificato come nuovo e di grande serietà, ma responsabile di 47 anni di politica di vertice, sempre eletto e nominato addirittura nel governo Berlusconi per grazia ”storaciana”, divertente e brillante nell’eloquio da vecchio rappresentante di quel Movimento sociale, quello vero di una volta, non quello annacquato oggi nella pervicace insistenza a volerlo trasfigurare nel centro destra, peggio nel centro. Un principe machiavelliano che ha dimostrato di poter fare accordi con tutti, pur di raggiungere il fine che si era proposto. Un uomo che oggi arriva alla soglia della pensione e non ha fatto segreto di voler chiudere con l’apoteosi della presidenza, una carriera politica fortunata e brillante che lo ha portato all’Ars, al PE, alla Presidenza per due volte della provincia di Catania, persino al governo di Berlusconi come Sottosegretario al lavoro, lui che proprio con il lavoro dovrà ora confrontarsi e che ha deciso di espletare tutte le possibilità per far diventare questa isola “bellissima”.

E i suoi progetti sono stati abbracciati addirittura da Berlusconi che, avendo percepito che in Sicilia il renzismo era spaccato, la sinistra troppo giovane e usurata per ricomporsi in un nuovo soggetto, e che alla fine, la forza trainante di un progetto onnicomprensivo di uomini e idee politico-affaristiche avrebbe sicuramente avuto successo.

Resta che i siciliani si sono gettati in massa nelle braccia di questo cartello di destra, facendo convergere nella lista di Musumeci “Diventerà bellissima” parafrasando una frase di Paolo Borsellino – il giudice giustiziato dalla mafia – tutti i cespugli esistenti o in via di disparizione o di ricomposizione come Udc, centristi, Nuova lega di Salvini, Fratelli d’Italia, abilissimi questi ultimi a rivendicare nel successo di attrazione, operato dal vecchio cavaliere, la rinascita del progetto di Storace, Nania, Alemanno, La Russa che ieri è ricomparso in Porta a Porta, e poi, in corso d’opera, si spera anche di nuovi partners.

E i siciliani in tutto questo? Hanno registrato un solo successo: per qualche giorno i giornali, le televisioni e le informazioni, sono stati costretti a pubblicizzare il simbolo del movimento e la figura del candidato presidente Roberto La Rosa, un indipendentista della prima ora, difficilmente criticabile, una persona certamente perbene, ma piatto, senza le qualità che oggi il sistema richiede a chi vuole imporsi sulla scena politica.

Già in occasione delle comunali di Palermo avevamo criticato la mancanza di coraggio del leader effettivo di Siciliani Liberi Massimo Costa che, nel sentire comune, avrebbe lui stesso dovuto rappresentare il movimento senza delegare a figure di secondo piano, onorevoli senz’altro, ma pur sempre seconde linee, un ruolo che il presidente di un movimento, tanto più nuovo e di rottura, avrebbe dovuto rivendicarsi e rappresentare. Oggi Massimo Costa anche per le Regionali ha ripetuto la sua ritrosia a rappresentare come candidato presidente il movimento che guida, delegando ad altri, in effetti facendo perdere quella visibilità che la sua preparazione politica e il suo ruolo avrebbero sicuramente portato in primo piano.

“Ci sarà qualcosa che rimane?“ – parafrasando un testo degli Eagles… sì, rimane il fatto che dopo la concessione da parte dello Stato centrale dello Statuto di autonomia, i siciliani ancora non hanno capito cosa effettivamente voglia significare diventare Stato nazione. Non intendono affidarsi a progetti nuovi, anche se sicuramente migliorativi della loro indigenza economica e preferiscono il vecchio consolidato, anche se si è dimostrato una vera iattura per questa terra. Non hanno più (ma lo hanno mai avuto?) nel loro dna storico e culturale la voglia di dignità e orgoglio delle origini, votano sempre e comunque i partiti statalisti che li sfruttano e li usano proprio contro questa “Terra – una volta – impareggiabile”.

Eugenio Preta