Ripensare una nuova alleanza atlantica dopo la Nato

Bruxelles tenta di organizzare il dopo Brexit fra mille difficoltà dipendenti dalle diverse sensibilità politiche esistenti, che potrebbero essere risolte se gli Stati nazione dell’Unione avessero un’identica percezione della prospettiva europea e il diritto di poterla esercitare.

L’Unione Europea con il suo ultra-federalismo, per non affrontare nuove e più gravi crisi di rigetto democratico, dovrà, senza indugi, rinunciare ad ogni stravaganza utopistica e prepararsi ad una rifondazione del sistema istituzionale a vantaggio di un’Europa finalmente di Stati sovrani. Sicuramente per le stesse ragioni, Trump ha intrapreso una grande operazione di de-mondializzazione economica. Operazione di cui gli europei non hanno ancora capito né la portata né le possibili conseguenze, convinti della “pochezza” di un uomo che, tuttavia, non sembra essersi affidato al caso per vincere la sua scalata alla Presidenza Usa.

Dai manuali di storia diplomatica si apprende che le alleanze militari contro-natura hanno sempre fatto scoppiare più guerre di quelle previste e si richiama l’attenzione sul pericolo della interdipendenza sistemica giudicata, a volte una trappola pericolosa, altre un impedimento inestricabile nel caso di avvenimenti imprevedibili. Il suggerimento sarebbe quello di evitare la costituzione di sistemi internazionali troppo dipendenti gli uni dagli altri.

Dalla caduta dell’Unione sovietica la Nato è improvvisamente divenuta obsoleta, superata innanzitutto nel suo modo di funzionare, quindi dalla sua stessa ragione di esistere. A che serve infatti un’alleanza militare senza il nemico? Da qui la necessità di doversene inventare uno. Osservando il ruolo giocato dalla Nato a Sarajevo e, più recentemente nella crisi Ucraina sfuggita di mano ad Obama e Merkel, si è notato come ogni ricorso alla via diplomatica sia stato inutile causando vittime innocenti, offese dal silenzio mediatico.

Il presidente Trump, nel corso di una riunione elettorale per le primarie repubblicane, aveva giudicato la Nato obsoleta e ostile a Washington, aggiungendo che la Russia e gli Usa piuttosto avrebbero dovuto divenire alleati. A riprova di ciò, appare più che probabile che la battaglia senza esclusione di colpi che si stanno portando Washington e Mosca, sullo sfondo degli scandali dell’FBI, nasconda un piano strategico: quello di poter mantenere un clima da guerra fredda, enfatizzando al massimo l’influenza del Cremlino nel corso delle passate presidenziali americane.

I fatti di piazza Maidan, la presenza dei missili americani in Europa e di una brigata blindata Usa nei paesi baltici, hanno mantenuto uno stato di tensione che penalizza lo scacchiere geopolitico europeo e a cui la Nato non sembra più in grado di contrapporsi. Occorre quindi rivedere il meccanismo e i tempi dell’alleanza atlantica.

Un nuovo episodio dimostra, ancora una volta, l’incongruità di questa Nato: la contrapposizione tra truppe americane, i loro alleati curdi di Siria, le truppe turche ed i loro alleati jadaisti, riqualificati oggi come ribelli siriani. Minacce appena velate sono state pronunciate anche da Erdogan – pur accolto con tutti gli onori a Roma, paese dell’occidente – nei confronti delle forze americane qualora decidessero di rimanere nelle zone di operazione militare.

Così appare chiaro come si fronteggino due blocchi ben distinti: Iran-Turchia e Russia da una parte; Arabia saudita, Isreale e Usa dall’altra e gli incidenti aerei tra Siria e Stato di Israele ne sono un’altra riprova. La guerra contro Daech non è ancora conclusa ma gli alleati di ieri già si fronteggiano oggi su campi contrapposti. E il silenzio della Nato? dimostra inefficienza gestionale o ignavia connaturata?

Perché fingere di non capire le conseguenza del disordine attuale e non impegnarsi invece, con tutta urgenza, a ripensare una nuova Nato che superi e dia maggiore legittimità e valenza strategica alla vecchia alleanza atlantica?

Eugenio Preta