La Commissione europea autorizza l’acquisto dell’italiana ILVA da parte della lussemburghese ArcelorMittal

Suscita non poche perplessità la decisione della Commissione europea di autorizzare l’acquisto del gruppo siderurgico italiano Ilva da parte del gigante mondiale del settore, ArcelorMittal che, tra l’altro, molto abilmente, si è detto pronto a cedere alcuni suoi stabilimenti di produzione per permettere l’esercizio effettivo della libera concorrenza sui mercati europei.

La decisione, secondo quanto recita un comunicato, permetterebbe di mantenere una concorrenza effettiva sui mercati siderurgici europei, a vantaggio dei consumatori e delle imprese. Per affrontare l’operazione, ArcelorMittal ha accettato di vendere alcune delle sue acciaierie europee permettendo la nascita del più grande polo siderurgico continentale, settore che però versa in condizioni molto critiche nonostante le dichiarazioni trionfalistiche della commissaria europea alla concorrenza, Vestager.

L’autorizzazione della Commissione arriva dopo un’inchiesta approfondita voluta da Bruxelles allarmata del fatto che l’operazione avrebbe potuto ridurre la libera concorrenza sui prodotti piatti dell’acciaio a carbone fabbricati attualmente solo dai due gruppi.

Le rassicurazioni di ArcelorMittal, disposta a cedere alcuni suoi siti europei e alcune linee di produzione, sembrano aver convinto Bruxelles, preoccupata di fare riferimento solo all’ambito dell’esercizio della libera concorrenza, senza aver capito che la chiusura di numerosi siti come quelli di Piombino in Italia, di Galati in Romania, di Skopje in Macedonia, di Ostrava in Slovacchia, di Dudelange in Lussemburgo e Liegi in Belgio, se potrà soddisfare le esigenze ecumeniche dell’esercizio delle 4 libertà previste dai trattati, la obbligherà a confrontarsi sul piano più materiale della politica sociale dell’Unione in conseguenza dei prevedibili piani di ristrutturazione e dismissione a cui si vedranno confrontati i lavoratori nel prossimo futuro.

Sfugge ad ogni logica di mercato, che vive la crisi endemica del settore, pensare che questi stabilimenti siderurgici possano interessare gruppi di imprenditori in grado di svilupparli e poterli poi sfruttare in regime di concorrenza con ArcelorMittal. Alla testa del consorzio Am-Investco Italy, ArcelorMittal è stata prescelta nel giugno del 2017 per riprendere il polo siderurgico ILva, in netta crisi finanziaria e posta sotto amministrazione controllata nel 2015. L’offerta accettata è stata di 1,8miliardi di euro, somma alla quale ArcelorMittal ha aggiunto una promessa di investimenti pari a 2,4miliardi di euro e l’assicurazione del mantenimento dei posti di lavoro degli attuali addetti alle produzioni.

Il gruppo Ilva conta oggi il sito integrato gigante di Taranto che impiega 11.000 persone ed è soggetto a seri problemi ambientali; la sua vendita, salutata con entusiasmo dall’ex ministro Calenda, a detta di Bruxelles – anche per giustificare una scelta che appare forzata – dovrebbe permettere di accelerare i lavori di bonifica nella regione di Taranto, ormai urgenti per tutelare la salute dei cittadini

L’industria siderurgica costituisce uno dei principali settori di attività nell’UE, impiega circa 360.000 persone su più di 500 siti di produzione in 23 stati membri; ArcelorMittal, gigante siderurgico di proprietà di un multimiliardario indiano, Mittal, ha sede in Lussemburgo, è disposto a cedere parte delle sue agenzie di distribuzione in Francia ed in Italia, suscitando le ire dei lavoratori e le preoccupazioni dei sindacati. Detta così in soldoni, il gruppo, approfittando dell’approvazione di Bruxelles, intraprenderebbe la sua ennesima ristrutturazione in Europa.

Legati ancora al breve termine, i tecnocrati di Bruxelles dimostrano di non curarsi del medio e del lungo termine e – ancora più grave – di non aver capito che separarsi di oltre 12 mila lavoratori e di 7,5 milioni di tonnellate per acquisire invece 10mila salariati con un produzione nominale di 10 milioni di tonnellate, non significa certamente permettere l’esercizio della libera concorrenza o intraprendere la ristrutturazione dei siti siderurgici europei, ma procedere ad un prima dismissione di attività in Europa, prodromo di quel ritiro totale che il gruppo ArcelorMittal, ma soprattutto la crisi del settore lasciano immaginare per un futuro ormai prossimo.

Eugenio Preta