Legittimità popolare contro ortodossia burocratica

Finito il tempo del tutto Federale, ovvero della grande pentolaccia dove gli Stati Nazione erano stati costretti a consegnare parti importanti delle loro sovranità specifiche – prima fra tutte quella di fabbricarsi la propria moneta – oggi la costruzione europea rimane ripiegata su se stessa; una specie di fortezza bastioni sempre in attesa di un nemico che però non ha bisogno di cercarsi al di là delle sue mura ormai colabrodo, ma se lo ritrova cresciuto nei suoi territori e anche nei suoi stessi Parlamenti nazionali.

Due partiti “populisti” hanno vinto le recenti elezioni legislative italiane e contribuiscono oggi, nel travaglio della costruzione di un governo “biodegradabile”, a mettere in rilievo le contraddizioni del voto.

Al pari dei paesi Visegrad che da tempo hanno suonato la chamade (dal Littrés -l’antico vocabolario della lingua francese – il rullio dei tamburi che annunziano la sconfitta), tutto il continente ha smesso di accettare i diktat franco-tedeschi e si è organizzato in maniera autonoma nella contestazione dei suoi popoli, nel rifiuto del federalismo costi quel che costi, di quel dogma liberista capace di dare l’ostracismo agli oppositori.

Il trionfo di M5S E Lega dimostra che in tutta Europa si contesta la tecnocrazia di Bruxelles, senza legittimità popolare ma capace di cancellare, con il “primato” della sua legislazione, persino gli Stati Nazione.

Ungheria, Austria, repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia ora anche in Italia i cosiddetti populismi, “pessimi” perché in opposizione gli “ottimi” poteri forti ormai stabilizzati dalla burocrazia, hanno concluso la loro rincorsa al potere e, come avviene in Italia, nel tentativo di andare al governo si accingono a rimettere in discussione l’”acquis comunitario”, la piattaforma di diritti e doveri che vincolano gli Stati membri.
I tentativi di un governo M5S/Lega si scontrano con quel dogma europeo che il nostro paese ha sempre accettato come verità rivelata, calata dall’alto, senza pensare minimamente di opporsi, nonostante l’evidente suicidio di industrie, eccellenze, agricoltura ed economia.
Oggi, messi sul tavolo i programmi di salvaguardia nazionale elaborati da M5S E Lega, ovviamente contestati dal Colle, rimane il pericolo di un governo tecnico o “neutrale” come lo ha definito Mattarella, che ha messo le mani in avanti quando ha capito che tirava aria di candidati “primo ministro” abbastanza liberali -e questo poteva andare pure bene- ma critici sul funzionamento dell’UE che, a questo punto, possiamo starne certi, tiene in mano le fila della possibile bocciatura.

Perciò, dibattere di Europa diventa in questo momento un esercizio sottile e feroce e il rifiuto che genera viene a stemperare l’entusiasmo di quelli che già vedevano in Italia una sorta di filiera ungherese e degli altri paesi Visegrad, anche una possibile virata come Italexit.
A questo punto, anche se dovesse emergere un governo politico, su queste basi appare votato al fallimento: l’UE non può accettare oggi un governo populista a Roma, proprio nel momento in cui è ferita e dibatte le procedure della Brexit.
Malgrado le differenze sostanziali, i dirigenti del M5S e della Lega hanno cercato di superare le difficoltà insite nella necessità di fare interagire ideologie diverse, di stemperare sensibilità differenti, ed hanno iniziato cambiando il rituale della politica, spiazzando i media ormai adusi alle vecchie cerimonie consolidate dei pre-incarichi, incarichi ed esplorazioni programmatiche.

Se questa unione di partiti populisti si dovesse realizzare, anche in maniera minimale, si rivelerebbe devastatrice per l’ordine mondialista e la sua succursale di Bruxelles, per rimettere in riga i due “disturbatori”, sembra ormai fare affidamento solo nei suoi vecchi alleati federalisti, quel che resta del PD e Forza Italia, diventata improvvisamente degradabile nonostante Berlusconi.
Il nocciolo della questione resta racchiuso in una semplice frase del segretario della Lega: “o rinegoziamo i legami che ci tengono stretti all’Europa, oppure ogni tentativo di fare un governo rimane scritto soltanto in un libro dei sogni”.

Legittimità popolare contro ortodossia tecnocratica, il dilemma del dibattito in corso: smontare l’attuale costruzione europea per poterla ricostruire più adatta ai popoli, rimane il principio fondante dell’accordo tra due partiti di differente matrice ideologica, ma convinti che la delegittimazione della burocrazia di Bruxelles possa segnare il ritorno dell’Italia alla democrazia parlamentare.
Appuntamento quindi alla prossima settimana quando la lotta dei popoli europei per la rappresentazione reale delle loro volontà politiche conoscerà in Italia un nuovo episodio.

Intanto il M5S, more solito, ha chiesto “on line” il parere dei suoi simpatizzanti mentre la Lega ha organizzato una consultazione di piazza, entrambe le manifestazioni si debbono intendere come la contestazione, per via referendaria, dell’aristocrazia europea: la piazza contro il Palazzo.

Eugenio Preta