Convenzione pro-vita e pro-famiglia presentata al Parlamento Europeo

Le Istituzioni europee e molti governi dell’Unione europea continuano nella loro opera di modernizzazione dei valori e delle tradizioni occidentali, consolidate allo scopo di adeguare alle nuove esigenze societarie la legislazione vigente, col limite, però, di non domandarsi se le loro iniziative possano incontrare veramente il consenso dei cittadini e senza tenere in considerazione le sensibilità che non sono disposte ad accettare le imposizioni decise dall’alto.

Il tema della famiglia e dei rapporti familiari ha costituito da sempre un terreno di confronto e di scontro sul cammino delle nuove esigenze che chiedono di essere codificate legislativamente ed oggi rappresenta la base della rivoluzione che il globalismo multiculturale impone alla società contemporanea.

Così, nel 2011 il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa aveva presentato ad Istanbul la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza domestica e la violenza contro le donne, un testo che prendeva spunto dall’esigenza di combattere il preoccupante fenomeno del femminicidio, venendo sottoposto prima alla firma dei Paesi contraenti, quindi alla ratifica dei rispettivi parlamenti nazionali.

Nel 2015 il partito “Piattaforma Civica”, di radice centrista e filoeuropeista, come uno degli ultimi atti della sua reggenza del potere in Polonia – prima di venire sconfitto dai “pessimi” populisti del PiS (diritto e giustizia) – aveva ratificato questa Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica già firmata nel 2011 ad Istanbul.

In effetti il Pis, oggi al potere, era stato molto critico verso questa Convenzione a causa del suo carattere ideologico, facendo riferimenti espliciti proprio all’ideologia di genere, quella che libera l’essere umano della definizione sessuale di sé, ritenendo questa Convenzione esplicitamente contro la famiglia.

Oggi il PiS riporta d’attualità quella contrastata Convenzione di Istanbul del 2015 che, del resto, stenta a prendere avvio a causa della mancata ratifica di molti Paesi dell’UE (più di un terzo). La Polonia, infatti, non è la sola ad essersi opposta alla ratifica, Stati come la Slovacchia e la Bulgaria hanno dichiarato di essere contrari proprio a causa dell’ideologia anti famiglia che la pervade, la Russia poi si è rifiutata addirittura di firmare, presentando a Strasburgo – in occasione dell’assemblea mensile del Parlamento europeo – un progetto di Convenzione sui diritti della famiglia, che rischia di incontrare il favore dei tanti Paesi europei che ancora non hanno ratificato Istanbul 2015.

Certo si tratta di un iniziativa non governativa, presentata dall’eurodeputato Marek Jurek, ex presidente della Dieta polacca con il supporto delle associazioni di avvocati e giuristi pro famiglia e pro vita e avrà bisogno dell’aiuto del governo polacco per poter diventare ufficiale ed essere presentata in Consiglio, ma intanto cerca di convincere anche i Paesi che hanno ratificato Istanbul di ritirare la firma ed associarsi a questa nuova Convenzione, facendo leva sui Paesi dell’Europa centrale e orientale che, in generale, sono più legati ai valori cristiani e al modello di famiglia tradizionale. La presenza di componenti conservatrici e più favorevoli alla famiglia nei nuovi governi italiano ed austriaco, lasciano sperare che questa nuova Convenzione sui diritti della famiglia possa essere adottata anche da Paesi dell’est del continente.

Tra le disposizioni più importanti, l’accento è messo sui diritti dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni, sull’impegno di non discriminare le donne che decidessero di rinunziare ad ogni attività professionale per consacrarsi all’educazione dei figli, sulla protezione giuridica dei bambini prima e dopo la nascita.

In riferimento poi alla recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (affare Adrian Coman e marito americano) che impone a tutti gli Stati membri di riconoscere gli effetti giuridici dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, la Convenzione sui diritti della famiglia precisa, al contrario, che gli Stati non riconoscono gli effetti giuridici delle unioni tra persone dello stesso sesso, delle unioni poligame e delle unioni incestuose contratte sul territorio nazionale o all’estero.

L’obiettivo degli autori non è soltanto quello di favorire il rispetto dei diritti della famiglia nei Paesi che firmeranno e ratificheranno la Convenzione, ma anche di permettere la costruzione di un fronte comune per controbilanciare le pressioni delle istituzioni europee e dei governi favorevoli alla Convenzione di Istanbul e che, come la Francia, l’avevano qualificata un testo di forte modernità e un mezzo formidabile di persuasione.

Eugenio Preta