Brexit e il boccone avvelenato della democrazia

Assistiamo oggi, sempre più  inermi e senza occasione  di reazione, alla rimessa in gioco delle differenti forme in cui si esplica la democrazia.

Il caos originato oggi dal Brexit , dopo negoziati difficili tra un governo legittimato dal voto dei cittadini  e la  burocrazia  mondialista  auto-referente di Bruxelles ha portato direttamente nei vortici di una crisi parlamentare generalizzata.

La democrazia diretta e partecipata che si è espressa con un referendum viene attaccata da due lati: da uno si cerca di limitarne gli effetti rendendone l’attuazione cosi’ complessa da consigliare una rinunzia come l’ipotesi più conveniente ; dall’altro il voto popolare viene sottostimato perché si avanza il sospetto dell’incapacità degli elettori di poter esprimere un voto consapevole ed intelligente.

La democrazia cosi’ è messa in un angolo e , in questo caso, il parlamento britannico, – il più vecchio del mondo dopo quello islandese e quello siciliano creato da Federico II a Mazara del Vallo , e di gran lunga il più solido  -viene ridicolizzato  da una  sequenza di voti diventati tanto burleschi  da originare la convinzione che gli elettori non siano più adatti ad esprimersi   convenientemente su soggetti di ordine tecnico e che i loro eletti siano addirittura incapaci di tradurre in pratica il significato del voto espresso.

La  banalizzazione della  Democrazia diretta e della democrazia rappresentativa

Si delinea un panorama davvero inquietante :  avanza  prepotente la convinzione che bisognerebbe lasciare decidere solo le persone competenti  senza tener conto delle opinioni più versatili e ancor meno dei movimenti piu’ popolari  cosi’ da far avanzare la marcia del progresso sotto la benevolenza dei tecnici al potere che, grazie alla loro supposta competenza ,  saranno in misura di interpretare il significato del voto molto meglio degli eletti.

Molti vedono nella costruzione europea  -intesa sia  come rivendicazione sia  come denunzia  – una tappa obbligata della marcia inarrestabile di un  dispotismo illuminato. Non sono gli elettori né i popoli che lo realizzano  bensi’ i banchieri, i professori e i tecnocrati, i soli capaci di creare il quadro istituzionale sopra-nazionale applicando le leggi dell’economia, rispettando i principi del diritto , pronti  a limitare, a priori, la volontà espressa dagli elettori in maniera pero’ irresponsabile. Per i difensori di questo nuovo dispotismo salvifico, dal momento che la sicurezza e il livello di vita sono assicurati per la maggioranza di governati , lo scopo è felicemente raggiunto.

Come  del resto è successo per la disastrata Grecia, dove  sembra essere ritornata la crescita,  la disoccupazione  scesa sotto il 20%, e  il prosperare del turismo, dimenticando pero’ che  350.000 greci hanno già abbandonato il paese , che decine di migliaia di aziende sono in fallimento, che il reddito delle famiglie è sceso di 1/3 e che il debito pubblico ha raggiunto il 180% del PIL.

Un malato praticamente morto ma, grazie alle terapie europee d’urto, finalmente guarito: la Grecia, costretta a vedere i suoi beni più rappresentativi e priva di qualsiasi sovranità nazionale  è rimasta oggi solo l’ombra di quello che era stata in passato.

Per i suoi accusatori, specialmente nordici e  tedeschi, questa evoluzione, in verità  la scomparsa della democrazia era  inscritta nell’ordine delle cose: come ogni azione  collettiva è stata guidata da un pensiero nascosto, in questo caso dall’ideologia progressista, valutata sotto due aspetti: progresso dell’economia attraverso la mondializzazione degli scambi e progresso del diritto attraverso l’incremento delle libertà individuali.

Purtroppo l’Europa sta morendo cullata da due nenie ricorrenti:  la sua popolazione invecchia e si trova rimpiazzata lentamente dall’arrivo di popoli che non condividono gli stessi valori e indeboliscono la sua sicurezza; la sua forza economica , basata  sempre più sul consumismo  si è  ridotta rispetto ai continenti che hanno aumentato i loro processi tecnologici.

Le ineguaglianze tra i paesi europei, e nel loro stesso interno, hanno  aumentato ed allargato sempre di più il fossato esistente tra le classi dirigenti  mondializzate e le popolazioni periferiche, pero’ si continua a voler edificare una  costruzione europea, oggi improponibile, anche a costo di sacrifici  pesanti in settori vitali come quello sociale, quello del diritto e della democrazia . Il discorso si fa sempre più ambiguo:  non riusciamo  a immaginare una riforma di funzionamento profonda , sacrifichiamo tutto ad un mondialismo improbabile e non ci accorgiamo che con la bacinella del progresso  stiamo gettando via i popoli ma anche l’acqua della democrazia. Cosi’ tocca ai cittadini cercare oggi di fermare coraggiosamente questo gioco perverso: in palio c’é la loro stessa sopravvivenza.

Eugenio Preta