L’Italia afflitta da tensioni politiche e mancanza di valori. Crisi di governo, crisi di Paese

E fatalmente ci si accorge che esistono due Italie: quella dei selfies, degli smartphone, del Grande fratello e dei social, e quella della gente che legge i giornali, si documenta per poter analizzare i fatti. Si da il caso che la prima Italia sia quella oggi prevalente. Vota M5S o addirittura Lega o FdI o PD, vota comunque, al contrario dell’altra che preferisce non immischiarsi in politica fintantoché la politica entra nelle loro case con nuove tasse, balzelli vari, decisi proprio da quelli che i pochi hanno eletto come loro rappresentanti.

C’è l’Italia di quelli che credono che il bene pubblico sia il poter disporre a proprio piacere di spazi per parcheggiare le loro automobili spesso senza assicurazione e senza i previsti controlli tecnici; fare schiamazzi nelle accaldate notti d’estate infischiandosene delle esigenze dei vicini; occupare le sale dei ristoranti organizzando lunghe tavolate con amici, cugini, nipoti e nonni senza pensare che esistono anche gli altri avventori. C’è chi decide all’improvviso di aprire un esercizio commerciale – di solito un fast food mordi e fuggi (il tempo dell’agosto foriero di guadagni) – mettendo a servire il cugino o il compare che di ristorazione non ha capito mai nulla; c’è chi ricicla i rifiuti agli angoli delle strade più buie.

Poi c’è l’Italia di chi si rifugia nella contemplazione, si duole della scomparsa di Camilleri e plaude all’intervento di Richard Gere in difesa di giovani che cercano l’eldorado che le televisioni generosamente hanno loro mostrato; gente che possibilmente scrive sui social, ha la sua pagina FB da dove pontifica pur non avendo mai partecipato all’agone per difendere la “cittadella” che è sua.

A tutto questo avrebbe dovuto provvedere la scuola con riforme serie e non con il livellamento verso il basso per tentare di accorpare due Italie che sono e restano antinomiche. Si sarebbero dovute conservare le vecchie facoltà universitarie senza imbarbarirle con tutte le specializzazioni sulle varie scienze del creato e del sub-creato che hanno certamente partorito una massa di dottori, purtroppo molti solo di “chiamata”. L’esigenza era quella di preparare l’ingresso dei giovani al mercato del lavoro, invece è successo il contrario: il lavoro è fuggito e l’università stessa è diventata un lavoro. Forse oggi si ripensa che aver abbandonato le peculiarità dei licei, aver aperto le facoltà universitarie umaniste agli studenti provenienti da ogni tipo di scuola, possa essere stato un errore.

La classe politica che si è succeduta alla guida del Paese non si è occupata, nonostante i vari Cantone e Costarelli a scovare gli evasori fiscali (pagare le tasse e pagarle tutti) a riformare un sistema penale controtempo, a cancellare le correnti del CSM, ad assumere agenti forestali per rimboscare le foreste e impedire gli incendi dolosi; operatori ecologici, i gloriosi vecchi spazzini, per raccogliere la sporcizia; lavoratori agricoli per ripulire le campagne specialmente quelle siciliane dalle erbacce e dalla gramigna; verificare le concessioni autostradali per impedire i vari ponti Morandi e gestire le autostrade, super esose, affidate ad incompetenti CdA, spesso formati da segretarie ed amiche.

Ormai L’Italia è un Paese che non si riconosce più. Ha perduto il senso delle regole già nelle piccole cose, figuriamoci nei grandi sistemi di potere. Ha imparato come eludere le leggi e non crede più in una giustizia giusta, non ha rispetto dell’autorità che, da parte sua, viene continuamente delegittimata dai comportamenti dello stesso Stato. Adesso ci vediamo confrontati ad una crisi di governo che dovrebbe farci pensare che la nostra crisi non tocca solo le istituzioni ma è uno sconvolgimento che coinvolge l’intero Paese.

Eugenio Preta