SOTTO L’ALBERO DI NATALE

Bruxelles, Gennaio 2000

Tra lo scintillio di luci e lampioni, nell’aria delle
città vestite di festa, agli angoli delle strade e
delle vetrine colorate, avanza la fredda stagione e
guadagna al tempo nebbie e piogge da venire, mentre sfilano inesorabili le ore che ti avvicinano alla cerimonia di un improbabile ritorno.


Abbiamo cullato nella nostra mente progetti e voglie di regali, nella memoria dei luoghi e di madri
lontane, trepide d’attesa, e non ci accorgiamo,
distratti viaggiatori della vita, del passare del
tempo, del trascorrere di un secolo che è nostro e
che ci appartiene interamente.

Impauriti spettatori, siamo noi parte di questo
millennio che è volato via sulla storia, dileguato sui
propositi incompiuti di rivoluzione, fuggito sulle
note di musiche già ascoltate, scivolato via sulle
intenzioni di vita insoddisfatte, e ci mettiamo di
fronte alla memoria accorgendoci finalmente che parte di questi anni sono la stessa nostra vita, le nostre speranze, i nostri amori, i nostri figli, i ritorni
consueti, le cose in cui abbiamo creduto e in cui,
nonostante tutto, continuiamo a credere.

Forse ci sconvolge l’idea di dover scrivere una
data che inizierà ormai con il 2 , ma ci affacciamo
curiosi da un ponte sotto cui scorrono le acque della nostra storia personale, calme o agitate, il resoconto più calzante delle nostre storie quotidiane.

Favole e incantesimi hanno ormai lasciato il posto
al freddo cinismo dell’uomo e alle leggi implacabili
della realtà.

I regali che una volta affidavamo a babbo Natale
restano ora consegnati a misteriose borse di cuoio; i giochi e le corse affannose dietro i sogni della notte hanno ceduto il posto ai fantasmi del giorno, al calcolo ragionato del quotidiano, al bisogno di padre, alla raccolta dei figli, alle tavole imbandite della festa, ed anche ai cordogli del dolore.

Riflette lo specchio un volto che stentiamo a
riconoscere, ridisegnato dalle pieghe della memoria,
nei lampi neri di occhi ormai velati da cristalli ogni
anno sempre più potenti.

Abbandonate le notti dai sogni, saltiamo fuori dal
letto all’alba, spiando i rumori della strada che ci
annunziano nuove realtà, ma quando, negli occhi dei nostri figli leggeremo la voglia di favole, cerchiamo di non sprecare quel loro privilegio e facciamo in modo che riescano a mantenerlo ancora a lungo.


Dipenderà da noi.


Davanti alle luci di un albero di Natale, ormai
troppo uguale, rifocilliamo la loro voglia di favole
con i racconti della nostra terra, con i resoconti
delle nostre avventure, della nostra gioventù
trascorsa negli odori di estati passate col sapore
del sale e con il caldo appiccicato sulla pelle, con i
sogni che sono stati nostri, con gli ideali a cui
abbiamo creduto, con le voglie che ci hanno fatto
adulti.

Gente distratta, penseremo allora di ritornare
indietro nella memoria di un mare lontano, di un
gioco, perduto nella notte della vita.

Eugenio Preta