Il Canone Rai? Incostituzionale in Sicilia, anzi inesistente!


L’Altra Sicilia solleva il problema che oggi quasi tutto il sistema tributario vigente in Sicilia è totalmente illegittimo.Tranne i pochi tributi di produzione e le entrate su giochi e scommesse
nulla dovrebbe andare alle casse dello Stato italiano. Per contro i nostri enti locali dovrebbero mantenersi con tributi “propri”, cioè
deliberati dalla Regione ed accertati in loco.

Si sa che le cose non vanno così e che l’Italia lucra da mille parti su
di noi. Come?

Sarebbe lunghissimo dirlo, però è bene iniziare sin d’ora a mettere nero su bianco le mille ruberie che tolgono denaro al nostro portafoglio per far ingrassare la Penisola. Così poi risultiamo i più
poveri d’Italia e ci comprano il voto in cambio di qualche elemosina.

Vogliamo un esempio: il canone Rai.

Tributo odioso, iniquo, incostituzionale e…anti-siciliano.


Vediamo perché.


Intanto si chiama “canone di abbonamento”, quasi come se un cliente potesse scegliere se abbonarsi o no, ma – lo riconosce la giurisprudenza
delle Commissioni Tributarie – è in realtà una TASSA, una tassa sul possesso (sic!) di un apparecchio televisivo. Quindi cominciamola a
chiamare col suo nome: tassa, e che, curiosamente, non va all’erario ma ad una
società per azioni cioè ad una singolarissima persona giuridica privata che ha il diritto (quale mostruosità giuridica) di esigere tributi dai
cittadini.


Questa strana tassa (che va ad un privato) non è legata alla “capacità di contribuire” di cui parla la Costituzione in quanto non chiede la proprietà ma il semplice possesso dell’apparecchio. Un poveraccio che riceve in dono un televisore diventa soggetto passivo per lo stato anche se non ha un centesimo di reddito! E c’è di più. Se ciò può anche essere lecito per chi possiede beni di lusso (un panfilo…) non ci pare che possa dirsi così per un bene di prima necessità come il televisore. E’ come se ci fosse la “tassa sugli spazzolini” o “sulle finestre”, o
“sulla barba”… Cioè la tassa è assurda sotto ogni punto di vista, equitativo o costituzionale. Peraltro nell’era della telematica sarà sempre più
difficile dire dove finisce il televisore e comincia il computer.


Perché non mettere allora la “tassa sul computer” a che ci siamo?


Ma fin qui si può dire con gli antichi “dura lex sed lex”. Il tributo è iniquo, se ne discuta in Parlamento. il tributo è incostituzionale, si
sollevi davanti ad una corte la questione…


Ma in Sicilia c’è una ragione in più che dovrebbe indurre ad una disobbedienza civile di massa per non pagarlo. In Sicilia infatti il tributo,
regolarmente riscosso, è giuridicamente inesistente!

Il nostro Statuto infatti prevede sì la permanenza di alcuni tributi erariali ma elencandoli in modo tassativo. Per tutti gli altri si demanda alla Regione di accertare e incassare il gettito del tributo non
elencato tra quelli spettanti alla Repubblica.


Così oggi l’IRPEF accertata in Sicilia (che è una piccola parte di quella realmente “prodotta” in
Sicilia che ci spetterebbe) va direttamente nelle casse della Regione senza passare da quelle dello Stato (se volete applicazione imperfetta, ma
pur sempre applicazione del nostro Statuto). Ma così non è per il famigerato “canone” che, non essendo erariale, non può essere incassato dalla
Regione. Ma allora, se non è erariale, se non è previsto dallo Statuto, se l’elenco dei tributi nazionali ivi previsti è tassativo,… che
valore ha giuridicamente questo tributo nel territorio della Regione?


Nessuno, ma quale politico ha il coraggio di dirlo senza rischiare di perdere il posto di “consigliere” o di “deputato”?


Si dirà “I soliti Siciliani che non vogliono pagare le tasse..ma non beneficiano pure loro del servizio pubblico radiotelevisivo?” E qui è l’errore! Se nella forma non ci tocca pagarlo per le ragioni di cui sopra, nella sostanza è ancora peggio: la Rai non dà alla Sicilia alcun servizio o meglio ciò che prende è molto di più di ciò che dà.


La Rai serve per “confondere le idee” ai Siciliani sulla loro storia, come è accaduto anche di recente con i polpettoni risorgimentali che ci vengono
propinati senza dignità;


la Rai, come gli altri network nazionali (che però almeno sono privati) serve a commercializzare in Sicilia i prodotti italiani, facendoli considerare “più belli”, mentre mai accade il contrario;


la Rai non produce niente in Sicilia e le poche cose che faceva (vedi Mediterraneo) si è affrettata a centralizzarle a Roma (non si sa mai questi siciliani…) privandoci persino del ruolo di centro naturale del nostro mare (“mare lorum non nostrum” in latino maccheronico).


La Rai è quella che ha censurato la presentazione del Sindaco de L’Altra Sicilia (molti palermitani che non seguono i giornali e che non vedono le TV private lo hanno appreso il giorno delle elezioni dentro la cabina elettorale) perché così si fa.


Insomma la Rai è uno strumento di colonizzazione politica, economica e culturale della Sicilia, mentre qualche anelito di libertà, seppur debole, si respira ancora nelle TV private locali (meno in quelle più
vicine al potere, di più in quelle cosiddette commerciali).

Da qui la nostra conclusione.


Poniamo fine a questa rapina ai nostri portafogli, tanto più che è illegittima.


Dotiamo piuttosto la Regione di un vero servizio pubblico radiotelevisivo (indipendente dalla politica, però, per carità) ed avremo dato un contributo serio alla rinascita della Nazione Siciliana.

Ufficio stampa


L’Altra Sicilia-Antudo