I FALÒ E I REPLICANTI

Bruxelles, 2 Novembre 1999

Giorno dopo giorno siamo spettatori di un mondo che ha
perduto la bussola. Che giri insospettabili di
malaffare, mazzette, tangenti, scandali da rotocalco,
massacri di innocente povera gente, scorribande di
scafisti, impotenza dei controlli, connivenze
politico-affaristiche malavitose costituiscano
l’attualità, potrebbe anche rientrare nel novero del
prezzo da pagare alla società dei bisogni e dei
consumi, ma che la classe politica al governo del
paese, come quella che guida la nostra Regione,
persone che abbiamo ammirato per la sagacia che
avevano dimostrato nel gestire chi le cose pubbliche,
chi le grandi imprese industriali, si scoprano oggi
così in contraddizione tra di loro (e non così dabbene
come avevamo una volta creduto) questo proprio ci
turba profondamente.

L’idea così di non poter delegare
il nostro avvenire, e quello dei nostri figli, ad una
classe politica che non ci sembra preparata ed attenta
ai problemi del Paese, ma rissosa; alla ricerca di
posti e potere non può certo tranquillizzarci.

Il
sospetto poi che i mezzi d’informazione, la tanto
amata televisione (che all’estero riesce a criptare
persino i cartoni animati ed il Quark pomeridiani) ci
abbiano propinato per anni le loro verità, che ci
abbiano convinto di una data tesi secondo la loro
logica di appartenenza politica, le direttive del
partito a cui obbedivano si affaccia nelle nostre
menti. Così tutti i punti di riferimento del nostro
vivere “politico” vacillano e, fatalmente, viviamo
momenti di smarrimento. Ma tutto si giustifica oggi
con il cambiamento, costi quel che costi!

Ci sconvolge però l’idea che strade, ponti aeroporti,
opere pubbliche, giardini nido, cliniche, ospedali e
fabbriche possano essere sorti nella logica della
lottizzazione politica – laddove il connubio
affari-politica avesse trovato il giusto tornaconto in
termini di soldoni e non dove effettivamente ce ne
sarebbe stato effettivamente bisogno per la gente che,
così, ne avrebbe trovato giovamento.

Ci sconvolge anche l’idea delle migliaia di giovani
ancora alla ricerca del primo impiego, delle file dei
disoccupati che vanno a infoltire le bande della
malavita, della paura dei cittadini delle grandi
metropoli, roccaforti ormai di traffici loschi e
malaffare, della impotenza di uno Stato distratto ai
problemi della gente e pigro nel legiferare, di una
classe politica che cerca il proprio tornaconto
tradendo persino il mandato ottenuto col voto degli
elettori.

Ci sconvolge in fondo l’idea di essere, nonostante il
nostro gran parlare, parte integrata di questa società
in cui viviamo, di accettare, nostro malgrado, di
essere esattamente l’immagine di quello che
rifiutiamo. Abbiamo tutti le stesse reazioni di
sdegno, di ripulsa ma, senza ipocrisia, confessiamolo,
non facciamo niente per cambiare le cose e,
codardamente, fingiamo anche di capire le ragioni di
chi ha rubato o ci ha propinato una logica abietta che
ci fa tenere in considerazione quei criminali e,
edulcorandola, ci fa comprendere quella realtà.

L’idea
dello Stato, nella sua forma originale di contratto
sociale, dovrebbe essere quella di una garanzia di
diritti e doveri in modo che ognuno possa godere della
propria libertà senza offendere quella degli altri, in
modo che ognuno rifletta nello Stato se stesso, i suoi
intendimenti, le sue esigenze. Invece lo Stato odierno
(la società, quindi noi stessi) non ci dà il minimo
affidamento, ci offre una realtà effettuale e dieci
effettive, non ci cautela né ci offre garanzie.

Nel
marasma degli avvenimenti perciò confondiamo ormai il
giusto e l’ingiusto, perdiamo il lume della
solidarietà, ci accorgiamo del venir meno di quella
coesione sociale, di quella simpatia degli uni verso
gli altri, dell’italico “volemose bene”. Diventiamo
feroci animali metropolitani parcheggiati in triplice
fila. Ci vengono in mente i film che raccontano degli
uomini sopravvissuti all’ultima follia, al disastro
nucleare, alla fine del mondo: ridotti senza risorse,
senza più ideali né valori, inevitabilmente di ritorno
alla primitiva barbarie. La gente osserva i falò che
si attizzano un pò dovunque e si chiede spaventata
cosa succederà.

Eugenio Preta