Processo Stato-mafia: la centralità di Massimo Ciancimino

Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, è stato arrestato ieri a Palermo per evasione fiscale (di lui parlo anche oggi nel mio appuntamento fisso del giovedì, Ora Legale, sul portale www.ilsole24ore.com Troverete la finestra Ora Legale sotto la testata in alto a destra).

La notizia l’avrete letta, vista o ascoltata sui media italiani, così come avrete letto, visto o ascoltato le perplessità del suo avvocato per un arresto che piomba mentre Massimo Ciancimino è imputato, con tanti nomi eccellenti, nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia in corso nel capoluogo siciliano.

In questo processo – molti lo dimenticano distratti forse dalle sue peripezie mediatiche – Massimo Ciancimino è accusato del reato di associazione mafiosa (1°, 3°, 4°, 5° e 6° comma per i cultori della materia penale) per avere consapevolmente e fattivamente, fino a novembre 2002, contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa nostra, svolgendo costantemente il ruolo di latore di messaggi scritti e comunicazioni orali (con oggetto argomenti di primario rilievo per la stessa Cosa nostra) fra il padre Vito e Bernardo Provenzano.

Una robetta da niente insomma, sempre secondo l’accusa, che – proprio per la delicatezza – per essere provata vede anche una lista di testimoni da interrogare, da parte della Procura di Palermo, lunga quanto un binario.

Per questo la pubblica accusa rappresentata da Nino Di Matteo, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, ha chiamato a testimoniare mezza famiglia Ciancimino (su padre, fratello e marito).

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