Commento sullo sviluppo della Sicilia di un siculo-brasiliano

Seguo da tempo con interesse il Vostro sito e la Vostra rivista ed ho visto che avete molto a cuore il problema dello sviluppo economico della Sicilia, così drammatico in questi ultimi anni come, purtroppo, è sempre stato da molto tempo. Io stesso sono nipote di nonni siciliani emigrati in Egitto. I miei genitori ed io siamo nati in quel Paese senonché, poi, cacciati da Nasser nel 1956. Io ho trovato lontano dalla Sicilia una mia strada, qui in Brasile.

Da un osservatorio lontano qual è il mio e con l’esperienza di una vita da manager volevo dare un piccolo contributo di idee, visto che è innanzi tutto di idee che c’è bisogno oltre che di buona volontà.

Cominciamo subito dal problema della mafia e dall’ostacolo che ne deriva allo sviluppo dell’economia. Sul territorio non posso dire, immagino che il condizionamento sia pesante come lo è dappertutto dove non c’è controllo del territorio da parte dello Stato. Voglio però aggiungere che una gran parte del danno deriva anche dalla pessima immagine che si è stratificata ormai nella coscienza pubblica internazionale. La Sicilia ne esce infangata tutta, e, addirittura, a queste distanze, è l’Italia intera ad essere identificata con la mafia e con le conseguenze umane ed economiche che potete immaginare.

Piuttosto che perdere tempo ad ostentare l’“antimafia” e a scrivere nel Nostro Statuto che la Sicilia “ripudia la mafia” si dovrebbe nella sostanza combatterla senza quartiere nel territorio, con l’aiuto dello Stato Italiano, ma anche da soli, con l´aiuto della popolazione, senza aspettare interventi esterni e/o “prefetti di ferro”, ma nel contempo accreditare nel mondo un’immagine diversa, nuova, vincente. A proposito, che ne abbiamo fatto delle competenze regionali in materia di polizia che abbiamo nello Statuto? Se, nella sostanza, il Presidente della Regione fosse a capo della Polizia di Stato in Sicilia e controllasse gli interni, potrebbe porre “al primo posto” delle priorità la lotta alla mafia, senza aspettare tardivi interventi nazionali. Non possiamo dimenticare che gli investimenti non si fanno, sia dal nord come dall´estero, quando si intravvedono ¨rischi¨. E la corruzione mafiosa é un grande rischio. Il contributo di peso della popolazione siciliana dovrebbe essere incentrato tutto sulla eliminazione definitiva del ¨pizzo¨ con iniziative coraggiose e soprattutto concertate per non isolare gli imprenditori coraggiosi.

Poi, però, la polizia e l’immagine non bastano. Costituisca il Governo Regionale una task force, un insieme qualificato di economisti, ingegneri, aziendalisti, etc. che con un brain storming decidano in quali settori la Sicilia possa affacciarsi sulla competizione internazionale con speranze di successo. Ci sono riusciti i finlandesi coi telefonini, gli indiani con l´informatica, gli israeliani con l´elettronica avanzata e i servizi di sicurezza; perché non riuscirci noi? E non penso a settori tradizionali dove la concorrenza asiatica ci distruggerebbe, ma a settori ad avanzata tecnologia e ad alto tasso di “creatività”, o di risorse umane di cui la Nostra Terra è sicuramente ricca. Una volta decisi i settori potranno aver luogo gli interventi mirati e strategici per rendere attuali le potenzialità. Da suggerire potrei proporre alcuni settori della medicina avanzata, dell`ingegneria genetica, studi specifici sui prodotti trangenici, laboratori farmaceutici di importanza internazionale. Poi, ancora, ogni volta che vengo in Sicilia rimango stupefatto di vedere cose nuove e bellissime che noi stessi siciliani non conosciamo. La Francia e la Spagna continuano a fare un bellissimo lavoro nel campo del turismo. Perché non aggiungere la Sicilia o certe aree specifiche a quelle centinaie di migliaie di persone che visitano ogni anno l´Italia da Roma in su. Un festival del cinema come quello di Venezia sarebbe anche un´idea per proiettare la Sicilia nel mondo della ¨elite¨ del cinema. Il premio? L´Aquila d´Oro.

Se ci sono rivendicazioni da portare avanti con il Governo nazionale si faccia senza troppi pudori. Abbiamo la potestà di attuare una fiscalità di vantaggio? Ce la facciano fare senza troppe scuse! Abbiamo competenze autonome in materia di ordinamento del credito? Diamo vita ad un istituto di vigilanza autonomo che non abbia come obiettivo quello di distruggere il sistema creditizio siciliano come, purtroppo, ha sempre fatto la Banca d’Italia.

Diamo il buon esempio al resto d’Italia facendo dimagrire il pachiderma del pubblico impiego, qualificandolo meglio e dando all’Isola quel buon governo che poi diventa anche fattore di sviluppo.

Teniamo i contatti con le comunità siciliane all’estero; alcune sono particolarmente facoltose (penso ai siculo-americani) e sarebbero disposte anche ad investire nella Terra dei loro padri se vedessero serietà ed opportunità di sviluppo com indiscutibile successo. Sarebbero anche ben liete di comprare prodotti siciliani di qualità se qualcuno li offrisse loro. Le devo dire io dal Brasile queste cose?

E poi, soprattutto, progettiamo lo sviluppo in maniera autonoma dalla Penisola e da Milano. Come appendice delle politiche industriali per la Pianura Padana, ci toccheranno solo le briciole. Pensiamoci come un soggetto economico, anche se non politico, a sé nel panorama internazionale. Vendiamo la “Sicilia” come marchio dei suoi prodotti. Pensiamo alla Sicilia e per la Sicilia e i risultati, se ci sarà questa progettualità, non tarderanno ad arrivare.

Sono convinto, in una parola, che il miglior modo per essere tutti Italiani allo stesso modo, non sia certo quello di dividerci in lotte fratricide che ci indeboliscano nel mondo, ma neanche per contro quello di accodarci tutti alle esigenze delle parti “forti” del Paese o delle sue strutture centrali. Per noi che siamo periferici, insulari, e al contempo “grandi” (non dimentichiamo che la Sicilia è la regione d’Italia più estesa) il modo migliore per essere “uniti” paradossalmente è quello di essere più autonomi, molto più autonomi e benestanti di quanto non siamo ora, perché solo sulla pari dignità può fondarsi un vero diritto di cittadinanza. E perché – lasciatemelo dire – oltre a dire di essere orgogliosamente italiano, mi piace nel mondo dire di essere anche orgogliosamente siciliano, data la grande storia, cultura ed identità che il Nostro Popolo “quasi” nazionale ha sempre avuto. Certo è che, quando si parla di Sicilia, purtroppo subito viene l´assunto della mafia e allora uno sempre è costretto ad aggiungere che la Regione (non lo so, spero) e il governo italiano stanno facendo del meglio per estirpare questo male. Purtroppo quelli che non aiutano molto sono i nostri amici di Hollywood. Ma forse un giorno potremo far conoscere e parlare della Sicilia senza questo marchio insopportabile.

Sinceri e Siciliani saluti.

Ugo Di Stefano

S. Paolo – Brasile