“La Scozia ha vinto comunque, forza Sicilia”. Faraone? “Politico inutile”

La strada è segnata. Anche se le cose sono andate come nei pronostici, con la vittoria del NO, per la quale erano schierati, tutti, ma proprio tutti, i poteri forti del pianeta, papa incluso.
Perché oggi ha vinto la Scozia comunque?
Perché nonostante tutto, un 45%, cioè in italiano si dice una “metà scarsa”, ha comunque votato SI. E questo significa ancora maggiore autonomia per la Scozia, che adesso diventerà comunque una sorta di stato confederato nel Regno Unito.
Le Autonomie, spesso anticamere dell’Indipendenza, si conquistano o col sangue, o a prezzo di dure lotte politiche. Il centralismo non regala mai nulla. E oggi gli Scozzesi si sono conquistati un altro pezzo di autonomia fiscale, sicuramente una quota maggiore di proventi del loro petrolio, sicuramente uno stop alle politiche ultraliberiste di Londra, che – come da noi, come in tutta Europa – vogliono sfasciare sanità, scuola, previdenza ed ogni diritto. Avranno fisco più leggero e servizi più alti per i cittadini.
Insomma la Troika, per non essere disfatta del tutto, dovrà accettare in terra di Scozia la prima pesante battuta d’arresto in Europa dopo l’Ungheria. Sono segnali di un mondo che vacilla, che sta crollando, anche se ancora, con qualche puntello, resta miracolosamente in piedi.
Certo, sarebbe stato ancor meglio una vittoria dei SI, magari schiacciante. L’evento sarebbe stato tanto dirompente che i suoi effetti sarebbero presto arrivati a Bruxelles e fino da noi. Per ora non è così. Ma dobbiamo soltanto aspettare un altro po’. Gli stupidi difensori dello status quo non riescono a capacitarsi del perché, nonostante la campagna martellante e asfissiante, a questa Europa della globalizzazione non crede più nessuno, o comunque sempre meno gente. Non capiscono che tra la propaganda e il proprio stomaco vuoto, la gente alla fine crede a quello che vede e che sente, cioè alla disoccupazione più alta della storia, alla dissoluzione di radici e tradizioni nazionali, alla mortificazione di ogni dignità, rispetto a un mostro senza testa e senza cuore.
E quindi il percorso della storia è ineluttabile. Oggi la Scozia farà non uno, ma dieci passi avanti verso la propria libertà. E per capirlo, chiudiamo gli occhi solo per un attimo, e pensiamo anche noi al nostro sogno. Immaginate una Sicilia in cui, non dico il 45 %, ma anche solo il 30 % di Siciliani volessero davvero l’indipendenza.
Pensate che l’Italia ci tratterebbe così a pesci in faccia? Pensate che deruberebbe la Sicilia di tutte le sue entrate lasciandole solo le funzioni? Pensate che continuerebbe a usare la finanza pubblica per realizzare investimenti solo al Nord? Pensate che l’informazione italiana, invece di solidarizzare con un popolo vessato dal malgoverno dei partiti italici, prenderebbe ancora in giro ogni giorno una nazione di 5 milioni di abitanti? Pensate che i nostri giovani sarebbero ancora costretti a fare la valigia e fuggire per cercare un qualche futuro?
Ecco, saremmo un paese ricco, rispettato, civile, dignitoso. Quello che non siamo per la nostra relativa arretratezza culturale su questo tema. Non so (voglio dire retoricamente) se l’indipendenza faccia bene o no alla Sicilia. Certo è però che farebbe bene l’indipendentismo, per i vantaggi politici, culturali ed economici che si porta dietro. Se vogliamo, il sogno diventa realtà. Ma dobbiamo spiegare ai nostri concittadini che l’Italia e l’Europa sono solo prigioni, e che siamo nati in una colonia in attesa di essere liberata, e non in una regione d’Italia.
Auguri Scozia! Auguri Sicilia!
P.S. Ieri un nostro politico, Davide Faraone, ha detto in TV che per propagandare meglio il turismo, non bisogna vendere all’estero il “prodotto Sicilia”, ma il “prodotto Italia” che è …”più riconoscibile”, e per questo “stanno lavorando per togliere poteri (e risorse) alle Regioni”. Ecco, questo è il tipico esempio di politico siciliano perfettamente inutile, che non ha capito nulla di economia, prima che di politica, che non lavora per noi ma per altri, e di cui faremo volentieri a meno.
Massimo Costa