Faranda in cattedra e Sofri in ritirata

Oggi che la società della comunicazione, attraverso la tv, i giornali, internet, è diventata luogo di interpretazione degli eventi e delle mode, corriamo il rischio di perdere la bussola del reale, di abboccare alle tesi dei falsi maestri e di cedere infine alla tanto praticata “affabulazione”.
 
L’affabulazione serve a distrarci dai veri problemi della gente, dall’incedere incauto delle leggi, dalla grave crisi economica che attanaglia il paese, da nord a sud, ormai.
 
Ma è la società delle immagini che detta le sue regole alla gente e che, quando in mala fede, riesce attraverso i suoi “guru” anche a manipolare la verità.
 
Spetta poi  a noi singoli tradurre i messaggi che riceviamo attraverso il filtro di un’analisi attenta degli eventi per  disarmare cosi’ questa affabulazione.
 
Nelle more di questa affabulazione collettiva, la nostra società invece di porsi una seria domanda sul funzionamento della macchina giurisdizionale  e sui necessari accorgimenti per adeguarla alle mutate esigenze sociali, da risalto particolare e senza le opportune preparazioni alla proposta di invitare Daniela Faranda, brigatista rossa, ex carceriera di Moro, un anti-stato  per eccellenza a tenere un corso alla scuola della magistratura, lo Stato nella sua accezione più alta e legittimata, sulla giustizia ripartiva  
 
Si favorisce cosi’, anche inconsciamente, quella coincidenza tra Stato ed Antistato nella percezione dell’opinione pubblica, tanto da alimentare, alla fine, quella confusione che il discorso interrotto sulla colpa e sul perdono, relativo proprio agli anni di piombo vissuti dalla nostra repubblica, non è riuscito a definire compiutamente.
 
Quando un terrorista condannato a cinque ergastoli vive per anni indisturbato in Francia con la protezione della legge voluta da Mitterrand e continua poi la sua sfida alla Giustizia del Bel paese continuando a scrivere gialli in Brasile; quando Toni Negri insegna ancora alla Sorbona e Adriano Sofri è addirittura lo chouchou dell’intelligenza progressista, celebrato editorialista che ora dichiara di voler lasciare, perché stanco e demotivato, le pagine e i soldi di repubblica (non sarà perché il figlio del commissario Calabresi ne prende la direzione…?)  dobbiamo per forza chiederci dove sta arrivando la percezione del carnefice e la considerazione delle vittime
 
In un Paese dove il crimine non esiste più perché tutto viene perdonato, in un Paese che ha cancellato il senso di colpa, in  un Paese dove tutto viene dimenticato perché la memoria si tiene insieme soltanto attraverso l’esercizio della separazione del giusto o dell’ingiusto, quale contributo di comprensione  può dare la notizia della Faranda che viene messa in  cattedra, di Sofri che suggerisce le sue visioni sulla prima pagina di un giornale seguito come repubblica?
 
Questa riflessione sulla colpa che viene condonata quasi, sorge spontanea  nel giorno dello strano invito da parte della scuola della magistratura a Daniela Faranda e quando si analizza come in Francia ad esempio siano stati trattati  i brigatisti della stessa epoca: niente sconti di pena, impedimento alle cariche pubbliche e persino di parlare in pubblico dei propri reati, di scriverne, tanto meno di intervenire in televisione sul tema,  e quando si capisce , dopo aver visto Berlino, che ancora l’Europa si  nasconde ed inonda quella città di luoghi visivi della colpa antica.
 
Forse se non si ammettono le colpenon si può perdonare e. se non si perdona si rischia di dimenticare. In Italia pero’ dal momento che non è mai colpa di nessuno, non si perdona mai e si dimentica tutto, perciò le cose non cambiano mai di molto. Questo atteggiamento gattopardesco pervade ogni singola particella del DNA nazionale le cui componenti  principali restano  familismo, corruzione, vittimismo , nepotismo, voto di scambio e precariato
 
Gli anni di piombo In Italia sono stati anni drammatici e ce lo siamo dimenticati perché ci siamo dimenticati di risalire alla colpa, ci siamo rifiutati di elaborarla  punendo i colpevoli e perdurando nella loro condanna morale affinché la gente capisse  che gli errori si pagano, senza attenuanti, simpatie o sconti speciali. Il perdono civile è cosa complicata che l’invito alla Faranda non concilia certamente, anche rientra nella sfera civile e non ha nulla a che fare con il perdonismo  pietoso della religione. Il perdono civile deve essere figlio di un’elaborazione collettiva una seria analisi e un atteggiamento conseguente non di sufficiente relativismo ma di meditata severità, riguarda il cittadino nella sua totalità, non riguarda il singolo nel confessionale e non può esistere assoluzione del singolo da parte dello  stato, peggio dalla tivù o dal gossip
 
Senza voler fare qui l’esegesi della nostra storia più recente, vogliamo pero’ invitarvi ad un’analisi dei cambiamenti avvenuti e dimostrare che l’affabulazione necessita di venire criticata, messa in discussione ma anche analizzata perché riesce a derubricare persino i crimini ed i delitti più atroci, senza alcuna considerazione per la vittima, dimenticata sempre e reietta quasi… in Italia non cambia mai nulla perché non si definiscono mai dei confini. Si commemora solamente, tutti insieme, come se la memoria fosse un feticcio celebrativo e come se la rabbia che chiede giustizia, che individua i colpevoli, fosse una cosa poco per bene, una mancanza di rispetto, addirittura oggi una pratica politicamente inopportuna correct.
 
eugenio preta