Una domenica a Bruxelles

Incuranti dei divieti  decretati da un governo che appare oggi  in palese difficoltà,  i belgi sono affluiti domenica scorsa sulla piazza della Borsa di Bruxelles per rendere omaggio solenne alle vittime degli attentati di Zaventem e del metro Maalbek.
In questa nostra società che oggi sembra funzionare solo sotto l’impulso  delle emozioni e della compassione, le distese di lumini laici e le marce bianche  sono diventate quasi obbligatorie e irrinunciabili al punto che, chi se ne volesse dissociare, sarebbe subito tacciato di indifferenza e poca sensibilità e per questo ancor più colpevolizzato.

Ancora più colpevole degli stessi criminali che loro sono, alla fine, oggetto esclusivo di attenzione e di compassione a causa della “identificata sofferenza sociale” che li ha spinti a diventare …estremisti e assassini.

Tutti vittime quindi, compresi i colpevoli..

Domenica poi, quando un centinaio di giovani ha fatto irruzione nella piazza scandendo il loro inno iconoclasta che diceva “Questa è casa nostra,” calpestando peraltro il tappeto di lumini attorno a cui si raccoglieva la gente prima che la polizia decidesse di intervenire utilizzando cannoni  ad acqua, la commemorazione è diventata una vero e proprio scontro fisico.

Apriti cielo! i media si sono scatenati denunziando la manifestazione come una parata di orde di estrema destra,  bollando quei giovani di nazionalisti, holligans, termine che designa i tifosi di squadre calcistiche che spesso si scontrano, a margine degli incontri di calcio, imbottiti di birra ed alcol, senza lasciare spazio a riflessioni  politiche o sociologiche.

La disinformazione più evidente è quella che ha riportato che le orde in questione siano arrivate alla Borsa inquadrate dalla polizia grazie al silenzio/assenso del sindaco che ha ritenuto più opportuno non contrastarli.

In verità non è sicuramente la prima volta che i tifosi uniscono le loro forze in Europa per gridare contro l’islamismo.

In Inghilterra la lega per la difesa inglese  (English Defence League) ha raccolto fondi per gli orfani e le vedove delle vittime degli scontri di Tottenham nel 2011; nella vecchia ‘Europa dell’Est , tifosi del Lech Poznan e dello Spartak Praga si sono spinti fino a boicottare gli incontri di Europa League delle loro squadre perché  i  dirigenti avevano deciso di devolvere parte degli incassi all’accoglienza dei migranti

Certo non possiamo considerare gli habitué  degli stadi come dei figli di famiglia, cavalieri senza macchia, e gli scontri che hanno spesso caratterizzato lo svolgimento di incontri di calcio ne sono la prova più evidente, ma occorre pure fare una dovuta constatazione.

In Europa, per manifestare collera o dolore, bisogna essere schierati dalla parte giusta, indossare un velo, un burqa, scrivere sui marciapiedi – spesso sui muri dei palazzi più antichi –  che la pace è meglio della guerra e gridare che siamo tutti figli di immigrati. Chiunque non abbia la “fortuna ” di appartenere a queste categorie di benpensanti non ha sicuramente diritto al cordoglio né all’indignazione.

Ora gli hooligans di Bruxelles in realtà non saranno né i cavalieri senza macchia ma neppure gli estremisti descritti dalle autorità belga però, se le autorità avessero impiegato lo stesso zelo dimostrato a contrastare i cinquecento istrioni sbarcati a Bruxelles per denunziare l’islamismo sempre crescente nella società, oggi la capitale del Belgio non sarebbe ridotta a piangere i suoi morti.

Eugenio Preta