Specisti, animalisti e vegani

Mode e tivvu stanno portando avanti nuovi modelli sociali e comportamentali che rivoluzionano drasticamente convinzioni già ben radicate in queste nostre società che sono riuscite a passare indenni, o quasi, millenni di lotte e di rivoluzioni, guerre e distruzioni, con la volontà e la determinazione, che è tipica solo dell’essere umano, di ricominciare la sua storia, dopo le piene più perigliose, cercando di non cadere negli errori precedenti.

I modelli umani subiscono oggi. una mutazione, adeguandosi alle esigenze di una società che ha esaurito scienze e filosofie e persino religioni, e si trastulla nel nichilismo che si lascia scorrere tutto addosso e che disegna perfino  l’individuo transgender, una specie di ectoplasma né carne né pesce ma che rivendica accezioni morali, civili e persino religiose. Il vestire ed il pettinarsi cambia, segue i santoni del momento, impone un modello che i nostri stessi nonni non riuscirebbero a immaginare certamente a condividere.

Oggi si sta imponendo una moda detta dell’antispecismo, una teoria che rigetta semplicemente lo specismo, (teoria corrente che non accetta di ridurre l’uomo al rango di un animale qualunque), una teoria che a detta degli antispecisti non deve più ritenersi dominante e deve portare gli esseri umani a non discriminare più gli animali

In verità si rimprovera agli specisti, quasi il 99% dell’umanità, di aver creato uno scala gerarchica delle specie viventi  e di aver posto l’uomo al vertice di questa piramide di valori.

La letteratura contemporanea infatti si arricchisce di testi che tendono a riconciliare l’uomo con gli animali e con la natura, mettendo fine all’antropocentrismo e prefigurando il predetto anti specismo come il pensiero corrente del secolo, alla stregua di quello che fu il marxismo  per il xx secolo, una sorta di marxismo culturale, l’evoluzione obbligata  di tutte le lotte libertarie del secolo scorso.
Nel suo  semplicismo nichilista questa teoria trova sempre più nuovi assertori.

In realtà la nostra società postmoderna sta operando una vera involuzione etica, civile, in pratica regredisce e pone tutto sullo stesso piano, tutto si equivale. Un ugualitarismo che non ammette differenze tra generi musicali, o civilizzazioni o le opere dello spirito. Oggi tutto si equivale, un uomo è semplicemente una donna che ancora non ha preso coscienza di se’, e viceversa. Allo stesso modo le etnie e le culture non avrebbero ragione di esistere perché sarebbero solo le atroci persistenze di una visione arcaica del mondo. Un progressismo di facciata  che nasconde male però una visione perlomeno infantile del mondo che riporta il ritorno dell’età primitiva. Secondo Freud l’animismo sarebbe il sistema intellettuale primordiale. Una scala che prevede prima la concezione animista, quindi quella religiosa, infine la concezione scientifica.

Il primato dell’uomo, animale politico è il logos, il ragionamento. L’uomo è dotato di ragione, ed è capace di spiegare il suo ragionare attraverso il linguaggio; da questo il primato che nessuna altra forma animale può avere.

L’essere umano è la creatura più perfetta del regno animale, la sola dotata della facoltà di creare produzioni materiali e immateriali, che poi trasmette ai suoi discendenti, capace di trascendere la sua condizione biologica e di creare produzioni durature. Interviene anche sul  suo habitat, sulle condizioni dell’ambiente, mentre le altre creature lo subiscono.

Giunti a questo stadio gli antispecisti, I partigiani del progresso, si rivelano quantomeno arcaici, ragionando per assurdo forse vorrebbero che le nostre istituzioni venissero adattate al regno animale  e pure vegetale, proporrebbero una corte europea dei diritti dell’animale, un parlamento europeo delle specie, auspicherebbero un tribunale per giudicare i macellai e i vivaisti…

Resta che è irrazionale voler ricondurre l’essere umano al rango degli animali, ma è soprattutto immorale in senso stretto e privo di rigore scientifico. E pur se la protezione degli animali fatta per legge riveste oggi un carattere di necessità, non bisognerà cadere nel paradosso di ridurre l’uomo in uno stato di inferiorità e riportarlo alla condizione di una sottospecie.
L’antispecismo, per le sue caratteristiche anti umane e nichiliste, rimane  quindi la prova lampante di un pericolo evidente: il totalitarismo omogeneizzante e uniformizzante del tempo che viviamo

Eugenio Preta