L’Austria e l’isteria europea

In una Europa attraversata da crisi economiche, disoccupazioni, migrazioni violente, divisioni, governi di nominati e non eletti, bancarotta latente, ladrocini politici, burocrazia asfissiante, insensibilità sociale, lontananza dai cittadini, i soliti Soloni foraggiati da media e tivù compiacenti, hanno visto domenica sera, dopo i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali in Austria, il fantasma del populismo aggirarsi sul continente.
Per la prima volta, domenica scorsa, i socialisti e i democristiani che si sono divisi alternativamente il potere in Austria dal 1945, sono stati letteralmente cancellati al primo turno di uno scrutinio importante che era sempre stato loro appannaggio, concedendogli ora il Cancelliere ora il Presidente della Repubblica.
Il risultato non lascia dubbi, dal momento che il candidato del partito liberale nazionalista, FPO, Norbert Hofer ha raccolto oltre il 35% dei suffragi e affronterà, al secondo turno, il candidato ecologista Van der Bellen, fermo al 21%. La “grosse koalition” al governo in Austria, socialisti e democristi insieme, ha visto i rispettivi candidati fermi all’11%… Una beresina che li mette praticamente fuori gioco.
Gli unti dal Signore, questi Soloni social-popolari non riescono però a capacitarsi. Eppure ce l’hanno messa tutta. Hanno cercato in tutti i modi di demonizzare l’elettorato conservatore del FPO, ma non hanno tenuto conto della crisi migratoria, che preoccupa la società austriaca, così come ha fatto per quella ungherese, quella slovena, quella slovacca, quella polacca, tutto questo mentre l’Euraustria bandieraopa dorme, o finge di dormire.
In effetti l’Austria, come succede del resto a tutti i Paesi del vecchio continente, nel corso del 2015 si è vista letteralmente assalire da una quantità di migranti (oltre 100 mila profughi) pari a quella che ha toccato la Germania, con la differenza che in Austria sono distribuiti su una popolazione di soli 8 milioni di abitanti. Il cancelliere Faymann, invece di studiare misure adeguate per rispondere alla crisi migratoria aveva ritenuto di dover attaccare Viktor Orban, reo tra l’altro di riempire treni di profughi e di mandarli in posti diversi da dove effettivamente avrebbero voluto andare.
Orban però non faceva discussioni e dopo un mese decideva di chiudere le sue frontiere deviando così in Austria un flusso di migranti sempre maggiore. Fayman sembrava aver imparato la lezione e decideva controlli alle frontiere, seppur alquanto blandi, e rafforzamento dei controlli alla frontiera austro-slovena, e impegno non quantificato per bloccare il corridoio dai Balcani. Misure tardive però, per riportare consensi alla coalizione di governo, impegnata in campagna elettorale per la Presidenza dello Stato.
La crisi dei rifugiati, il sentimento di abbandono che avvertono i cittadini, e la campagna volutamente filomigranti delle formazioni tradizionali costituiscono un grande classico della politica europea attuale e vedranno sicuramente svolgersi un braccio di ferro tra i fautori del political correct e i cosiddetti partiti populisti che populisti non sono.
Ora in Austria, il secondo turno si terrà solo il prossimo 21 maggio, quindi l’apparato governativo avrà tutto il tempo per provare a convincere gli astensionisti, dipingendo scenari sinistri per convincerli a votare un candidato biodegradabile di regime.
Eppure la vittoria, per ora parziale, dell’FPO, una tanto deprecata forza populista in Europa, ha costituito la prova comprovata dell’ inadeguatezza delle risposte portate dai dirigenti europei alle problematiche che preoccupano i cittadini, soprattutto sulla questione identitaria, tema in cui l’Austria si è sempre posta all’avanguardia.
Adesso il buon Fayman, aizzerà media e le TV contro il pericolo populista, appoggiato dagli alleati europei del PPE e del PSE, corazzate sfondate di mezzi e fondi, per propagandare isterie collettive, come accaduto già nel 2000 quando Jorg Haider, il fondatore dell’FPO, vincitore delle elezioni legislative era entrato in un governo di coalizione, come estremo sacrificio offerto al political correct da parte dei democristiani che così raggiungevano la maggioranza ed ottenevano la guida del governo. Poi la storia ridistribuiva le carte, l’incidente mortale e il conseguente declino del FPO, oggi però rafforzato da nuova linfa vitale.
In definitiva, pur se il web dell’Unione europea non sembra aver ancora cambiato logiciel, i rapporti di forze interni in Europa non appaiono più così inattaccabili come lo erano un tempo e, in caso di vittoria dell’FPO, dopo la Polonia, la Slovacchia e l’Ungheria, additate oggi al ludibrio del political incorrect, anche l’Austria si aggiungerà, come in un famoso quadro di Mordillo, a quelle pecore nere che riceveranno tutte, finalmente, una lieve passata… di bianco.
Eugenio Preta