Elezioni USA: Obama e gli affari del mondo

Non mi sono mai impegnato a decifrare i codici degli affari americani, anche il Paese lo conosco troppo poco per sparare… le mie “impressioni” . E’ un mondo che giudico lontano dal mio sentire, sgraziato e senza storia, eppure so benissimo che ha sempre dettato ed organizzato i tempi e le mode della nuova società mondiale.

Oggi che gli apparati democratico e repubblicano hanno definito le nomination, Hilary Clinton e Donald Trump scendono a tenzone…Della Clinton ormai trapela tutto il positivo del suo essere donna, ex- segretario di stato, ex moglie di presidente.Tutto fa brodo per creare l’immagine positiva tanto cara alla sinistra progressista , anche lo stagiaire italiano che ha assunto nel suo staff elettorale.

Di Trump hanno costruito solo l’immagine negativa del miliardario senza scrupoli, tanto caro a Sky, Fox ed ai thriller di J; Deaver o M. Connelly, tanto che associare questa figura a quella dell’uomo che potrebbe avere in mano i destini del mondo incute paura e preoccupazione.

Hanno provato di tutto per demolirlo – si parla del costo record di 100 milioni di dollari per offuscarne l’immagine pubblica – , hanno persino scatenato disordini ai suoi comizi, ma sono riusciti soltanto a scalfirlo.

Dopo aver cercato di denigrarlo con ogni mezzo lecito ed illecito, adesso si va di fioretto ed oggi Obama solidarizza con la sua ex rivale dichiarando candidamente che secondo lui Trump non consce alcunché di politica estera, degli “affari del mondo” .

Un assit di tutto rispetto per ricordare forse il ruolo ricoperto da Hilary fino a poco tempo fa, ma in definitiva un errore politico sintomatico del pensiero delle “elites” mondialiste del pianeta.

Già, perché secondo voi gli elettori del Nebraska o dell’Alabama o del Minnesota, di che cosa parlerebbero negli Starbucks o nei Mac Donald se non di politica estera? Di cosa si preoccuperebbero se non che degli affari del mondo? Non di quelli americani o federali , ma degli affari ” orbeterrarum.

Ma è naturale. Obama non può’ che ragionare , gioco forza, da mondialista: figlio di un keniota e di un’americana di origini irlandesi è nato alle Hawaii ed ha vissuto in Indonesia. Il problema pero’ è che pochi elettori americani hanno padre keniota ed hanno vissuto in Indonesia; i più’ sono elettori banalmente americani, certo di svariate origini, ma hanno vissuto e vivono una realtà americana che di per se stessa è già un problema assai complicato senza dover disquisire del loro ruolo di popolo modello mondiale.

Ci sono sicuramente americani che invece pensano proprio in termini internazionalisti, l’esatto contrario, e sono quelli che non hanno voti che sono minoranze elettorali ma occupano posti influenti nei media, nella canzone, nel cinema , tali da poter orientare il dibattito . Una situazione classica che conosciamo anche nel nostro Paese.

Assistiamo al paradosso tutto progressista di gente super- abbronzata , ad esempio in California , che impartisce lezioni di ecologismo e rispetto dell’ambiente parcheggiando l ‘ enorme Suv davanti alla piscina della mega-villa; alla contraddizione di giornalisti new-yorchesi che elargiscono il loro verbo progressista agli ignoranti del popolo; alle incongruenze dei dirigenti delle multinazionali che guadagnano annualmente più’ dello stesso bilancio di funzionamento di alcuni piccoli Stati. Ma sono e restano minoranza , la loro incidenza elettorale non è proporzionale alle cifre del loro contro bancario.

Sicuramente non sono un campione valido per determinare un risultato elettorale. Non rappresentano l’elettore americano medio, quello che ha qualche brutto ricordo di storia recente come la politica interventista tanto cara ad Obama e Clinton passando per Bush figlio, la cocente sconfitta in Corea e poi in Vietnam, l’intervento americano contro Saddam Hussein per salvare gli amici del Kuwait, i bombardamenti in Libia, l’occupazione dell’Afganistan; tante ingerenze illegittime negli affari del mondo, come avviene ancora oggi in Ukraina e in Siria

Trump è il candidato del mondo multipolare che dice basta alle guerre preventive, alle presidenze pericolose, che lascia presagire la fine del politicamente corretto, il che potrebbe essere un bene per Usa e soprattutto per l’ Europa dove questo conformismo e’ diventato una vera e propria religione.

Ma niente è ancora deciso , tutto è incerto perché i neocons non si lasceranno privare dei loro privilegi, e i Bilderberg , che sono la stessa cosa che la Trilaterale, non si lasceranno certamente ridimensionare. Lo hanno dimostrato in Brasile, in Venezuela, con l’accerchiamento della Russia, in Ucraina, in Siria e sono ancora in grado di causare ancora molti danni fino a gennaio, data dell’insediamento del nuovo presidente.

Da osservatore ignorante (cfr sopra) credo che con Trump si delinei una nuova che non è più’ quella del nuovo ordine mondiale in salsa neocon, ma quella di un nuovo mondo multipolare dove sovranità nazionali e populismi avranno più’ diritto di cittadinanza.

Quindi il buon senso manifestato da Trump che non conosce gli affari del mondo e che ha dichiarato che non accorderà più’ alla politica estera americana alcuna priorità, ma che si occuperà degli affari interni , forse, all’elettore medio americano potrà piacere più’ dell’interventismo di Obama. Sicuramente all’elettore medio americano sembrerà piuttosto buona cosa e giusta.

eugenio preta