La sconfitta di Renzi ed i segnali italiani all’Europa

La sconfitta deve essere stata durissima da incassare per l’ambizioso Renzi, sconfessato domenica sera da piu’ del 70% degli italiani, soprattutto dagli isolani – i Sardi e Siciliani – che hanno sonoramente bocciato le sue proposte di riforma costituzionale, ma soprattutto hanno rifiutato di decretargli quel plebiscito in cui il referendum si era trasformato proprio per volere di Renzi , ribadendo invece la loro mancanza di fiducia in quel primo ministro voluto da un vecchio burattinaio, ancora poco propenso all’uscita di scena.

La cronaca del giorno dopo viene edulcorata da un discorso strappalacrime , quelle dell’autore pero’, e dalla condivisione empatica di tanti di quegli italiani che pur gli avevano votato contro e che oggi, pietosamente ,dimostravano di gradirne i toni , in linea con la piu’ vera tradizione italiota : non si fa cosi’ con ogni persona che trapassa?

Il NO massiccio pronunciato dagli italiani, innanzitutto li riabilita come popolo capace di non lasciarsi sviare dalla propaganda e dalle promesse, specialmente quando le scelte manifestate sono frutto di una volontà tanto consolida da non potersi ascrivere a nessun partito , a nessuna parte politica.

Infatti nessuno puo’ intestarsi oggi una vittoria che riviene solo ad un popolo, finalmente pensante.

Tradotto sul piano continentale, questo NO, diventa oggi il paese rifiuto della socialdemocrazia, quel centro sempre pendente da qualche lato, che impera pero’ da decenni .
L’Italia si è sempre presentata alle lezioni dell’Europa come l’alunno diligente del primo banco, e paga ancora duramente senza contrappesi quelle misure di austerità stabilite dal consesso europeo sul piano economico, sociale e solidale, accettate passivamente e senza riuscire a trovare quelle ricadute positive capaci di creare lavoro ed occupazione quindi nuovo vigore sul piano economico.
Peccato, diciamo oggi nel momento in cui Renzi sembrava convinto di dover fare la voce grossa a Bruxelles per tutelare finalmente gli interessi nazionali, ma è solo un dettaglio, un nostra impressione se consideriamo che nel marasma di misure presentate nel testo di riforma costituzionale, brilla, prima fra tutte, quella dell’art 117 che consegnava , per Costituzione, alla legislazione dell’unione ogni competenza legislativa.
Come hanno fatto gli stati federali della “Rust belt”, che hanno massicciamente plebiscitato Donald Trump, il nostro tanto bistrattato Mezzogiorno ha bocciato il piano di Renzi che pur avrebbe comportato una riforma costituzionale attesa da tempo, e lo ha fatto con proporzioni tali da impedire al premier di cercarne qualsiasi scusante .
Come mascherare e fingere di non capire il 73% e il 71% di Sardegna e Sicilia o il 70% in Campania, nonostante i dittatorelli territoriali, cavalli elettorali che Renzi, come Caligola voleva fare senatori, e che continuano ad imporre clientelismo e precariato, i mali peggiori della penisola?
Già le passate elezioni municipali avevano suonato l’allarme per Matteo Renzi togliendo al PD città importanti come Roma e Torino e mettendo sul palco nuovi personaggi in odore di santità come Lugi Di Maio, Giorgia Meloni o Matteo Salvini. Ma il gioco politico italiano è il regno del trasformismo, della commedia dell’arte persino, difficile da decifrare e sempre in movimento e cambiamento.

Pero’ resta un fatto rilevante di cui dobbiamo rallegrarci: gli italiani hanno dimostrato di rifiutare sempre di piu’ i campioni scelti da persone che agiscono in nome dei poteri forti – Napolitano aveva installato Renzi e lo aveva indottrinato sulla riforma, Junker e Schauble avevano provato all’approvazione di una riforma che avrebbe messo la Repubblica in ginocchio davanti all’europa, delegando questa volta non per legislazione “primatica” ma per scritto costituzionale ogni competenza legislativa alle istituzioni comunitarie, alla commissione esecutiva di Bruxelles ,sempre in profondo deficit democratico.

Allargando le ragioni della sconfitta referendaria dal rifiuto di plebiscito manifestato dagli italiani al panorama continentale, il no italiano dimostra come i popoli non accettino piu’ le misure di austerità e i piani proposti solo per il salvataggio dell’euro e delle banche , gli stessi programmi che propongono i candidati socialisti e repubblicani delle prossime elezioni presidenziali francesi , e che gli austriaci hanno invece dimostrato momentaneamente di accettare, soggiacendo alle ingiunzioni politicamente corrette che hanno portato alla sconfitta di Hofer, rinviando a data da destinarsi il risveglio indennitario del Paese.

Nel rifiuto italiano, anche il tema dell’immigrazione ha suonato il segnale d’allarme. I popoli non accettano che si decida sulla loro pelle l’accoglienza di masse di migranti senza le dovute contromisure di tutela e sicurezza; hanno capito che si lucra su quei poveretti traditi due volte, quando partono scappando da guerre e carestie, molti per trovare l’eldorado, la terra promessa da Sky e CCN, e quando arrivano e rimangono prede delle organizzazioni di soccorso , quelle cooperative rosse, Curie e Misericordie che hanno fatto dell’accoglienza il loro business principale, ed hanno sublimato i loro leader che , rifiutando le quote hanno ripristinato le frontiere che il liberalismo sfrenato aveva fatto abbattere senza alternative possibili.

I popoli in definitiva hanno capito che il liberalismo non è solo un dogma ma risponde ad un piano mondiale che vuole cancellare la Storia e gli Stati nazione; un liberalismo finanziario cosmopolita che tende a cancellare tutte le sovranità degli Stati, un paradosso creato da questa Unione che ora, grazie anche al NO italiano deve interrogarsi e ritrovare le vie di un possibile cambiamento, persino di una riforma necessaria ormai alla luce delle nuove esigenze e dei bisogni dei popoli.

La Costruzione dell’unione europea è stato un cammino lento e difficile da raggiungere, la sua riforma oggi non piu’ rinviabile, lo sarà altrettanto.

Eugenio Preta