Il trasferimento dell’Ambasciata USA a Gerusalemme

Il 2017 segnerà veramente  la fine delle primavere arabe (e  di ogni latitudine) e finalmente  il ritorno della sovranità degli Stati nazione?

Se prendiamo come riferimento  il panico iperattivo che sembra essersi impadronito della classe politica mondialista , crediamo proprio di esserci arrivati.

E’  di questi giorni la notizia secondo cui  Trump avrebbe deciso di  trasferire l’Ambasciata USA  da Tel Aviv a  Gerusalemme e improvvisamente si sono registrate  due risposte  intese solo  a destabilizzare i suoi futuri rapporti con Israele.

La prima risposta si riferisce all’iniziativa di due presidenti, giunti entrambi alla fine del loro mandato, Obama e Hollande i quali, ancora sotto choc per la vittoria  di Trump che ha provocato la fine di 30 anni di un bel lavoro mondialista e soprattutto terrorizzati dalla rapidità con cui il neofita si è impadronito delle prerogative presidenziali, si sono impegnati a creare difficoltà a Trump promuovendo, per tutta risposta  una Conferenza dell’ ONU proprio  Israele .

La seconda risposta, sempre conseguente alle intenzioni  di Trump,  arriva per opera dello stesso ONU  che, dal suo cappello  è riuscito ad estrarre la magia  di una risoluzione dell’ONU  del 1967, la 342,  passata peraltro senza il veto americano che dichiarava illegittime le colonie israeliane stabilite antecedentemente alla  guerra dei 6 giorni .

La diplomazia è insorta: per  John Bolton, ex ambasciatore usa all’ONU  al tempo della guerra contro l’Iraq, oggi alleato di Trump, questo significa rinnegare  i cinquanta anni di politica americana bilaterale e  contrariamente a quello che dice Obama,  sancisce la definitiva bocciatura  di  quella  soluzione che prevede la creazione  dei due stati contraddistinti..

La  comunità israeliana si indigna . La parte est della città, (il quartiere  ebreo) era stato occupato dalla legione araba nel 1948 e i suoi abitanti erano stati espulsi; considerare ora la riconquista del 1967  nulla e non avvenuta scatena  la rabbia degli israeliani e si riversa su Obama che Bolton accusa di  negare, da americano,  l’eccezionalità della questione israeliana.

Hollande e Obama, con la prossima conferenza di Parigi del 15 gennaio (   sono 70  gli stati previsti, ma senza Israele) evento che cade  soprattutto a 5 giorni dall’insediamento ufficiale di Trump e che suona tanto come beffa al nuovo presidente, intendono approfittare dell’occasione per fare approvare una nuova risoluzione Onu a compendio della 2334 della scorsa settimana, e legare le mani alla nuova amministrazione USA

Ma resterebbe  l’ultimo sussulto dei perdenti, solo  un atto di  forza  delle sedicenti  istituzioni democratiche , quei cartelli di lusso di non eletti che sfidano i concetti di comunità internazionale a discapito delle sovranità nazionali ma anche della pace.
Le fila  dei Trump, Netanyahu, Poutine, Orban, Erdogan, Xi Jinping o  Rohani, si stanno moltiplicando sulla scena mondiale: si tratta di governanti che intendono finalmente  gestire  i loro problemi direttamente e senza l’intermediario degli organismi internazionali, i gran vizir del mondialismo.
Cosi’ a Parigi Kerry dovrà rimettersi in tasca la sua risoluzione  israelo-palestinese e dovrà rimpiangere che l’impero ottomano o quello persiano non siano più là a gestire gli Stati fantocci del medio Oriente.
Obama sarà riuscito a portare alla ribalta  un’ultima  incompiuta:la  banalizzazione dell’ONU,  anche    a dispetto del suo alto costo di funzionamento se  il contribuente americano infatti ci lascia annualmente 8 miliardi di dollari (quasi il 23%  del bilancio nazionale).
Una matrioska internazionale inutile il cui costo di funzionamento, secondo fonti americane (  Fox News)  supererebbe   del 30%  quello ordinario di una burocrazia governativa equivalente .
“The times are changing” cantava Bob Dylan. Oggi,  con l’arrivo di Trump,  i tempi potrebbero veramente essere cambiati se , non il politico ma l’immobiliarista che è in Trump  decidesse veramente di trasformare il famoso palazzo di vetro in un “residence” di appartamenti di lusso.
Eugenio Preta