La sinistra europea e il nazionalismo non sembrano più incompatibili

L’attitudine dei partiti politici in relazione all’immigrazione e alla sovranità nazionale è sovente dettata dal loro posizionamento sullo scacchiere politico. Se nell’Europa dell’ovest la sinistra appare schierata su posizioni di un multiculturalismo dichiaratamente favorevole all’immigrazione e all’accoglienza – anche a dispetto della stessa tutela della sovranità nazionale – all’est del continente ci sono responsabili politici, proprio di sinistra, che non esitano a rifiutare veementemente la società multiculturale “in fieri” e la presenza dei migranti.

Succede in Slovacchia dove il primo ministro socialdemocratico, Robert Fico – il cui partito è membro dell’Internazionale Socialista e del gruppo del Partito Socialista Europeo – si oppone alle verità dei giornali e del politicamente corretto, denunziando le pratiche di parte della popolazione zigana, e rifiutando l’immigrazione e il relativo sistema di quote che l’Unione Europea intende imporre al suo paese. Fico dirige un governo di coalizione composto, tra gli altri, anche dai nazionalisti dell’SNS, a causa dei quali ha subìto anche un ostracismo politico, tanto da rischiare di essere bandito dalle istanze socialiste continentali.

In repubblica Ceca, con il presidente di centro sinistra Milos Zeman, accade la stessa cosa. Già in occasione della sua discorso solenne di Natale 2015, ebbe ad affermare che l’ondata di rifugiati può raffigurarsi esattamente come un’invasione organizzata, ed ha esortato proprio i giovani siriani a combattere l’islamismo nel loro paese piuttosto che scappare verso l’Europa.

In occasione di un assise socialdemocratica tenutasi a Bratislava, aveva chiesto misure che servissero a vietare l’arrivo di migranti e controlli sui profughi sospettati di esercitare violenza o incitamento all’odio a carattere religioso, dichiarando che l’accoglienza senza freni crea le condizioni ideali per futuri attacchi terroristi alla repubblica ceca.

Lo scorso mese di dicembre, nel rivolgersi ai suoi connazionali per gli auguri di fine anno, Zeman ha comunicato di aver rifiutato ufficialmente il sistema di quote stabilito dall’Unione europea che aveva imposto al suo paese di accogliere, in due anni e sempre su base volontaria, 6.200 profughi provenienti dal medio oriente.

Zeman ha dichiarato poi di non essere più disponibile a consentire l’ingresso in repubblica ceca di migranti e di profughi in modo massiccio e senza controlli, come invece fa la Germania. Come controproposta ha chiesto invece di aumentare il sostegno finanziario alla Grecia e all’Italia che sono paesi di prima accoglienza e i più colpiti dalla crisi migratoria, ed ha ricordato che la misura più efficace, sarebbe quella di poter aiutare i migranti nei loro paesi di origine o di accoglierli negli stati a loro più vicini.

In Moldavia il presidente socialista Igor Dodon, appena eletto nel dicembre del 2016, ha fatto a pugni con il political correct, facendo togliere la bandiera stellata dell’UE dall’edificio presidenziale e costringendo alle dimissioni il ministro della Difesa, considerato troppo vicino alle posizioni dell’Alleanza atlantica.

A questo punto, a proposito di immigrazione e sovranità nazionale, appare chiaro che non esiste una posizione uniforme dei governi, e che l’approccio dipende sicuramente dal grado di esposizione di un dato Paese.

Di sicuro questa Europa oggi appare divisa anche in seno a responsabili della stessa sensibilità politica, tanto che cadono gli ultimi tabù, ed ormai appare evidente che essere di sinistra da una parte e voler difendere la propria sovranità nazionale dall’altra, non sia davvero più incompatibile, con buona pace di media, giornali e del politicamente corretto.

Eugenio Preta