Le elezioni politiche in Francia

Ieri sera, i nostri vicini francesi sono andati alle urne, come del resto hanno fatto anche tanti italiani interessati dal voto amministrativo. Ma a differenza degli italiani che hanno fatto capire di voler riprendere dalla loro libreria un libro già letto e riletto, loro, i francesi , non hanno semplicemente voltato pagina ma hanno addirittura dimostrato di aver cambiato il loro libro.

Cosa rimane agli analisti di questo primo turno elettorale francese?

La prima riflessione è indicativa e preoccupante: quasi un francese e mezzo su due ha ritenuto opportuno snobbare il voto e non recarsi alle urne .

Cosi’ i nuovi eletti , la prossima settimana, qualunque debba essere la loro appartenenza partitica, saranno semplicemente dei fortunelli, con la conseguenza di allargare a dismisura il fossato tra gli eletti e i veri rappresentanti del popolo.

La seconda riflessione è rappresentata dall’innegabile ondata vincente della Repubblica in Marcia , il partito di Macron, il nuovo agglomerato politico che rappresenta, nonostante il 32% ottenuto ieri sera , solo il 15% degli elettori ma che dal risultato di ieri sera risulta da un lato essere causa determinante della scomparsa del Partito socialista, fino a pochi giorni fa ancora al governo e oggi poco sotto la barra del 10% , dall’altro del ridimensionamento dei Repubblicani che , a loro volta, col 21% riescono a malapena a salvare le suppellettili.

Certo bisogna anche tener conto dei numerosi “artisti “ , una volta rappresentativi di questi due schieramenti, che hanno raggiunto i ranghi del governo Macron ed hanno finito per fondersi in questo fronte liberal-liberista , di destra e di sinistra , denominato La Repubblica in Marcia, verosimilmente trionfatore assoluto la prossima settimana.

Nello stesso tempo le due formazioni “populiste” , come le definisce Macron, la Francia insubordinata , 11%, e il Fronte nazionale , 14%, dimostrano una certa resistenza alla disparizione , anche se due fattori fanno riflettere seriamente sulla loro effettiva capacità di poterlo fare: il 56% delle “truppe” di Marine Le Pen ha disertato le urne e molti sostenitori di Melenchon hanno riportato i loro voti sui candidati della sinistra piu’ radicalmente comunista, soprattutto nelle zone rosse del paese.

Cosa rimane quindi di questo primo turno che tra 7 giorni rischia di diventare la Beresina, dopo di PS e LR anche di Le Pen e Mélenchon ?

In mancanza di alternanza e di alternative valide, i francesi hanno optato per un cambiamento politico radicale che cancella i partiti tradizionali e disegna pero’ un confine netto tra due Paesi, : la Francia dei fautori della mondializzazione , giovani abitanti delle metropoli la cui ultima preoccupazione non consiste certamente nella rivendicazione identitaria, e la Francia degli sconfitti da questa mondializzazione , la Francia delle periferie, la Francia dei dimenticati che, per l’occasione, ieri , hanno persino dimenticato di andare a votare.

Ed a questa Francia reietta che intendono rivolgersi Mélenchon e Le Pen in attesa del voto della prossima settimana in modo da ri-motivarla e farle riprendere la strada del seggio elettorale.

E’ quello che rimane da fare per cercare la rimonta che è cesellata sempre da buone intenzioni, e quella di voler difendere il popolo, ne costituisce motivo oggi dominante. Malgrado le batoste e i colpi che si ricevono, vincerà sempre solo chi piu’ riesce a perseverare nelle sconfitte, anche ripetute.

Eugenio Preta