Alto Commissario ONU per i diritti umani: la politica dei due pesi e delle due misure

Il liberalismo cosmopolita è diventato il verbo corrente di questa nostra società che è riuscita a banalizzare ormai le necessarie informazioni dirette al cittadino e ad annullare, a vantaggio del “political correct”, ogni forma di dissenso.

In una società dove la comunicazione di massa regna sovrana, il potere di quelli che detengono il monopolio della parola e dell’informazione è diventato immenso anche se, di riscontro, la legittimità che essi detengono non proviene dal voto popolare ma dalla loro effettiva presenza mediatica. I rappresentanti dei cittadini, eletti ai mandati elettivi, si ritrovano così sullo stesso piano dei membri della società dello spettacolo o dello sport o degli affari, o dei rappresentanti (nominati) dai numerosi meccanismi, creati per controllare l’effettiva applicazione della democrazia anche se, a ben guardare, non fanno altro che ridurla.

In un recente intervento, l’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, Reid Ra’ad Zeid Al-Hussein, principe giordano, cugino del re e membro della prestigiosa famiglia ascemita – naturalmente musulmano – ha illustrato perfettamente la teoria dei due pesi e delle due misure. L’alto diplomatico, particolarmente gradito agli ambienti ONU, ha dato una propria interpretazione a proposito della tutela dei diritti umani, che costituirebbero il suo impegno nell’espletamento della sua importante funzione in seno alle Nazioni Unite. Il suo impegno ufficiale appare però poco lungimirante e, ultimamente, si è ridotto a due soli argomenti che, mediaticamente si equilibrano: Maduro e Trump. Le sue dichiarazioni, sostenute ed amplificate da un sistema mediatico particolarmente favorevole, assurgono agli onori delle prime pagine, fanno “audience”, diventano verità assolute, specialmente quando attacca il presidente Usa.

L’alto rappresentante, del resto, ha evocato il Venezuela parlando di erosione della democrazia in quel paese, e si è chiesto se in Venezuela esista ancora effettivamente una parvenza di vita democratica. Eppure è chiaro a tutti ormai che un colpo di Stato, appoggiato dall’esercito e camuffato da un’elezione truccata, ha permesso ad un regime dittatoriale corrotto, di mettere fine a ciò che rimaneva solo un’apparenza di democrazia nel Paese, soprattutto per quanto concerne la separazione dei poteri e della libertà d’espressione.

Ma l’alto commissario è stato più determinato nei confronti di Donald Trump – che secondo lui sarebbe il nemico numero uno della democrazia americana – solo perché nella sua campagna contro i media che lo criticano continuamente ed in modo feroce (CNN, NYT e Washington Post), incita gli americani ad isolare i giornalisti, ai quali attribuisce la responsabilità del clima di violenza verbale esistente e li invita spesso all’autocensura.

L’Alto Rappresentante sembra dimenticare però che Trump rimane il presidente costituzionale della democrazia più forte al mondo, dove la libertà di stampa e di espressione, restano garantite da un rispetto e da un’osservanza assolute, in quanto garantite dalla stessa costituzione. Gli scambi di battute tra la stampa ostile e il Presidente degli Stati Uniti, ormai routine, sono segno evidente di vera democrazia. Comprensibile perciò, che Donald Trump – eletto e quindi voluto dal popolo – si difenda dalle polemiche.

Nel settembre dello scorso anno, del resto, Al-Hussein si era già presentato attaccando i populisti e i loro discorsi poco favorevoli all’Islam, da Wilders a Farage, Orban e, naturalmente, Trump. Al Hussein hanpuntato il dito contro il presidente degli Usa, soffermandosi solo – per dirla come Fedro – sulla bisaccia che ha davanti agli occhi, trascurando invece quella che porta sulle spalle. Certamente esistono oggi, a proposito di diritti umani, altre problematiche più serie che le frizioni tra la Casa Bianca e CNN, vedi per esempio, la sentenza di morte per blasfemia o apostasia, che non è solo un’eventualità, ma la pratica corrente dell’applicazione della giustizia in alcuni paesi membri stessi dell’ONU che il diplomatico hascemita conosce perfettamente.

C’é da dire inoltre che se la libertà di stampa viene effettivamente minacciata nel mondo, è anche vero che ciò avviene in Turchia ma non negli Usa; se i diritti dell’uomo sono violati giorno dopo giorno, questo avviene in Arabia Saudita, guarda caso paese confinante con la Giordania, ed uno dei 47 membri del consiglio dei diritti dell’uomo, deputato a esprimersi sulle relazioni in materia dell’alto commissario Onu.

Bisogna guardare in faccia la realtà: tutto si lega quindi, evitando di dare importanza ai giochini costruiti per dimostrare una democrazia mondiale, solo apparente, purtroppo. Rimane preoccupante che in funzione delle loro preferenze politiche i nostri media possano attribuire importanza eccessiva alle dichiarazioni di gente messa in posizioni di rilievo solo per rispettare giochi politici equilibri geopolitici da osservare obbligatoriamente, spesso anche a dispetto delle vera democrazia.

Eugenio Preta