Catalogna: l’ombra di Soros

Parafrasando Shakespeare, c’è del marcio… in Catalogna, facendo riferimento non solo agli strani avvenimenti dell’attualità; continuando a riferirci al grande drammaturgo inglese, la tragedia di Amleto sembra calzare a pennello alla dimensione politica catalana, così se la Danimarca per lo stesso Amleto era “un giardino incolto, pieno tutto di malefiche piante”, la stessa cosa potremmo dire adesso per la Catalogna. E oggi nel giardino catalano arriva questo distruttore di re, vecchio benefattore dell’umanità, pronto a fiondarsi dovunque senta odore di destrutturazione e a seminare zizzania, specialmente laddove può sostenere la causa della disintegrazione dei popoli e degli Stati nazione.

Si sospettava il silenzio di Soros, ma la lunga mano del miliardario americano di origini ungheresi è apparsa anche in Catalogna e lo ha fatto con la sua arma migliore, quella della borsa, sempre pronto ad aprire le casse della sua fondazione della “società aperta”, la Open Society Fundations. Ancora la situazione a Barcellona non è assolutamente chiara e oscilla tra l’indipendenza proclamata e l’indipendenza sospesa, tra la richiesta di dialogo o la sollecitazione di un interventismo centrale, tutto questo per la mancanza di coraggio o la scelta di non decidere del governo spagnolo. Ora si aspettano le misure che Madrid ha ponderato (si spera) per fare fronte alla sedizione.

Ma George Soros, filantropo riconosciuto nel mondo intero, oggi si fa sentire sostenuto da parecchi dirigenti catalani, tutti rigorosamente schierati dalla parte denominata “populista di sinistra”, come Iglesias e Rodríguez di Podemos, Garzón di Isquierda Unida, stranamente i soli sostegni centralisti della causa indipendentista catalana.

Secondo un giornale ben informato come Ok Diario, Soros e la sua fondazione stanno operando dietro le quinte della difficile situazione catalana e lo fanno attraverso i buoni auspici di un vicepresidente della squadra calcistica del Barça, Carles Villarubi e di Jaume Roures, un miliardario alla testa di un impero mediatico, naturalmente impegnato sul fronte terzomondista e globalista. A loro si è aggiunto un terzo personaggio, Artur Mas, ex presidente della Generalitat che ha tessuto legami stretti con le lobby di Indépendant diplomacy, un’associazione legata alla fondazione di Soros attraverso l’ambasciata catalana a NewYork.

Ma quale può essere l’interesse di un mondialista come Soros, grande supporter dell’identità dei popoli, a mettersi a fianco di un movimento indipendentista catalano così profondamente legato alla difesa delle sue radici storiche e identitarie?

Innanzitutto, diciamo che se questa grande forza separatista che scuote la Catalogna fosse effettivamente legata alla difesa dell’identità e delle radici storiche del popolo catalano, avrebbe dovuto escludere ogni possibilità di entrare in conflitto con la Spagna. Se si trattasse solo di difesa identitaria, allora, sarebbe bastato ridiscutere la richiesta catalana, proprio laddove oggi essa è maggiormente riconosciuta, vale a dire in seno all’intero sistema identitario spagnolo. Invece sembra che l’obiettivo dell’indipendentismo non sia assolutamente l’affermazione dell’identità catalana, ma semplicemente la messa in atto di un’arma a doppio tranciante, quello della negazione e della conseguente distruzione del popolo, spagnolo in primis e di quello catalano.

Si parla sempre più di distruzione dell’identità storica del popolo catalano e della sua identità attuale, l’identità, perciò, di tutti i catalani, più della metà dei quali oggi continuano a sentirsi e dichiararsi doppiamente catalani e spagnoli. In questo marasma una sola certezza pare affermarsi di fronte a tutte le negazioni: quella dei tanti particolarismi (così sembra ridotto oggi il popolo) nella logica dell’io voglio, io decido e faccio di testa mia, in questo caso l’instaurazione di un nuovo mini-Stato Nazione aperto del resto a tutti gli allogeni, musulmani di preferenza, richiamati in gran forza a rimodellare lo stato esistente. Sostituzione dei popoli e cancellazione dei territori: ecco il principio primario che regge la “modernità liquida”, un principio che Soros insieme ai suoi adepti promuove oggi su scala mondiale.

Eugenio Preta