NEI DINTORNI DELLO STADIO
Bruxelles, 15 Aprille 2004
Mi confonde il fumo dei candelotti colorati, il rullare dei tamburi, il giallorosso che circonda il prato.
Ai ritornii consueti di memoria aggiungo, ora, la passione per la squadra di calcio della mia città, Messina.
E mi accorgo di non essere solo.
Quest’anno poi, con le vittorie e i successi delle squadre siciliane, e di tutto lo sport isolano, sembra essersi innestato un circuito virtuoso che richiama ai valori di tutto un popolo, alla sua identità culturale, all’appartenenza, all’orgoglio di questa appartenenza, alla Sicilia.
Non si finisce di dire oggi che il concetto di nazione sia ormai definitivamente al tramonto e che il futuro risieda nell’istituzione di grandi insiemi e nella cancellazione delle piccole entità con il solo scopo di costruire un pianeta senza frontiere. Ma basta che il Messina, il Palermo o il Catania entrino in campo, che si suoni un inno, un canto, che si segni un goal e in ogni angolo dello stadio, come in qualche angolo del mondo, migliaia di esseri vibrino all’unisono, comunichino in allegria e felicità.
Giallorosso, rosanero, rossazzurro sono colori del cuore, e le schiere di tifosi che si ritrovano nelle sigle più disparate riportano nei canti e negli inni la voglia di rivincita, di riscatto sociale che parte dal calcio, da una vittoria sportiva per manifestare di esserci anche come vincenti e non più come partenti e perdenti.
E dove la politica era riuscita ad allontanare le passioni, il calcio riesce a resuscitarle, a comunicare, a chiedere, a riscrivere il riscatto dell’Isola.
Normalissima gente comune arriva allo stadio bardata nei colori della squadra del cuore e li ritrovi a cantare, sorridere e saltare al ritmo della partita abbandonando, per un attimo, le preoccupazioni del giorno dopo. Adesso chiedono la vittoria, finalmente eroi dopo una settimana di lavoro e di fatica, alle scintille che la passione innesta.
Calcio e vittoria e diciamo Sicilia, rivincita contro i vecchi padroni di sempre, l’ignoranza, l’ignavia, il sonno del Gattopardo.
Vilipesa, offesa dal cemento, stravolta nelle strade, dimenticata da chi ne dovrebbe curare invece i bisogni, l’Isola, però, ha trovato nel calcio la voglia e l’occasione per risorgere.
In un mondo dominato dai soldi e dalle squadre del Nord opulento, escluse da anni dal calcio che conta, oggi Palermo, Messina e Catania sono installate al vertice delle classifiche dettando gioco e tempi ma soprattutto sottraendo le tifoserie alle squadre del Nord (in gran parte meridionali) riportando in quegli stadi i colori delle terre del Sud.
La passione non ha risvolti esclusivamente isolani, ma si è estesa ai tanti conterranei della diaspora, cui il destino nel Nord lontano ha scritto le loro pagine di esistenza.
Accorrono laddove gioca il Messina, il Palermo o il Catania, confortati dal gioco, dai risultati trascurando di seguire gli squadroni blasonati (sempre e comunque creati dai tifosi del Sud), come facevano una volta.
Il Nord diventa allora Sud, in condizione di parità, durante i novanta minuti. Ed è una festa. Almeno nei cori, nei colori, nella voglia di ritrovarsi attorno ad un progetto comune: la serie A.
E il sistema investe tutto in modo da contrastare il predominio sportivo dell’Isola.
Ci prova sul terreno di gioco, ma non ci riesce per il brio, la forza e la convinzione di squadre che giocano consapevoli di avere alle loro spalle il loro tredicesimo uomo: il pubblico, la loro gente.
Riprova allora con i regolamenti che tenta di interpretare a suo piacimento.
Emblematici e incauti tentativi di stravolgere a tavolino i risultati del campo; emblematiche le squalifiche esemplari alle squadre siciliane, sanzioni più tolleranti invece in occasione, ad esempio, di Roma e Lazio “costrette” a rigiocare un derby che aveva sfiorato la rivolta popolare.
Emblematica la decisione di fare scontare a Bari la decisione di un giudice sportivodi squalifica del Celeste, per un sasso lanciato da un tifoso contro l’Atalanta. Ma nonostante tutto migliaia di pulmann, auto, si spostano per fare sentire vibrante l’urlo delle tifoserie: Fozza Messina, Palermo o Catania
Ma pur tra le polemiche, sconfessate poi dai risultati del campo, un dato emerge inconfutabile: La Sicilia sta trovando nello sport il suo riscatto, la rivincita agli stereotipi che hanno fatto la fortuna di antimafia, anti meridionali e politicanti del Nord. Nello sport la Sicilia ha trovato il motivo fondante di uno spirito comune, identitario e orgoglioso delle sue origini e della sua Storia.
E ce lo dimostrano i più passionali dei Siciliani, quelli che vivono all’estero e chesi ritrovano fieri di essere Siciliani e ricoprono ormai le loro automobili con gli stemmi e le coccarde delle squadre del cuore, riscattando così nostalgia e malinconia e, soprattutto, quel male oscuro in un solo inno: FOZZA SICILIA
Eugenio PRETA