Sacco delle coste siciliane

Di sacco in sacco : quello clandestino delle coste siciliane.
La Società Italiana Dragaggi spa – Gruppo DEME e il Governatore Lombardo

Più che un’interrogazione parlamentare sembra un’inchiesta giornalistica. La vicenda è seguita dal parlamentare regionale del Pd, Pino Apprendi. Sua è l’interrogazione rivolta, naturalmente, al Governo Lombardo. E suo è il seguente comunicato: “Annuncio la presentazione di una interrogazione urgente al presidente della Regione, Raffaele Lombardo, e all’assessore regionale al Territorio e Ambiente, Alessandro Aricò, per sapere se è compatibile con i principi e le norme di diritto comunitario, la procedura seguita per l’affidamento di servizi e concessioni di opere pubbliche e contratti pubblici in occasione della presa in esame della proposta SIDRE-DEME.

L’approvazione di questo progetto sconvolgerebbe l’intero sistema costiero siciliano senza garantire i ‘beni comuni’, inoltre si passerebbe alla privatizzazione dell’intera fascia costiera demaniale. Chiedo, pertanto, al presidente della Regione Lombardo di convocare una apposita giunta per bocciare definitivamente tale progetto”.
Ma andiamo a leggere l’inchiesta. Anzi, interrogazione parlamentare di Pino Apprendi. “Premesso che, in data 31 marzo 2011 la SOCIETÀ ITALIANA DRAGAGGI spa – controllata del Gruppo belga DEME – ha incaricato la Waterfront Engineering (gruppo Anthos Consulting Srl) a redigere apposito studio di fattibilità per il “Progetto per la salvaguardia del sistema costiero negli ambiti a rischio R4 delle coste siciliane”. Scopriamo, così, che bravi professionisti studiano le nostre coste. “In data 11 maggio 2011 – si legge sempre nell’atto ispettivo – è stata emanata la legge regionale n. 7 che, all’articolo 11, prevede che la Regione siciliana è autorizzata a programmare, in coerenza con il Piano nazionale per il Sud di cui alla delibera Cipe dell’11 gennaio 2011, n. 1, un Piano straordinario per la conservazione, la messa a reddito e la valorizzazione dei beni culturali, dei beni forestali e del patrimonio costiero di proprietà regionale”. Scopriamo, così, che se i soldi del Piano per il Sud al Sud non sono mai arrivati – non sono arrivati con il Governo Berlusconi e non sono ancora arrivati con il Governo Monti – questo fantomatico Piano per il Sud potrebbe fare da ‘sponda’ a chi vorrebbe ‘chiudre’ certe operazioni lungo le coste siciliane. Ma andiamo avanti.

Fa tutto il Governo. E Sala d’Ercole? Non sa nulla. “In data 12 agosto 2011 -leggiamo sempre nell’interrogazione – il soggetto proponente, Società Italiana Dragaggi-Gruppo DEME, ha presentato alla Regione siciliana lo Studio di fattibilità concernente il ‘Progetto per la salvaguardia del sistema costiero negli ambiti a rischio R4 delle coste siciliane’ da realizzare in project financing e proporre per l’inserimento nella lista delle infrastrutture di cui all’art. 175 del D.Lgs 163/06 e s.m.i”. Adesso comincia ad arrivare il bello: “Lo Studio di fattibilità – si legge sempre nell’interrogazione di Apprendi – riguarda la proposta di una concessione (per 30 anni dal 2012 al 2041!) sul complessivo patrimonio demaniale costiero della Regione siciliana, prevedendo come corrispettivo dei lavori, oltre al diritto di gestire le opere, anche l’erogazione di un prezzo a valere su risorse pubbliche. Il quadro economico degli interventi da realizzare, pari complessivamente a oltre 1,5 miliardi di euro ( 1.546.014.560 al netto dell’ Iva) prevede sinteticamente la costruzione di:

– consolidamenti, rifacimenti e barriere di difesa costiere per circa 700 milioni di euro;
– pontili, ormeggi e realizzazione di approdi per circa 550 milioni di euro;
– porti a secco per circa 20 milioni di euro;
– parcheggi per 6,6 milioni di euro;
– stabilimenti balneari per 5,4 milioni di euro;
– strutture rimovibili per bar-tavola calda per 3,6 milioni di euro;
– strutture rimovibili adibite a commercio per circa 4,5 milioni di euro;
– strutture per servizi portuali (50.000 posti in approdi e 30.000 in posti a secco) per 2,8 milioni di euro;
– opere impiantistiche per oltre 10 milioni di euro e, addirittura!, spese di progettazione per oltre 240 milioni di euro”.

Vi sembrerà incredibile, ma di tutto questo il Governo Siciliano di Lombardo non ha mai riferito nulla in Aula. Per molto meno, alla fine degli anni ‘80, l’allora presidente della Regione siciliana, venne accusato di avere messo su un “Governo parallelo”. In questo caso si parla di una mega-operazione sulle coste siciliane senza che il parlamento dell’Isola abbia mai dibattuto alcunché.

Che sta succedendo di Sicilia? Che tipo di ‘consorterie’ finanziarie ‘governano’ questi processi? “Al fine di tentare di conferire alla proposta un’utilità collettiva – si legge sempre nell’atto ispettivo – si afferma che gli interventi saranno in prima istanza tesi alla salvaguardia dei sistemi costieri, individuati coerentemente alle perimetrazioni del Piano di assetto idrogeologico (Pai), ma anche allo sfruttamento sostenibile delle risorse territoriali disponibili, perseguendo l’incremento economico e produttivo delle attività ad esse connesse”.

Vi diamo le nostre coste. Trattatele bene… “Come è noto – leggiamo sempre nell’interrogazione – il 42 per cento delle spiagge italiane è in forte erosione e la Sicilia, con il 28 per cento circa delle spiagge esposte al rischio, non rappresenta certamente una delle regioni più colpite. Nello Studio di fattibilità si da atto che le principali cause dell’erosione delle coste sono riconducibili, per lo più, ad azioni antropiche dissennate quali la realizzazione di sbarramenti lungo i principali corsi fluviali, l’estrazione di inerti in alveo, la ‘cementificazione’ dei corsi fluviali, che producono una drastica riduzione degli apporti solidi al mare e, quindi, il progressivo arretramento della linea di costa”.

“In contrasto con le premesse -osserva Apprendi – il progetto proposto non incide minimamente su tali cause, perché si tratta di interventi da realizzare in aree non interessanti per le operazioni finanziarie, di valorizzazione fondiaria e speculazione edilizia delle società proponenti. In sostanza, gli interventi previsti dal progetto non sono risolutivi delle stesse cause di dissesto, perché non incidono su di esse, ma intervengono sugli effetti provando, nel migliore dei casi, a tenerli sotto controllo e a mitigarli. Quindi nel caso della tanto enfatizzata difesa costiera si tratterebbe di un intervento tampone di enormi dimensioni e di manutenzioni limitate alla durata della concessione finalizzati a giustificare la valorizzazione della fascia costiera”.

“Nello Studio di fattibilità – si legge ancora nell’interrogazione – si da atto che un’altra causa del dissesto costiero è la realizzazione massiccia di insediamenti turistici che ha prodotto l’alterazione dell’assetto naturale di ampie fasce litorali, creando così le condizioni favorevoli per l’azione erosiva del mare. In contrasto con le premesse dello Studio, l’intervento previsto è addirittura peggiorativo. Infatti, per quanto i progetti di porti o di barriere frangiflutti possano essere realizzati con maggiore attenzione rispetto a quanto non sia avvenuto in passato, producono comunque inevitabili alterazioni dell’equilibrio delle correnti litoranee che quasi sempre innescano processi di erosione costiera. Se è quindi vero quello che gli stessi progettisti dichiarano, l’effetto sarebbe paradossale”.

“Va soprattutto evidenziato – aggiunge Apprendi – che il il Piano dei ricavi contenuto nello Studio di fattibilità prevede:

– oltre 57 milioni da cessione di posti barca, box nautici e parcheggi ad altro partner;
– 38 milioni l’anno da locazioni immobiliari di aree demaniali;
– (581.000 mq), opere su aree demaniali (522.000 mq), stabilimenti balneari (68.000 mq);
– 78 milioni l’anno dalla gestione e locazione di 13.700 posti barca;
– 12 milioni l’anno dalla locazione di 7.000 posti in porto a secco;
– 0,3 milioni l’anno per locazione di 6.000 posti auto;
– 3,5 milioni l’anno da locazione da servizi di accesso wireless a oltre 15.000 posti barca;
– 14,5 milioni l’anno da locazione di spazi pubblicitari;
– 0,6 milioni l’anno da noleggio di 72 strutture bar”.

Insomma, i ragazzi vanno sul ‘pesante’. “Il Piano finanziario – si legge sempre nell’interrogazione – stima, a regime, in 250 milioni di euro l’anno i ricavi ed in oltre 150 milioni di euro l’anno i saldi di cassa. Nella bozza di convenzione per l’affidamento in concessione proposta da SOCIETÀ ITALIANA DRAGAGGI SPA – GRUPPO DEME si legge tra l’altro che:

– La Regione Siciliana rilascerà alla Società concessionaria, senza oneri a carico di quest’ultima, i provvedimenti amministrativi relativi all’occupazione degli spazi e delle aree pubbliche, che si rendano necessari per l’esecuzione e la gestione delle opere;

– la Regione Siciliana si impegna a riconoscere alla Società concessionaria, a fine concessione, la quote di investimento fatte non ammortizzate così come risulta dal libro degli ammortamenti, oltre al riconoscimento di opere non previste dal progetto che si dovessero necessariamente realizzare a causa di eventi non previsti ed imprevedibili da parte del concessionario”.

Spetteranno alla Società concessionaria, per tutta la durata della concessione, i proventi derivanti:

– dalla vendita in concessione di alcune opere realizzate;
– dalla concessione in uso a rotazione nelle ore diurne e notturne di parcheggi;
– dalla gestione delle opere portuali, in particolare la concessione e l’affitto dei posti barca disponibili;
– i proventi derivanti dalla concessione dei locali adibiti ad uso commerciale – direzionale;
– i proventi derivanti dalla gestione diretta o indiretta di altri manufatti all’interno dell’area in concessione”.

Secondo voi potevano mancare i contributi? . No, ragazzi, i contributi sono previsti. A carico degli ignari contribuenti siciliani che, in questi giorni sono chiamati a pagare l’Imu: “Per garantire un congruo equilibrio economico finanziario (molto ‘congruo’ ndr) dell’investimento proposto e approvato – leggiamo sempre nell’interrogazione – nell’ipotesi in cui il totale dei ricavi della gestione annuale del parcheggio, del porto e delle strutture annesse, rispetto a quanto previsto nel Piano Economico Finanziario approvato, la Regione Siciliana dovrà riconoscere alla Società Concessionaria un contributo gestionale per tutta la durata della concessione, annualmente, tale da poter assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento”.

Ecco il ‘Rischiatutto’. Fine dell’operazione? Niente affatto. A questo punto, come a ‘Risciatutto’ il celebre quiz televisivo di Mike Bongiorno, i nostri amici raddoppiano.“In data 7 dicembre 2011 -leggiamo sempre nell’interrogazione – il soggetto proponente, SOCIETÀ ITALIANA DRAGAGGI SPA-GRUPPO DEME, ha presentato alla Regione siciliana un ulteriore documento integrativo concernente l’individuazione di partner operanti nel settore turistico interessati alla proposta progettuale ed una nuova proposta, ampliando a dismisura quella originaria, prevedendo azioni in tre macro aree (difesa costiera, sviluppo turistico, servizi complementari) per un complessivo importo di oltre 3 miliardi di euro (3.166.536.160 senza Iva, il doppio dell’originaria proposta!) cosi’ articolato:

– consolidamenti, rifacimenti e barriere di difesa costiere per circa 700 milioni di euro;
– opere turistiche, ricettive e commerciali per circa 1,5 miliardi di euro;
– pontili, ormeggi e realizzazione di approdi per circa 350 milioni di euro;
– porti a secco per circa 35 milioni di euro;
– parcheggi per 26 milioni di euro;
– stabilimenti balneari per 9,4 milioni di euro;
– strutture rimovibili per bar-tavola calda per 7,2 milioni di euro;
– strutture rimovibili adibite a commercio per oltre 14,5 milioni di euro;
– strutture rimovibili per servizi portuali per oltre 7,6 milioni di euro;
– opere impiantistiche per oltre 35,5 milioni euro;
– ed addirittura spese di progettazione per circa 500 milioni di euro”.

Per 50 anni si prendono tutto!. “In tale nuova proposta – leggiamo sempre nell’interrogazione – si prevede come impegni di parte pubblica, tra gli altri:

1) la durata della concessione elevabile a 50 anni;
2) l’utilizzo delle risorse del Fondo JESSICA per investimento su coste e porti;
3) la permuta di eventuali beni demaniali in disuso da riconvertire;
4) l’ utilizzo di risorse a valere su FEASR/BEI per interventi sul patrimonio forestale e costiero”.

Jessica e nuvole, o com’è bella quest’America… Qualche anno fa ci chiedevamo: ma a cosa servirà questo fondo Jessica? per le imprese siciliane, ci rispondevano. Ora scopriamo che i fondi europei destinati alle imprese siciliane finirebbero, invece, ad imprese non siciliane. Per ‘valorizzare’ le nostre coste…

Ciliegina sulla torta: i contributi… Siamo arrivati, forse, a una dei passaggi che – se veri – renderebbero un grande ‘onore’ agli attuali governanti siciliani: “In tale nuova proposta – leggiamo sempre nell’interrogazione – il soggetto proponente Società Italiana Dragaggi-Gruppo DEME propone e chiede che la Regione Siciliana debba erogare un contributo a fondo perduto del 20 per cento dell’intero investimento e pari a oltre 633 milioni di euro (all’incirca lo stesso importo del costo delle opere di consolidamento e ripascimento della costa quantificato in 698.100.000 euro). In tal modo la Regione sosterrebbe comunque il costo delle opere di difesa costiera, alla cui realizzazione non concorrerebbero di fatto i privati che invece incasserebbero tutti i proventi delle locazioni dei beni demaniali assegnati, così privando il pubblico erario regionale di rilevantissimi introiti”. La cosa è vera? Noi non ci possiamo credere. Ma se fosse vera non possiamo che fare i nostri complimenti vivissimi al Governo regionale dell’Autonomia!

L’aggiramento della Direttiva Bolkestein. “E’ importante tenere presente – prosegue implacabile Apprendi – che in Sicilia la gran parte del patrimonio messo a rischio dall’erosione costiera è costituito da case abusive insanabili o infrastrutture costruite in luoghi non adatti. Se la Regione Sicilia avesse davvero da investire oltre 600 milioni di euro, come richiesto dal progetto, farebbe bene a spenderli per provare ad eliminare le cause dell’erosione o, dove ciò non fosse possibile, per la delocalizzazione dei beni ‘non abusivi’ a rischio”.

“Appare con tutta evidenza – aggiunge il parlamentare regionale del Pd – che un aspetto peculiare del progetto in esame è il sostanziale affidamento ad un unico soggetto (senza oneri) di tutti i litorali siciliani che poi verrebbero dati in concessione a terzi incamerando i relativi canoni di uso o locazione. Al di là della qualificazione nominalistica dell’intervento data dai progettisti, sulla base della consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea lo stesso si configura sostanzialmente come una gigantesca fornitura di servizi dai quali ricavare il capitale impegnato ed un margine di guadagno”.

Apprendi ricorda che, nel gennaio 2009, la Commissione Europea ha trasmesso al Governo italiano un documento di infrazione in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime. Senza vole entrare nel merito tecnico del problema, va detto che, per effetto della “direttiva servizi”, le concessioni sul demanio marittimo non potranno più essere rinnovate automaticamente, non valendo più il diritto di insistenza, ma anzi dovranno essere oggetto di un bando con procedura di evidenza pubblica alla scadenza temporale di ogni concessione.

Il passaggio è importante. “Nello Studio di fattibilità presentato dalla SOCIETÀ ITALIANA DRAGAGGI SPA-Gruppo DEME – si legge nell’interrogazione – si afferma che ‘La proposta progettuale presentata affronta la problematica secondo una innovativa metodologia. Tale soluzione costituirebbe un progetto pilota, esportabile in altre regioni, che qualificherebbe e distinguerebbe la Regione Sicilia nel panorama nazionale ed europeo, quale proposta di assoluta e massimamente integrata metodologia risolutiva del problema generato dai disastri ambientali per effetto dell’erosione costiera’. La Direttiva Bolkestein, recentemente recepita dallo Stato Italiano dopo un lungo contenzioso con l’Unione Europea, vieta tassativamente il formarsi di una situazione di monopolio di dimensioni mai viste sino ad oggi come discendente dalla proposta della SOCIETÀ ITALIANA DRAGAGGI SPA – Gruppo DEME”.

Non a caso il Dipartimento della Programmazione della Regione siciliana, con nota (prot. 19937 dell’11 novembre 2011) ha sollevato una serie di obiezioni ed evidenziato alcune criticità sul merito dei contenuti del Piano e sul piano procedurale.

Alla luce di quanto accertato da Apprendi, la parola passa adesso al presidente Lombardo e all’assessore Aricò. Che, così si spera, dovranno rispondere in Aula a una serie di interrogativi.
Resta l’ammarezza di notare come un progetto che coinvolge la vita di tutti i siciliani debba venire alla luce con atti ispettivi e non essere, invece, oggetto di un dibattito democratico a Sala d’Ercole. Con molta probabilità, la responsabilità non è del presidente Lombardo, ma di certi assessori ‘tecnici’ che non distinguono l’interesse pubblico dagli affari privati, a dir la verità un po’ loschi. Cose che capitano. Diremmo noi.

Virginia di Leo