Terremoti e profezie

Dalla Regione Siciliana partono 24 milioni di euro per i terremotati dell’Emilia, uno strappo importante per le accidentate casse regionali ma prova tangibile di una solidarietà generosa come i siciliani solo sanno fare, senza doppi fini, in linea con la vecchia filosofia del ” chiù dugnu… chiù sugnu ” di Mimmo Morina, ma che rischia di restare pero’ a senso unico, – è la constatzione del cronista – visto i ritardi e le assenze dello Stato, com’é sempre successo quando ci si è aspettati di ricevere, quasi come obbligato ritorno, l’aiuto necessario per far fronte alle emergenze che non sono solo un caso e colpiscono ciclicamente la Terra Impareggiabile.

Ma la società siciliana ha dovuto sempre fare i conti con uno Stato centrale che si è dimostrato tiranno più che fratello, come nel caso del ventottodicembre di messina dove i soldati del nord hanno fatto man bassa dell’oro che avevano trovato scavando nelle macerie per “aiutare” i terremotati, e poi fucilando, quasi fossero sciacalli in cerca di ruberie, quanti reclamavano il maltolto, o come nel caso del terremoto del gennaio del 1968 che ha distrutto la valle del Belice causando 370 morti, oltre 1000 feriti e quei 70mila senzatetto che ancora si aspettano i 150 milioni di aiuti che lo Stato centrale aveva deciso di allocare per l’edilizia pubblica, oltre i 300milioni per quella privata, mai arrivati, o ancora, in epoca più vicina, le inondazioni in Sicilia del versante ionico nel 2009 e di quello tirrenico nel 2010 e 2011, che hanno lasciato interi villaggi sotto il fango e intere famiglie ancora oggi accampate in alberghi e tendopoli senza che lo Stato sia mai riuscito ad avviare una rifondazione dei luoghi, quantomeno paragonabile a quanto aveva fatto con le popolazioni del Friuli o quelle della diga del Vajont.

Poi ci racconteranno anche che là, la gente si è rimboccata le maniche ed ha iniziato a spalare fanghi e detriti senza aspettare nessuno, mentre qua, ci si è seduti sotto gli alberi aspettando, è la metafora dell’Isola, che altri scavassero per noi e ricostruissero pure per noi ma anche che si arricchissero sulle nostre disgrazie.

Noi ricordiamo l’assenza dello Stato persino ai funerali delle vittime: Berlusconi, allora Presidente del Consiglio, in perlustrazione aerea; Napolitano, ancora capo dello Stato, costretto a dare forfait per una distorsione… alla caviglia.

Una volta le calamità naturali erano considerate eventi imponderabili, spesso castighi delle divinità, a volte necessarie fisiologiche trasformazioni di luoghi e di umani, oggi la ragione scientifica ci spiega invece che la natura puo’ prevedersi, che esistono strumenti atti allo scopo e che, solo a inquadrare nella sfera logica le trasformazioni coatte che l’uomo impone alla natura, o le costruzioni che edifica senza criteri e ahimé, in economia, si potrebbero anticipare come conseguenze degli scempi operati, gli eventi drammatici e le catastrofi naturali.

Cosi’ rimane l’uomo responsabile anche dei terremoti e noi, gente distratta che ormai non crede più ai mostri né alle favole, in attesa degli interventi dei resposabili amministrativi e delle autorità locali e per restare in un ambito di credenze e tradizioni popolari, proviamo a riportare in un’aurea di mistero e di leggenda l’accadere degli avvenimenti.

Cosi’, al rivedere le riprese televisive dall’elicottero delle zone terremotate, ci aveva colpito il fatto che tutte le chiese e molta parte dei capannoni industriali del quadrilatero emiliano afflitto dal sisma fossero irrimediabilmente crollati, ridotti a polvere di fronte invece a palazzi ed edifici anche storici che, pur colpiti nella loro struttura portante, erano rimasti in piedi .
Perchè?

Certo a motivo della vetustità delle costruzioni sacre, pero’ gli altri palazzi antichi apparivano indenni, ed allora ritornando indietro con la memoria, ricordiamo che anche all’Aquila le chiese erano state scrollate per intero dalle scosse sismiche, tutte, tutte eccetto Collemaggio, la magica basilica di Celestino V°, il Papa della perdonanza, il Papa che fece” per viltà il gran rifiuto”, a detta del guelfo più famoso di Firenze, il Papa dei Templari, i misteriosi cavalieri cristiani che avevano raggiunto Gerusalemme per divenire custodi del santo Sepolcro, in verità per dedicarsi alla ricerca dei tesori del tempio di Gerusalemme e che all’Aquila decisero di custodire reliquie e poteri e oggetti importanti tramandati in segreto.
Che esista una connessione tra le profezie e i terremoti e tra crolli e macerie?

Secondo noi esiste pero’ una sintomatica correlazione tra terremoti e società, tra calamità e opere pubbliche, tra catastrofi e sacralità. Viviamo un’era di sconvolgimento dei valori, nello smarrimento dei popoli, siano fedeli o semplicemente cittadini, nel fallimento di una classe politica diventata casta di nominati e non servitori della collettività, e ci intriga il fatto che gli edifici simboli principali della nostra comunità, luoghi in cui l’uomo espone i suoi dubbi più intimi come la Chiesa o quelli in cui affida il suo lavoro e il suo avvenire come le fabbriche, siano stati sconvolti sin dalle fondamenta in un sisma che simbolizza in fondo la sconfitta e il crollo della società contemporanea.

Cosi’ il mistero di Collemaggio, il mistero del terremoto infinito dell’Emilia, il mistero delle inondazioni del messinese, possono trovare una sola lettura, al di là del terremoto e delle profezie: la serietà di una classe politica eletta per operare in nome e per conto dei cittadini, cosi’ all’accadere di calamità e catastrofi naturali deve essere forte nello Stato il senso di solidarietà nazionale ma soprattutto l’efficienza di un soccorso urgente e utile.
Insieme alla sensibilità dei governanti che decidano da subito di sospendere ogni pretesa finanziaria sulle popolazioni colpite dalla calamità, azzerino le richeste dello Stato, riportino il ruolo delle Banche dal paradiso della finanza al limbo del credito ad imprese e famiglie e mettano cosi’ in essere una serie di aiuti economici prima alle famiglie, quindi alle imprese in modo da rendere più sopportabile il dolore e meno difficoltosa la ricostruzione.

eugenio preta