VITTORIA (RG): LA CASBAH È SERVITA

Ragusa, 11 Febbraio 2002

Egregio Signor Prefetto,

ci rivolgiamo a Lei…” perché stanchi, in brevissima sintesi, di subire gli altoparlanti degli ambulanti e l’inezia dei Vigili Urbani bravi solo ad ascoltare le lagnanze e promettere interventi che mai saranno fatti.


Cornuti e mazziati, insomma! Come sempre e come da sempre in una Sicilia che si piange addosso ad ogni torto subito, ma non riesce a scrollarsi di dosso quell’immobilismo che ne paralizza la vita.

Così, un gruppo di cittadini di Vittoria arriva a scrivere al Prefetto ed alla stampa per denunciare il clima da casbah che si respira a Vittoria, importante centro agricolo della provincia di Ragusa. Lamenta gli eccessi vocali di chi, fregandosene delle regole (ordinanza del sindaco n. 186), elenca le proprie mercanzie “a volumi degni di una discoteca”.

I Vigili Urbani ascoltano le lagnanze, promettono l’intervento, ma subito si scopre che non possiedono un apparecchio atto a misurare i decibel e la promessa è chiaro che diventa tosto una presa in giro. Per di più sanno anche chi sono questi ambulanti, dove abitano e, secondo le solite fonti bene informate, che sono anche persone da Codice Penale.

Forse è questo che li trattiene dall’intervenire?


Se così fosse, sarebbe il Far West ed il sindaco non certo lo sceriffo, ma il primo complice del degrado. Ma parlare di degrado, a Vittoria, è facile e patetico.

È facile perché basta guardarsi in giro per capire che molte cose non vanno: la maggior parte delle vie cittadine non ha le targhe coi nomi e non sai mai dove ti trovi; i giovani scorrazzano in due sui motorini, senza casco, sotto il naso dei Vigili Urbani e mai nessuno viene fermato e multato; questo, li aiuta a commettere scippi a iosa ed alla vittima capita pure di sentirsi dire, dalla Polizia, che non hanno personale per le volanti (in una città con problemi di ordine pubblico gravissimo!!!); la sera, le arterie della città sono in preda a folli scatenati che corrono con le automobili senza ritegno alcuno per la sicurezza. Si potrebbe continuare ancora, ma la pietà ci impone l’alt.

È patetico perché, anche a volere evidenziare qualche aspetto meno negativo, che pure c’è e fa onore alla moltitudine di gente per bene che, nonostante tutto, ci vive e lavora, scopri che, se devi andare nel pur grazioso Teatro Comunale, ti conviene portarti apprresso lo scaldotto e lo scaldino perché entrano spifferi da ogniddove e ti si gela il sangue ed il cervello durante lo spettacolo.

Vittoria è, dopo tutto, vittima di un destino crudele: possiede una ricchezza immensa che si chiama serricoltura ed un mercato che gira tanti milioni di euro da fare impallidire le realtà produttive del Nord, ma non riesce a coniugare questa ricchezza economica con l’inevitabile degrado sociale dovuto alle molte infiltrazioni malavitose che ne insanguinano, di quando in quando, le cronache e le strade.

L’esacerbata lotta politica, condotta più a livello personale che politico, ha creato come dei piccoli feudi (o pascoli elettorali) in cui ciascuno attinge a piacimento nel momento in cui serve per la campagna elettorale. I politici sembrano parlare in fotocopia: tutti blaterano gli stessi problemi e gli stessi proclami, ma nulla è mai cambiato né, sic stantibus rebus, potrà mai cambiare. Adesso l’attenzione verso i problemi della città è pure passata in secondo piano perché tra un po’ ci saranno le elezioni comunali e l’argomento in auge è se l’attuale sindaco (Ds), vero padrone politico da decenni, si ricandiderà o lascerà.

Non è una questione da poco: il sindaco è al suo secondo mandato e, come tale, non sarebbe più ricandidabile. Ma c’è un ma: qualche maligno sostiene che, durante il governo regionale di centrosinistra retto da Capodicasa, si sarebbe fatto fare una leggina ad hoc per potersi ricandidare una terza volta in quanto subentrato ad un dimissionario.

Sempre la stessa voce maligna, andava sostenendo, in tempi non sospetti, che tale leggina sarebbe saltata fuori nel momento opportuno. Coincidenze? Illazioni? Non sappiamo, ma le cose stanno realmente così e l’attuale sindaco “rischia” di potersi candidare davvero. Ma con quale fortuna? È tutto da vedere perché la sua immagine politica è considerata molto logora e, a parte una logica opposizione degli avversari, quella interna al suo schieramento verso di lui continua a crescere sempre di più.

Le sonore bocciature alle europee, alle politiche con la non candidatura, ed alla provincia con la sua coalizione frantumata su più nomi, fanno male e non basta cullarsi del buon risultato ottenuto nella sua città alle provinciali; in quella circostanta, novembre 2001, a Vittoria votarono appena poco più del 50% degli elettori. Una debacle, piuttosto, per lui e per il suo partito che, ai tempi del Pci, raccoglieva percentuali assai vicine all’80%.

Tra le altre cose si avvicina a grandi passi anche l’estate e, con essa, tutti i poblemi di Vittoria si spostano sulla frazione marittima di Scoglitti, con l’aggravante di vederli amplificati giacché insisteranno su un territorio molto più limitato e più densamente abitato. Anche questo non è certo tema da affrontare a cuor leggero. Scoglitti, forse anche un po’ troppo pomposamente, si era autoproclamata la Rimini del Sud, ma per poterlo essere manca di troppe cose: prima fra tutte, quella quiete che gli ambulanti non vogliono saperne di rispettare. “Vittoria e, in estate, Scoglitti sono sempre più terra di nessuno; anzi, terra di conquista per gli ambulanti che girano per le vie cittadine ululando a squassatimpani. La scorsa estate abbiamo interpellato diversi funzionari comunali e persone comunque vicine all’Amministrazione: tutti ci dicevano che “sì, è illegale”, ma nessuno ha mai mosso un dito.

Ci siamo presi la briga di segnalare la cosa allo sportello del cittadino istituito presso gli uffici dei VV.UU. di Scoglitti, ma, come temavamo, è rimasto tutto nel cassetto delle belle intenzioni. Si ha contezza anche del disagio dei turisti che, proveniendo da altri paesi CIVILI dell’Italia, sulle prime saltano giù dal letto terrorizzati da tanto baccano ed ignari di ogni cosa dovendosi sorbire quel vociare in lingua siciliana.

Una turista emiliana, e di ciò siamo testimoni diretti perché ce l’ha raccontato lei stessa, una mattina di un’estate saltò dal letto temendo si trattasse di un allarme generale per un qualche pericolo che non le riusciva di capire. Successivamente rasserenatasi, pensò che, forse, si trattava di una esercitazione della Protezione Civile avendo visto, per le strade, molte persone con i giubbotti recanti la scritta Protezione Civile. Dalle sue parti, ci confidò quasi con vergogna (ma la vergogna era tutta nostra), queste cose non esistono”.

Ai cittadini, che si sentono offesi, indifesi e abbandonati, non è rimasto che chiedere quindi l’intervento del Prefetto, sebbene alcuni anni addietro, sulla spinta della Legge Mancino, l’allora Prefetto Prestipino Giarritta mandò un’ispezione al Comune di Vittoria ed il partito del sindaco lo attaccò violentemente fino a farlo destituire da quello stesso Mancino che aveva voluto quella legge che il suo funzionario aveva apllicato. “In una città attanagliata da ingenti problemi di ordine pubblico qual è Vittoria, ci sembra assurdo permettere che un’illegalità resti impunita e diventi, a forza di ius consuetudinis, una regola definitiva e tollerata. I cittadini sono disposti a tollerare sempre meno, ma il clima generale di questa illegalità li rende sin troppo cauti fino a predisporsi ad una tolleranza coatta di tale disordine. In altre parole, c’è la paura di denunciare per evitare ritorsioni più o meno gravi. Ma non per questo ci si può e deve imbavagliare: noi ci stiamo cominciando a provare, sebbene auto-proteggendoci dietro l’anonimato (ce Lo perdonerà), e pertanto La inviatmo caldamente a prendere in considerazione il caso perché Vittoria e, d’estate, Scoglitti siano tutelate dalla tentazione da parte di pochi bifolchi che vorrebbero farle diventare dei bordelli, con rispetto parlando”.

Parole che danno la stura dell’esasperazione cui sono arrivati questi cittadini. A chi di dovere spetta il compito di prenderne atto e non cestinare la richiesta.

Giovanni Cappello –

L’Altra Sicilia – Ragusa