Alla ricerca dell’agendina perduta

Mentre come per incanto (politico) improvvisamente spunta un indagato per la sparizione dell’agendina rossa di Borsellino, continuiamo la ricostruzione degli eventi che ruotarono intorno a quel fatidico 23 maggio 1992, ricostruzione cominciata con il post “L’uomo che sconfisse la storia”. E mentre leggete tenete bene a mente una cosa: siamo ancora nei primi anni novanta, niente 9/11, niente Putin, niente petrolio a 100 dollari al barile, niente giocattoli cinesi. E pochissima internet.

Visto sotto la lente della storia l’attentato del 23 maggio 1992 in cui morì Giovanni Falcone può essere considerato come il big bang del nuovo assetto mediterraneo all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica. Una esplosione le cui increspature continuano ancora a propagarsi nel tempo e che non si fermeranno sino a quando il nuovo assetto non troverà un qualche equilibrio. Ma vediamo di districarci tra gli accadimenti che seguirono la morte dell’eroe Siciliano.

Grazie alle indagini del giudice la DC ebbe il tempo di riorganizzare le idee e pur ferita riuscì a salvare il salvabile. Chi fece saltare Falcone per mano dei cosiddetti stragisti? Dietro quella mafia, quali sono i terribili poteri che persino Provenzano paventava al punto da consegnare Riina alle forze dell’ordine? Cosa dirà Ciancimino a Caltanissetta? Intanto Borsellino non appena l’amico morì ebbe un lampo e capì tutto. Ma il lampo lo ebbero anche i mostri sanguinari che capirono a loro volta. Ed allora, chi uccise Borsellino? Gli stessi che premettero il telecomando a Capaci, o il regime involontariamente graziato da Falcone quando si trovava oramai di fronte al plotone d’esecuzione? Questo secondo assassinio fu organizzato in fretta e non tutto funzionò. Numerose furono le tracce lasciate, a partire dalla famosa agendina rossa. La possibilità di scoprire la verità dunque c’è. E gli inquirenti non se la stanno lasciando scappare.

La cosa più difficile rimane quella di mettere nome e cognome a chi controllava la mafia a questo punto. La mafia sin da prima dalle stragi del 1992 (o forse da sempre?) è una “agenzia di servizi sul mercato globale”, secondo una significativa definizione di Terra e Liberazione. Il che vuol dire che in realtà non manovra niente. Non è un attore principale nella scacchiera di potere che stiamo esaminando. Solo un vassallo. Solo un mezzo all’asta per il migliore offerente, tale e quale nel 1946. Solo che ora i tempi sono diversi, e la sua presenza ingombrante oltre che inutile.

Nel gennaio del 1993 Riina viene arrestato, alla fine di una lunga e “presunta” latitanza. A breve seguiranno Brusca e Santapaola, tanto per citarne due tra i più temibili. La mafia allora non è più su quel mercato globale sin dal gennaio 1993, e fu presumibilmente tolta di mezzo per evitare che cadesse (o si gettasse…) nelle mani sbagliate. Qualcuno lo si lasciò ancora libero anche se al guinzaglio corto (leggi Provenzano), nel caso in cui fosse servito un ritorno in azione in un prossimo futuro.

Ma lasciamo i sotterranei e torniamo alla luce del sole. Il 9 maggio 1993 ad Agrigento il Vaticano, con incredibile tempismo, rompe gli indugi ed abbandona a sua volta l’Italia unita al suo gramo destino, chiamando alla riscossa il Popolo Siciliano e sconfessando così quasi 150 anni di storia risorgimentale. Ascoltando oggi la voce di Papa Wojtila (che guarda caso proprio in quel particolare momento storico visita la Sicilia ben 3 volte, tra il 1993 ed il 1995) il lato politico delle sue parole risalta molto più di allora, quando le ferite aperte dalle stragi erano ancora troppo vive nei Siciliani per poter pensare ad altro:

Gli eventi si succedevano serrati in quei fatidici mesi. E dopo l’omicidio di Falcone il più significativo fù sicuramente quello del gennaio 2004: la famosa discesa in campo di Berlusconi. Con la sua azione Berlusconi “dicotomizza” definitivamente la lotta di potere scoccata al crollo del muro di Berlino nella penisola bloccando per la seconda volta le mire delle sinistre italiane, ieri vendute al soldo ideologico sovietico, oggi al soldo falso della Banca Centrale Europea.

Il magnate riesce a cooptare nel suo carrozzone sia l’enigmatica figura di Bossi, sia i fascisti, sia il blocco di voti siciliano della ex DC. In pratica tutte le forze interessate a salvare il potere romano sul meridione d’Italia e sulla Sicilia. Ma Berlusconi non è solo questo. Berlusconi è anche la materializzazione in carne ed ossa di quella che potremmo chiamare la “frattura atlantica”.

L’intervento di Berlusconi, tipico imprenditore italiano (nel senso di quello che si è fatto sì da solo, ma con i soldi degli altri…) lontano quel che basta dal mondo dell’alta finanza da renderlo ad esso inviso, rende esplicite le forze in gioco e le costringe a manifestarsi per quello che sono. All’improvviso tutto l’occidente, che fino ad ora aveva relegato le questioni politiche italiane nello sgabuzzino delle scope, si interessa apertamente a quello che succede a sud delle Alpi.

Berlusconi nel corso degli anni troverà credito politico negli USA (Bush) ed in Russia (Putin), ma viene trattato praticamente a pesci in faccia un po’ ovunque in Europa. Viene inoltre attaccato violentemente da tutta la stampa liberale, in particolar modo quella inglese (Financial Times e soprattutto The Economist). Ed è proprio questo che ci fa capire chi si stava combattendo dietro l’ombra allo scoccare del 1992.

In Italia si ha in genere un’idea del rapporto tra Stati Uniti ed Inghilterra parziale ed antistorica: due compari dediti alla conquista violenta del mondo. L’Atlantico è però percorso da una frattura non solo di natura geologica ma anche politica. Oggi ci si è scordati di Washington, che gettò l’onta della sconfitta sul mantello di Sua Maestà britannica e ci si è scordati di Churchill che dovette cedere l’impero agli yankee (che attesero il più a lungo possibile prima di andare ad aiutare gli inglesi) pur di salvare i banchieri londinesi dall’assalto tedesco.

Ecco quali sono i due schieramenti che si scontrarono nel marzo del 1994 alle elezioni: una “sinistra” europeista ed anti-americana, dietro la quale si nascondono anche i discendenti degli artefici della farsa risorgimentale italiana, contro una “destra” atlantica che crede di lottare per salvare la cosidetta Padania ed il potere democraticocristiano romanocentrico.

Ed invece…. nel marzo 1994 Berlusconi vinceva sì le elezioni, ma mentre ritardava solo temporaneamente l’inevitabile tramonto padano in seno all’Europa, contribuiva a bloccare l’avanzata in Sicilia degli antimafiosi (che infatti lo accusarono subito di mafia – ad oggi non sappiamo se a ragione o no), proteggendo sia il pacchetto di voti della DC, sia gli interessi strategici americani, rimasti intatti nell’isola.

E guarda caso quell’agendina rossa, in volo dal 1992, finalmente è atterrata, aprendosi come d’incanto sulle prossime elezioni, ad aprile. Elezioni che potrebbero determinare la definitiva implosione del sistema politico romano.

Le date sospette:
9 novembre 1989 – Caduta del muro di Berlino
25 dicembre 1991 – Crollo dell’Unione Sovietica
17 febbraio 1992 – Inizia Tangentopoli
23 maggio 1992 – Omicidio di Falcone
19 luglio 1992 – Omicidio Borsellino
15 gennaio 1993 – Arresto di Riina
9 maggio 1993 – Discorso del Papa ad Agrigento
23 gennaio 1994 – Berlusconi scende in campo
27 marzo 1994 – Berlusconi vince le elezioni

Il Consiglio
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