La Giustizia negata

La notizia mi è arrivata ieri come un pugno in piena
faccia dalla Germania, tramite un amico che è sempre
il primo a raccogliere le notizie non appena
pubblicate dall’ANSA in Italia.

Ero stato invitato da Giuseppe Bascietto a presentare
il suo libro su Pio La Torre e il primo impulso è
stato quello di piantare tutto e tornare a casa, con
la sensazione dell’inutilità di continuare a battermi
per ottenere Giustizia a fronte di uno Stato che, come
riportato di recente in un articolo speditomi da un
lettore di questo sito “NON PUO’ PROCESSARE SE
STESSO”
.

Poi ho scelto di restare anche se, scusandomi con
l’autore del libro e con in presenti, non ho potuto
fare a meno, appena mi hanno data la parola, di
comunicare a tutti i presenti la notizia che aveva
appena appreso.

La notizia, cioè, dell’assoluzione in fase di udienza
preliminare, senza neppure passare alla fase
dibattimentale del processo, del Capitano Arcangioli
dall’accusa di avere sottratto dalla macchina del
Giudice Paolo Borsellino ancora in fiamme la borsa di
cuoio contenenente l’ormai famosa Agenda Rossa nella
quale il Magistrato appuntava tutti i suoi incontri e
soprattutto i risultati degli interrogatori che in
quei giorni conduceva con collaboratori di Giustizia
quali Vincenzo Calcara, Gaspare Mutolo e Leonardo
Messina.

Collaboratori che che gli stavano permettendo di
squarciare il velo sulle collusioni tra mafia e
politica, tra mafia e servizi segreti deviati, tra
mafia e pezzi delle Istituzioni, tra mafia e mondo
dell’imprenditoria e degli appalti.

Ho preso lo spunto, nel comunicare la notizia, dal
sottotitolo del libro “La vita del politico e
dell’uomo che sfido’ la mafia” per dire che purtroppo
in questo nostro disgraziato paese non sono mai lo
Stato, la politica o le Istituzioni nel loro complesso
a sfidare la mafia, è sempre una parte delle
Istituzioni o peggio addirittura un singolo uomo o
singoli uomini a condurre questa sfida contro la mafia
o la criminalità organizzata, e questo consente a
queste organizzazioni, grazie alla loro eliminazione,
favorita dall’isolamento a cui quasi sempre vengono
prima sottoposti, di risultare alla fine vincenti in
questa lotta o rimandarla per anni, fino al prossimo
magistrato, poliziotto o giornalista costretto, suo
malgrado, a diventare un eroe a causa proprio della
solitudine in cui conducono la loro lotta.

A fronte del sacrificio di questi uomini lo Stato è
quasi costretto per qualche tempo e sulla spinta
dell’indignazione dell’opinione pubblica, che ha
bisogno di sangue e morti per svegliarsi dalla propria
cronica indifferenza, ad approvare leggi restrittive e
di contrasto alle associazioni mafiose, come la
confisca dei beni mafiosi e dello stesso reato di
associazione mafiosa dopo l’assassinio di Pio La Torre
o come il 41 bis e la legislazione sui collaboratori
di Giustizia dopo le stragi di Capaci e di Via
D’Amelio.

Poi a poco a poco e sulla spinta degli uomini e delle
vere e proprie lobbies mafiose infiltrate nello Stato
e nello stesso Parlamento si torna indietro, sino al
prossimo “eroe” ed alla prossima strage.

Giorni fa ero stato convocato alla Procura di
Caltanissetta dal Pubblico Ministero Rocco Liguori per
essere sentito quale persona informata dei fatti
proprio in vista dell’apertura di questo nuovo
procedimento dopo che per ben tre volte la Procura
aveva richiesto l’archiviazione dell’inchiesta nel
quale Arcangioli era imputato per false dichiarazioni.

Il Gip Ottavio Sferlazza aveva però per altrettante
volte respinto l’archiviazione ed alla fine richiesto
l’incriminazione di Arcangioli perchè la sparizione
dell’agenda risultava, addirittura anche da prove
fotografiche, ascrivibile all’ufficiale, aggravandone
anche l’accusa con quella di favoreggiamento
dell’associazione mafiosa.

L’impatto con il Palazzo di Giustizia di Caltanissetta
non era stato dei migliori, all’arrivo, non
conoscendone l’ubicazione avevo chiesto a dei passanti
dove si trovasse. Mi era stato risposto da due persone
diverse con due frasi premonitrici: uno mi aveva detto
che avrebbe semmai potuto indicarmi il Palazzo
dell’Ingiustizia, l’altro mi aveva risposto, in
dialetto: “U palazzu ‘i Giustizia sta dda darreri, a
Giustizia u ‘nna circassi ddocu, sta a n’autra banna,
un sacciu mancu runni” (Il palazzo di Giustizia sta la
dietro, la Giustizia non la cerchi li, sta da un’altra
parte, non so neanche dove).

Il Palazzo di Giustizia, alle quattro era deserto, mi
sono aggirato in un’atmosfera Kafkiana per trovare
qualcuno, mentre riflettevo sul fatto che mio fratello
usava alzarsi, per il suo lavoro, alle 5 del mattino
(anche se, scherzando come era suo solito, diceva che
lo faceva “per fottere il mondo con due ore di
anticipo”) e che io, anche se per un altro tipo di
lavoro, e non solo per lavoro, passo dalle 14 alle 18
ore al giorno davanti al computer.

Al PM ho portato delle carte, avute da uno dei
collaboratori di giustizia con i quali Paolo era in
contatto nel periodo immediatamente precedente il suo
assassinio, che comprovavano il fatto che Paolo usasse
riportare il risultati dei suoi colloqui nella sua
Agenda Rossa sparita: “La prima domanda del Dr.
………… è questa: ‘Secondo Lei chi può essere
stato a fornire notizie così riservate che sapeva
soltanto il Dr. Borsellino? Come è possibile che un
‘giornale serio’ come il Corriere della Sera ha la
certezza che lei è al corrente di certi MISTERI
peraltro abbondantemente riscontrati? E che solo il
Dr. Borsellino e pochissime persone
sapevano?…….’.”

“Prima di rispondergli guardo il Dr. Borsellino per
vedere almeno la Sua espressione, ma Lui subito mi
dice: ‘Continua da dove eravamo rimasti l’altra volta,
anzi per essere più precisi ti dico io dove eravamo
rimasti’. “
“Prende la sua borsa di cuoio (mi sembra marrone) ed
estrae la solita Agenda Rossa dove di solito si
appuntava le cose più importanti che gli dicevo. Apre
l’Agenda, sfoglia alcune pagine (non posso fare a meno
di notare che le pagine erano piene della sua
scrittura) e mi dice: ‘Ecco qua cosa mi hai detto
l’ultima volta: ‘Tramite il Lucchese sono venuto a
conoscenza che all’interno dei Servizi Segrati deviati
e all’insaputa del Triumvirato con a Capo l’On …….
si era formata una corrente di uomini che osteggiamo
totalmente sia l’On. …… che il suo braccio destro.
Questi uomini erano fidatissimi (non a …… e
neanche al suo braccio destro ma erano fidatissimi al
TERZO RAPPRESENTANTE del TRIUMVIRATO che voleva prendere il posto dell’On. …… e sostituire con un altro uomo di fiducia il braccio destro di ……. .
Ricordo anche che il Lucchese mi disse che questo
rappresentante del TRIUMVIRATO era SICILIANO.'”

“Dopo che il Dr. Borsellino ebbe finito di leggere ciò
che gli avevo detto mi dice ……”
E ancora : “Queste cose le sapeva soltanto il
Dr.Borsellino che indagava in segreto. Addirittura li
riteneva così importanti e pericolosi al punto di
ritenere di non metterne neanche a conoscenza sia il
Dr. …… che il Dr. ….. per la loro incolumità. Il
Dr. Borsellino mi dice: Oltre a me a chi hai parlato
del ……. Rispondo a NESSUNO! Come Lei sa, al
Maresciallo …… oltre ad avergli accennato dei
…… gli ho anche accennato il fatto del ……….

“Il Dr. Borsellino ha fatto una smorfia di rabbia e
con occhi scintillanti mi dice: questi sono segnali
che non mi piacciono! Mi dice anche: Speriamo che non
rubino il cadavere che hai seppellito. Adesso mi
attivo perchè tu possa essere portato nel luogo dove
si trova il cadavere. Di li a poco il Dr.Borsellino
viene ucciso!”
E ancora : “Al Notaio ……, in qualità di Notaio,
gli venivano affidati ingenti beni immobili sia della
Chiesa come da potenti uomini delle istituzioni. Il
Dr. Borsellino l’ha saputo riscontrare! Questi
riscontri li ha scritti nella sua AGENDA ROSSA”.

Questo e tanto altro è quanto è stato fatto sparire
insieme all’Agenda rossa di Paolo e adesso che c’era
finalmente, dopo ben sedici anni, l’occasione di avere
un processo, che fosse mandata avanti in fase
dibattimentale una inchiesta fondamentale per arrivare
alla verità, tutto viene fermato.

Lo stesso PM che in precedenza voleva chiudere
l’inchiesta aveva al contrario sollecitato il rinvio a
Giudizio di Arcangioli ma un altro Giudice si è
accontentato di generiche dichiarazioni dello stesso
Arcangioli che per l’ennesima volta ha fornito
versioni discordanti con le precedenti attribuendo
allo choc di avere visto poco prima il corpo straziato
di Paolo i suo ripetuti cambi di versione e le sue
amnesie.

Giustificazioni contestabili già da una semplice
osservazione del video nel quale si vede Arcangioli,
per nulla in stato di choc, allontanarsi
tranquillamente con la borsa contenente l’agenda in
mano e con l’atteggiamento tranquillo di chi non vuole
dare nell’occhio per potere portare a termine il suo
incarico.

Evidentemente Mancino ha fatto scuola, le amnesie
bastano per non mandare avanti indagini tese ad
arrivare la verità e per non istituire quella
Commissione Parlamentare di Inchiesta che potrebbe,
forse e se non finisse come tante altre che la hanno
preceduta, togliere il velo su questa ennesima strage
di Stato. Ma forse ha ragione quel lettore di questo
sito “LO STATO NON PUO’ PROCESSARE SE STESSO”.

Forse questo giudice così solerte nell’affossare,
addirittura in fase di udienza preliminare, questa
inchiesta negando un processo che costituiva un
sacrosanto diritto di tutti i cittadini italiani, ha
imparato la lezione impartita dalla politica e dal
ventre molle della magistratura con i casi De
Magistris e Forleo, meglio stare zitti e aspettare gli
avanzamenti automatici di carriera piuttosto che la
cercare la verità.
Mia sorella Rita dice di essere turbata da questa
sentenza ma di volerne aspettare le motivazioni.

Io, nonostante speri ancora che una Procura nella
quale finalmente si insiederà un Procuratore Capo
della quale è stata per troppo tempo tenuta priva,
proponga un indispensabile appello alla Cassazione
contro di essa, non credo che neanche chiedendo aiuto
al giudice Carnevale possa essere messa in piedi una
plausibile motivazione di una sentenza che non esito
quindi, fin da ora, a definire INDEGNA del concetto
stesso di GIUSTIZIA.

Fido nel fatto che lo stesso procuratore reggente di
Caltanissetta Renato Di Natale abbia dichiarato : “E’
stata una decisione inaspettata soprattutto dopo
l’imputazione coatta che era stata disposta dal gip”.

Salvatore Borsellino

pubblicata sul sito www.19luglio1992.com