BADDISTI E CULUNNISTI

Bruxelles, 10 Settembre 1999

Le epidemie sono state il viatico che i nostri
progenitori hanno pagato al progresso, insieme a
quello sradicamento che tanti di loro avevano
implicitamente accettato con la loro partenza, la loro
emigrazione, come tributo alle conquiste che il mondo
imponeva.


Oggi che la società post-industriale ha messo
praticamente fuori gioco le emigrazioni, ma anche i
valori tradizionali fondanti, sono rimasti – purtroppo
– quegli stati patologici che, debellati dalla
medicina moderna nella loro forma contagiosa, in
quella psicosomatica si sono talmente invischiati al
costume fino a diventarne parte integrante.
E questo assunto, contestabilissimo forse in Veneto,
in Friuli o in Lombardia, in Sicilia diventa attuale e
incontrovertibile.

Se la società contemporanea ha dimostrato di aver
saputo debellare le epidemie, la Sicilia dimostra di
non saper ancora vincere quella malattia che si chiama
improvvisazione, lasciare andare, pressapochismo, o
peggio, prevaricazione.

Malattia siciliana – ma non solo – che colpisce
quanti ricoprono pubblici incarichi e soprattutto i
politici. Uffici e funzionari che si palleggiano le
responsabilità, politici che hanno perso ormai il
contatto con il territorio e con la gente, la
corruzione impera, vige ancora il
«lei-non-sa-chi-sono-io».

Tutti propugnano un nuovo che, dopo gli squallori del
passato, non riesce ancora ad imporsi, anzi si
dimostra ancora più subdolo e trinaricciuto del
vecchio, tanto odiato e contestato.
La politica cerca ancora le vie di un rinnovamento,
ma si avvinghia come un serpente alle spire del potere
rendendo vano, fino a che non avrà ritrovato un
afflato morale, il tentativo di cambiare.

Emblematico il caso del presidente dell’ARS che ha
parlato di una scena politica popolata da nani,
sintomatico il fatto che nessuno abbia osato
controbattere.

Classico di prevaricazione e abuso di potere quello
del sindaco di Librizzi che impone ai suoi
amministrati una discarica in mezzo agli agrumeti,
senza peraltro consultare i diretti interessati, i
cittadini, implicandoli nella scelta del sito da
condannare ai bisogni ormai improcastinabili della
società dei consumi.

Abbiamo più volte confutato le critiche che ci hanno
accusato di spingere al parossismo la nostra
sicilianità ma, onestamente, come rimanere in silenzio
di fronte agli scempi, non soltanto quelli estetici o
paesaggistici (tanti), ma anche a quelli etici che
deve subire la nostra Isola ?

Verso la fine dell’800 le province siciliane erano
state colpite da una gravissima epidemia di colera che
non si riusciva a debellare, tanto che si era diffusa
la convinzione che ci fosse qualcuno che avesse
introdotto il batterio nell’Isola, a bella posta.

Si
sviluppò quindi una duplice teoria: quella cosidetta
dei «baddisti», secondo cui il contagio veniva
propagato da una sorta di untori prezzolati dal
governo che distri-buiva polpette avvelenate per
risolvere I problemi demografici, e quella dei
«culunnisti», più buonista, secondo cui, il contagio
era dovuto al trasporto del virus da parte dei venti,
precisamente dallo scirocco.

La società siciliana oggi vive come un’epidemia di
colera la mancanza di una classe politica che si fondi
su salde basi morali – si pensi ad esempio allo
squallido quadro che ci offre il governo della
Regione, che apre e chiude le maggioranze pur di
restare al potere e si perde nella ricerca dei ”
baddisti” o dei ” culunnisti “, senza rendersi conto
del bisogno di una classe dirigente che metta
finalmente alla porta untori e mafiosi, che faccia
propri comportamenti trasparenti e decisioni prese
nell’interesse della gente;


una classe politica che
finalmente dimostri di non essere attaccata al potere
ma di perseguire il bene collettivo;

una classe
politica che smetta gli inciuci finalizzati a
conservare poltrone e prebende

una classe politica
che si opponga allo scempio ambientale della nostra
bella terra, all prevaricazione dei sindaci che
tradiscono chi li ha votati;

una classe politica che
renda obbligatorie pratiche di ordinaria
amministrazione come ad esempio l’apertura dei musei
in periodo estivo (la vergogna siciliana di
ferragosto) e ne consenta la fruizione a quelle
migliaia di turisti che visitano la nostra Isola,
oltre che per il mare ed il sole, soprattutto per il
suo patrimonio architettonico e culturale purtroppo
lasciato all’abbandono;

una classe politica che si
faccia valere e impedisca la privatizzazione del Banco
di Sicilia a vantaggio del nordista Mediocredito;

una
classe politica che combatta i tentacoli mafiosi
dimostrando che mafia non può avere, come accade oggi,
ci duole dirlo, matrice politica.

Neanche noi vorremmo perciò essere considerati
” baddisti ” nè ” culunnisti”: vorremmo soltanto che
il colera della società siciliana possa venire
debellato con il concorso di tutti i siciliani,
soprattutto quanti hanno responsabilità istituzionali.

Il titolo di questo editoriale, mutuato da una
commmedia di Nino Martoglio, vuole essere quindi un
richiamo ai Siciliani di buona volontà (e morale)
affinchè si impegnino per far sì che i politici, a cui
hanno delegato il loro avvenire e quello della
Sicilia, si dotino finalmente di un’etica che oggi,
dalla Sicilia, è preoccupantemente lontana e
colpevolmente assente.

Eugenio Preta