Nuovo rettore a Palermo

A luglio prossimo si voterà a Palermo per il nuovo rettore della più grande università siciliana. Votano gli ordinari, gli associati e una delegazione di ricercatori e personale tecnico-amministrativo. Ci sono già 3 o 4 candidature…

Si dirà “beghe” interne all’Università…Che importa a noi cittadini comuni? Si scelgano i professori il rettore che vogliono meglio… Ebbene, non è così.
L’Università è una delle poche istituzioni siciliane ancora in vita che i poteri forti italiani non abbiano distrutto.


Non abbiamo più né banche, né imprese di grande distribuzione, né assicurazioni, né centri di ricerca, né imprese elettriche, né di altra fonte di energia, né TV nazionali,…e potremmo continuare.

Tutti i centri decisionali e tutte le fonti di creazione del valore siciliane sono sistematicamente distrutte dalle “politiche di settore” italiane. La Sicilia si può, al massimo, ritagliare qualche nicchia di sopravvivenza nel settore primario (agricoltura, turismo, al massimo settore agro-alimentare), per il resto non deve produrre niente, deve importare tutto dall’italia: prodotti finiti, intermediazione commerciale, servizi di ogni tipo, etc.

Non deve realizzare investimenti ma solo produrre risparmi da investire altrove e così via.
Dietro la disoccupazione strutturale dei tanti Siciliani non c’è che questo: un’economia coloniale.
Resistono ancora tre istituzioni: la Regione, i “giornali”, le “università”.

La Regione, che doveva essere la paladina dei diritti dei Siciliani, è stata la complice principale del saccheggio. Parliamo almeno del passato. Sul presente a breve daremo un commento con un nostro editoriale ché l’attuale congiuntura lo merita.

La stampa è stata piegata ai poteri forti e ridotta, in genere, a cronaca di basso livello. C’è pure in atto il tentativo di colonizzare ciò che resta dell’informazione siciliana con edizioni locali di giornali nazionali pagate per sputare veleno ogni giorno sulla Sicilia e sulle sue istituzioni.

Restano le università, ma anche queste sono sotto attacco. Sono in atto chiarissimi tentativi di declassamento di tutte le università siciliane ed è in atto una “deportazione”, silenziosa e di massa, dei nostri studenti verso gli atenei della Penisola. Poi c’è anche l’esperimento di aprire in Sicilia “succursali” di università private italiane che “vendono” lauree a buon prezzo sfruttando i professori siciliani che, in secondo lavoro, aiutano la concorrenza. Prima ci rubavano soltanto i cervelli dei nostri migliori laureati, adesso ce li derubano già da quando sono studenti universitari. L’abbraccio con l’Italia si rivela ancora una volta mortale: in Sicilia un altro po’ non cresce neanche l’erba. Risultato: in Sicilia al massimo si fa formazione, e magari per lo più di base o scadente, mentre l’alta formazione e la ricerca si fanno “altrove”, perché dalla ricerca viene il libero pensiero. E la Sicilia di libero non deve avere nulla, ma proprio nulla!
Questa è la vera posta in gioco, non facciamoci ingannare.

Se i professori palermitani avessero coscienza del loro ruolo, non chiederebbero aiuti partigiani e corporativi a questo o quel Dipartimento o Facoltà. Certo, c’è bisogno di una politica di sviluppo delle varie aree dell’Università che tenga conto delle tradizioni di ricerca, della domanda sociale e delle potenzialità di crescita…Ma gli interessi corporativi dovrebbero essere messi da parte perché è la loro stessa esistenza e legittimazione come professori ad essere oggi messa in pericolo.

Certo, ci vorrebbe un candidato rettore che dicesse chiaramente che favorirà coloro che si impegnano a tempo pieno, i veri studiosi e non i faccendieri che “occupano” cattedre universitarie per fare meglio affari fuori, magari poi facendo andare in rovina le stesse cattedre. Certo, ci vorrebbe un rettore che la smettesse con le odiose svendite di personale, attraverso le convenzioni con la coloniale e clericale LUMSA, direttamente venuta da Roma, e che facesse sistema con le altre università siciliane, magari invitando la neonata Kore di Enna (creatura palermitana, in gran parte) a mettersi in riga e specializzarsi su alcuni settori, anziché diventare l’università di serie B dove piazzare ricercatori scarsi e dove fare laureare i bocciati di tutta la Sicilia…

Ma la cosa più importante è chiarire qual è la politica per il rilancio della nostra università. Non ha senso dire, strizzando l’occhio, “sono amico di Angelino A…” quasi che a noi servissero le elemosine di Roma…

Noi, come Regione, abbiamo competenza quasi esclusiva sull’Università. Si faccia passare Lombardo risorse e competenze relative e i nostri soldi ce li amministriamo da noi…

Puntiamo i piedi a Roma, chiunque governi, per prenderci quanto ci spetta del FFO (fondo di finanziamento ordinario) ma chiediamo, anzi pretendiamo, dal nuovo Presidente, che si vuole autonomista, una politica universitaria totalmente autonoma, con il passaggio di ogni funzione amministrativa a Palermo dall’attuale MIUR di Roma, e con l’impostazione di una coraggiosa legislazione di vantaggio che rilanci la ricerca e l’alta didattica made in Sicily. Solo investendo in conoscenza la Sicilia avrà futuro, premiando le professionalità, non brucando nell’oscuro sottogoverno dei finanziamenti pubblici…
Vorremmo perciò che le proposte dei candidati uscissero dal chiuso dei corridoi universitari e venissero rese note ai cittadini siciliani.

Vorremmo che ci indichino come intendono rilanciare l’università siciliana, ultima istituzione ancora non espugnata, e come intendano partire da questa per ricostruire le altre…
Altrimenti il voto dato a loro è solo tempo perso…

Antudo


Ufficio stampa – L’ALTRA SICILIA