ESCLUSIVO. Il presidente dell’A.I.A.S. Giuseppe Richichi intervistato da ”L’ALT

Ragusa, 27 Marzo 2001

A pochi mesi dalla serrata degli autotrasportatori siciliani, incombe sull’Isola la minaccia di una nuova agitazione. Davanti allo spettro di nuovi disagi, i politici, in cerca di facili consensi per le imminenti elezioni, promettono senza mantenere. Così, ai cittadini che si sentono vessati, non resta che ricorrere all’arma più abusata: lo sciopero.


D.- Signor Richichi, ci vuole fare un excursus sulla situazione partendo dalla protesta che avete fatto nei mesi scorsi?

R.- La situazione creatasi dopo la vertenza promossa dall’A.I.A.S. nel settembre-ottobre 2000, merita un’approfondita e minuziosa riflessione. Bisogna fare un passo indietro ed analizzare punto per punto tutto quello che è stato promosso dalle cosiddette “associazioni nazionali tradizionali” che hanno agito a nome e per conto degli autotrasportatori al fine di tutelare la loro dignità e i loro interessi. Il 17 maggio, per il mancato rispetto dei precedenti impegni da parte del governo, le associazioni del Cuna e dell’Uti proclamano il fermo del servizio dei trasportatori (le principali richieste delle associazioni erano basate sulla riduzione delle accise del gasolio e l’abbattimento del costo del lavoro) poi attuato dal 19 al 21 giugno. Successive assemblee, svolte in Sicilia, hanno sottolineato tutte le difficoltà dei trasportatori siciliani avvertendo, soprattutto, che ormai si era giunti ad una situazione esplosiva invitando il signor Elio Cavalli a rivendicare, presso il ministro dei Trasporti, le nostre difficoltà. A tal fine, io e il signor Cavalli incontriamo il sottosegretario ai Trasporti on. Angelini.
Da questo incontro emergono diverse posizioni.
Dopo una ricostruzione, che evidenzia la drammaticità del settore trasporti nell’intera isola, definisco me stesso e i miei colleghi come tutti “figli di un Dio minore”, in considerazione del fatto che le istituzioni, per anni, sono state sorde alle problematiche del ramo, e che i sindacati non hanno tutelato gli interessi della categoria (facendo, al contrario, molto elegantemente, passerelle e interessi di grandi gruppi industriali). Come risposta, il signor Cavalli si dissocia dalle istanze avanzate e dalla possibilità di attuare uno sciopero generale in Sicilia. Che cosa avviene, in particolare. Al pacchetto di richieste, avanzate al governo per instaurare un programma concreto e fattivo finalizzato ad eliminare i problemi sottolineati e le diverse emergenze proclamate, Cavalli fa retromarcia ed il sottosegretario ai Trasporti, di contro, manifesta una completa chiusura e menefreghismo per l’intero comparto siciliano, sostenendo, anzi, che sarebbero già pronti grossi colossi a sostituirci. Una minaccia in piena regola, insomma. Questa è stata la scintilla grazie alla quale il padroncino ha preso coscienza dello spessore professionale dei rappresentanti sindacali e degli organi governativi. Oggi siamo convinti più di prima che occorre far sentire le vere esigenze, la vera voce del trasportatore, il quale non ha più bisogno né di false promesse né di funzionari in cravatta che si vendono al primo acquirente, ma di fatti concreti e risolutivi. Così, dopo vari mesi di duro lavoro con il metodo del “porta a porta”, si sono svolte svariate riunioni in tutta l’isola e oltre lo stretto, dove le adesioni dei colleghi erano sempre più numerose. In questo modo, sottovalutati e lasciati in anticamere interminabili, si è arrivati allo sciopero del mese di settembre.

D.- Vuole gentilmente ricordarci quali promesse vi sono state fatte e da chi?

R.- Le promesse che si sono tramutate in riconoscimento da parte della Regione sono: lo stato di crisi del settore del settore, il mestiere usurante, aiuti per 40 miliardi per ogni anno, per la durata di cinque anni, ripartiti in 12 miliardi per l’abbattimento dei costi autostradali regionali e di attraversamento dello stretto, e 28 miliardi per l’abbattimento dei costi imputati per l’intermodalità e per l’uso di navi veloci. Inoltre, l’inserimento nella Finanziaria nazionale di 100 miliardi per il rinnovo parco veicolante, logistica e autoporti.

D.- Dopo le promesse, quali fatti sono seguiti?


R.- Questi fatti si sono concretizzati dopo la proclamazione, nel mese di novembre, dello sciopero e della marcia su Roma. Ora siete di nuove sul piede di guerra. Intendete spostare la protesta e i disagi a Roma come avevate promesso l’altra volta? Se per fare rispettare gli accordi e l’applicazione delle tariffe legali (che i commercianti e gli industriali non recepiscono) occorrerà fermarsi nuovamente, siamo pronti a scioperare in Sicilia e, contestualmente, manifesteremo a passo di lumaca anche a Roma.

D.- Perché le vostre richieste sono state disattese?


R.- Perché da anni si è formata una lobby costituita da politici, industriali, commercianti, associazioni tradizionali e massoneria. Gli italiani devono sapere che, per lo Stato, gli imprenditori che hanno alle loro dipendenze fino ad un massimo di 250 persone sono uguagliati, per diritti e doveri, ad un piccolo imprenditore che, magari, non ha nessun dipendente ed è un’azienda monoveicolare. I cittadini, che inizialmente avevano sposato la vostra causa, dopo i disagi sopraggiunti per la mancanza di carburante e di generi alimentari e farmaceutici, vi si sono rivoltati contro.

D.- Chi ha esagerato, voi o loro?


R.- Un’informazione pilotata ed espressamente voluta dai poteri forti è stata divulgata al fine di smontare la causa di aggregazione e di protesta. In verità, i cittadini hanno capito i problemi dell’intero comparto, hanno capito da chi e come siamo rappresentati ed hanno soprattutto realizzato che la Sicilia, in genere, serve solo come unico grande serbatoio di voti. Oggi, in Italia qualsiasi associazione apartitica, fuori da ogni logica statalizzata, nata dall’aggregazione di imprenditori o di lavoratori in genere, rappresenta un interlocutore scomodo, non pilotabile o corruttibile, perché mira solo a fare rispettare i propri diritti.

D.- Come giudica tutti quei politici che, all’inizio, erano stati solidali con voi e poi, vedendo il malcontento del popolo, vi hanno girato le spalle?


R. – Ovviamente, per avanzare delle richieste dovevamo interloquire con dei politici, i quali, all’inizio, hanno fortemente sottovalutato la forza unitaria dell’A.I.A.S. ricorrendo a giochetti inutili, come denunce nei miei confronti, cercando di provocare spaccature interne, screditandoci, ecc. Tutti modi, questi, per far finire la nostra protesta in una grande bolla di sapone. Ma, solo dopo alcuni giorni, sono ritornati sui loro passi prendendo atto di quello che stava succedendo.

D.- Che speranze ci sono, per la vostra categoria, con le nuove elezioni nazionali e regionali?


R.- La nostra categoria è composta da gente che lavora di giorno e di notte per garantire la piena funzionalità di tutto il sistema economico italiano. Chi si è convinto di poter dettare condizioni per il comparto, relegando il settore in un angolo negandogli il diritto di rappresentanza e di parola, è caduto nell’errore più grande.

D.- Avete degli interlocutori politici privilegiati?


R.- No Secondo Lei, è giusto che i cittadini debbano ricorrere a questi mezzi per vedersi riconosciuti i propri diritti? No, certamente che non è giusto; ma è rappresentativo della grande ipocrisia di questa politica immersa in una burocratica follia.

D.- Per concludere: cosa vorrebbe dire ai politici nazionali e regionali per mettere fine alla vostra protesta?


R.- Che al trasporto venga riconosciuto il ruolo che occupa. È risaputo benissimo che il motore di quest’Isola, e dell’intera nazione, è il trasporto su gomma (che costituisce il 90% del trasporto nazionale), ma non per il volere del trasportatore, il quale la sera vorrebbe dormire con la sua famiglia, ma perché nell’arco degli anni lo Stato ha investito male i soldi dei contribuenti. Una volta raggiunte le nostre richieste, l’A.I.A.S. non si fermerà, ma andrò avanti finché ci saranno piccole imprese da tutelare.

Fin qui Richichi. Il piatto sembra davvero ricco e i problemi molti. Sarebbe bene, per tutta la comunità, che i politici cominciassero a fare l’interesse del popolo e non unicamente quello personale. Giriamo a loro le parole di Richichi, avvertendoli che sappiamo bene con chi prendercela, domani, se gli autotrasportatori decidessero di bloccare di nuovo la circolazione delle merci. E se promesse (elettorali) intendono fare, che siano almeno quelle con un alto potenziale di fattibilità.

Giovanni Cappello –

L’Altra Sicilia – Ragusa