Chiàcchiari e tabacchieri di ligna…

‘U Munti ‘un li mpigna, dice un antico proverbio Siciliano.

E’ una brutta pagina quella della fiducia accordata dagli autonomisti a Berlusconi sulla base di una semplice promessa, per quanto solenne. Volendola anche mettere tra parentesi, resta una ferita difficilmente sanabile.

Parliamoci chiaro, l’unica cosa che consentirebbe ai Siciliani di perdonare al loro Presidente tanta “alleanza”, fatta anche e soprattutto di accettazione di incredibili assoggettamenti dell’agenda politica italiana alle esigenze personalissime del cavaliere, è che alla fine “porti a casa” qualcosa di concreto per la Sicilia.

La politica è realismo e se si ottiene qualcosa che ci è negato da 60 anni si può anche accettare qualche compromesso.Ma se questo sostegno è fondato su vuote parole, no, questo sarebbe puro trasformismo senz’anima.

Poteva pretendere un emendamento in corsa prima della fiducia, poteva comunque (di fronte alla “promessa”) astenersi, no! il gruppo MPA ha votato compatto la fiducia.

Realpolitik? Va bene, ma allora domani mattina pretenda il ristoro dei fondi sottratti a Calabria e Sicilia. Se così non sarà ci si metterà tutti su una brutta piega.

Chi rappresenta oggi la Sicilia a Montecitorio? Non crediamo a PD e UDC che votano contro: lo fanno perché sono all’opposizione, se ci fosse il “loro” governo sarebbero yesmen peggio di quelli del PDL. Non sono quindi credibili.

Pretenda dunque il Presidente in cambio l’applicazione immediata del “nostro” federalismo fiscale.

E non si appelli più alla Corte Costituzionale per difenderlo. Ne abbiamo spulciato un po’ la giurisprudenza e abbiamo scoperto che l’Alta Corte è caduta proprio sul federalismo fiscale (guarda un po’).

La Corte Costituzionale sosteneva che la Sicilia può “deliberare l’istituzione” di nuovi tributi (perché così recita letteralmente il nostro art. 36) ma ….”non può farlo per legge” perché la materia tributaria non è espressamente indicata nell’art.14. E come li istituirebbe questi tributi se non per legge? Semplice, non li istituisce e basta, in barba all’art. 36!!! Ma Alessi voleva andare in fondo. Il Governo, che non può ricorrere perché tale compito sarebbe spettato al solo commissario dello stato, ricorre quindi alla Corte Costituzionale, fregandosene dell’Alta Corte. La Regione oppone la non competenza di quest’ultima, la Corte si autoattribuisce la competenza e, con l’occasione, “castra” l’autonomia tributaria in modo inverecondo come da sentenza sopra compendiata. Lì muore, con un vero colpo di stato nel 1957, ogni autonomia sostanziale della Sicilia e nel silenzio più assoluto.

Ora, andando più avanti, la stessa corte ha stabilito che la Sicilia si deve progressivamente accollare il 100 % (!)della propria spesa sanitaria in applicazione della riforma del Titolo V (e il fondo perequativo per i diritti di cittadinanza dell’art.119? Boh!) “anche se…” nel frattempo le pattuite compartecipazioni della Sicilia alle imposte di consumo sugli idrocarburi non le sono state date e “anche se…” i redditi prodotti in Sicilia continuano a essere tassati altrove in barba al nostro art. 37 e successivi decreti attuativi. A chi osa parlare gli diciamo che è un “meridionalista piagnone”.

Quindi, riepilogando, il federalismo fiscale che si prospetta è questo: le risorse degli altri non le possiamo giustamente spendere, ma neanche le nostre e una parte delle nostre risorse vanno a finanziare le regioni già più ricche.

A questo punto o si ripristina “immediatamente” l’unica garanzia possibile della nostra autonomia, cioè l’Alta Corte, o si spezza il patto unitario che ha legato la Sicilia all’Italia nel 1946 o, qualunque altro accorduccio da 4 soldi, sarà soltanto accattonaggio e tradimento della Sicilia.

Qui è in gioco qualcosa in più che l’autonomia della Sicilia; qui è in gioco la sopravvivenza di un intero popolo!

Antudo.

Ufficio stampa
L’ALTRA SICILIA – Antudo