In 4 mosse la Sicilia dà scacco matto al sottosviluppo ed ai continui tentativi di affossare la propria autonomia


L’Altra Sicilia, conformemente al proprio ruolo di “pensatoio” del Sicilianismo militante, si fa promotrice di un’altra proposta di legge che basterebbe all’ARS per difendersi dalle continue violazioni che rendono vana la conquista storica dell’Autonomia. Ai deputati che hanno giurato insediandosi fedeltà alla Sicilia, un bel tema di riflessione. A tutta la comunità siciliana, citra ed ultra farum, un traguardo su cui riflettere.

La logica è semplice. L’autonomia è paralizzata dal colpo di mano del 1957 con cui venne illegittimamente soppressa l’Alta Corte, e i continui ricorsi alla Corte Costituzionale dell’attuale Governo regionale non è detto che facciano una fine diversa da tutti quelli che si sono susseguiti negli anni.

Per superare questo impasse sarebbe sufficiente una “leggina costituzionale” di interpretazione autentica dello Statuto.

Si dirà che è competenza del Parlamento nazionale. Ma è competenza di quello regionale (art. 18) fare leggi-voto che poi approdano al Parlamento. Se con larghissima maggioranza i rappresentanti del Popolo Siciliano votassero questa legge, come potrebbero deputati e senatori eletti in Sicilia ripudiarla a Roma in nome della disciplina di partito? Come potrebbe una compagine politica italiana che si vuole federalista, legittimamente bloccare la forma più spinta di federalismo ad oggi esistente in Italia? Questa legge-voto darebbe un impulso definitivo al funzionamento dello Statuto. Dopo 62 anni, ma meglio tardi che mai…

Relazione dei proponenti

Premesso che:
L’Autonomia Siciliana è sia nell’impianto costituzionale della Repubblica italiana, sia per la storia peculiare della maggiore isola mediterranea, sia per le sue prospettive di sviluppo, che in quella Carta si volle endogeno e coordinato con quello della vicina Penisola, fatto importantissimo che non può attendere ulteriori ritardi nella sua applicazione piena.
Essa ricuce l’unità del Paese da vecchi torti e strappi che la Sicilia ha subito in passato e che continua a subire.
Come è noto, infatti, la Sicilia, quasi unica nel territorio italiano, ebbe continuità di stato proprio sin da prima della conquista dei condottieri normanni (l’emirato di Sicilia fu sostanzialmente autonomo sin dal suo nascere) e tale continuò dopo ed oltre, con il Regno di Sicilia, dapprima esteso all’intera Italia meridionale, poi ristretto ai confini insulari, sino all’alba dell’evo contemporaneo (1816).

Come è noto, tale Regno, dotato di propria costituzione, stabilizzata dopo la rivoluzione popolare del Vespro, e riformata nel 1812, fu illegittimamente disciolto con i decreti dell’8 dicembre 1816, i quali parlavano peraltro di una permanenza del Parlamento siciliano che, costituito sin dal primo sorgere del Regno di Sicilia (1130) non fu invece mai piú convocato nella vigenza dell’ordinamento del cosiddetto “Regno delle Due Sicilie”.

Come è noto, la rivoluzione del 1848-49 riportò alla piena indipendenza il Regno di Sicilia il quale fece voto di entrare in unità con l’Italia solo mediante “Confederazione” e tale rivoluzione fu sedata soltanto con la forza e, nonostante la forza, mediante il riconoscimento di amplissime autonomie amministrative alla porzione di regno “al di là del Faro”, tra cui persino quella di mantenere istituto pubblico bancario di emissione autonomo da quello di Napoli.

Come è noto, la spedizione garibaldina ricostituí provvisoriamente un governo autonomo indipendente dello Stato di Sicilia con promessa, mai onorata, di convocare apposito Parlamento, per decidere le forme e i modi di integrazione del secolare Stato di Sicilia nella nuova compagine italiana.

Come è noto, questo governo provvisorio emanò atti illegittimi, contro la stessa volontà dei suoi ministri, elaborati dal solo Dittatore o dal Pro-dittatore e tale illegittimità fu aggravata nel passaggio di consegne dal governo prodittatoriale alla luogotenenza sabauda che rapidamente trasformò l’amministrazione dello Stato di Sicilia in una severa occupazione militare.

Come è noto, l’annessione al Regno d’Italia fu effettuata sulla base di un plebiscito-farsa, privo di qualunque significatività, senza liste elettorali e senza voto libero, ed a questa farsa seguí la tragedia dell’annientamento di tutto il secolare ordinamento giuridico siciliano, della legge marziale e di un esodo senza precedenti di milioni di siciliani che si ritrovarono in una sorta di condizione coloniale mai sperimentata prima d’allora.

Come è noto, le risposte italiane al disagio, alla Questione Siciliana, furono sempre all’insegna della repressione militare, con esecuzioni sommarie, spoliazioni delle locali istituzioni di beneficenza, una vera e propria sequela di crimini contro l’umanità nei giorni cosiddetti della “Rivoluzione del Sette e mezzo” e piú avanti con la feroce repressione dei “Fasci Siciliani”.

Come è noto, dopo la conquista militare intervenne una piú subdola azione di smantellamento delle strutture economiche e dell’identità culturale, che toccò il culmine durante il regime fascista quando l’economia siciliana fu forzata all’umiliante ruolo di granaio dell’impero e quando i funzionari siciliani furono fatti oggetto di una singolare epurazione dai contorni quasi razziali.

Come è noto, infine, la Questione Siciliana trovò un punto di mediazione soltanto con la conquista dell’attuale Carta Autonomistica, frutto di un sostanziale patto tra Popolo siciliano e Stato italiano, sotto la forte spinta centrifuga che in quegli anni scuoteva la Sicilia e che, purtroppo, negli anni le interpretazioni restrittive di quella Carta ne hanno impedito radicalmente il dispiegarsi della sua benefica azione.

Il Popolo siciliano, che da secoli dunque anela a vere condizioni di autogoverno, ha bisogno oggi piú che mai dell’applicazione di questo patto. In sua mancanza, infatti, si sono perpetuate le condizioni per un’applicazione distorta, parziale, in cui alligna tanto l’assistenzialismo quanto l’imperversare di fenomeni mafiosi e di illegalità diffusa.
Nel presente quadro di rilancio di una riforma in senso federale dello Stato unitario si ha quindi un’occasione unica per rilanciare questo strumento prezioso.

Ma per farlo è necessario porre riparo, con una interpretazione autentica, al vulnus principale che la stessa ha subito, con l’abolizione dell’Alta Corte e, con l’occasione, senza modifica alcuna, porre in modo esplicito taluni suoi caratteri che valgono a proteggerla da futuri tentativi di svuotamento sostanziale.

Per questa ragione si propone la seguente legge costituzionale a mezzo di legge voto, ai sensi dell’articolo 18 dello Statuto della Regione Siciliana su 4 punti fondamentali della nostra carta statutaria:

  1. ripristino della giurisprudenza speciale dell’Alta Corte nel rispetto dell’unità istituzionale dell’ordinamento italiano;
  2. ridefinizione del ruolo del Commissario dello Stato affinché, da strumento di tutela, esso non si trasformi in una censura preventiva della legislazione siciliana;
  3. esplicitazione della natura pattizia dello Statuto e sua immodificabilità senza il consenso congiunto delle assemblee parlamentari regionali e statali;
  4. tutela esplicita dell’identità culturale del Popolo siciliano.

Legge Voto Costituzionale di interpretazione autentica dello Statuto della Regione Siciliana (art. 18 Stat.)

  1. (Alta Corte per la Regione Siciliana). Ferma restando, a tutela dell’unità di giurisprudenza costituzionale sui principi fondamentali dell’ordinamento, la competenza della Corte Costituzionale a dirimere i conflitti di competenza per i casi dubbi o non contemplati da norma di rango costituzionale, e la competenza in appello per l’eventuale violazione, da parte della legislazione siciliana, dei principi fondamentali della Costituzione italiana in materia di unità politica dello Stato, nonché dei principi di forma repubblicana, libertà, uguaglianza, democrazia e diritti civili internazionalmente garantiti cui si ispira l’ordinamento italiano, l’articolato dello Statuto speciale della Regione Siciliana dall’art. 24 all’art. 30, che istituisce e regola il funzionamento dell’Alta Corte per la Regione Siciliana, prevale sulla Costituzione e sulle altre norme di rango costituzionale in quanto norma speciale.
  2. (Commissario dello Stato). Il Commissario dello Stato è nominato con mandato quinquennale dal Governo della Repubblica scegliendo tra cinque candidati proposti dal Governo della Regione Siciliana tra cittadini italiani non residenti nel territorio della Regione da almeno cinque anni particolarmente qualificati ed indipendenti e che siano o siano stati magistrati per almeno dieci anni, professori ordinari di materie di ambito giuridico per almeno dieci anni, dirigenti dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche per almeno quindici anni; il suo mandato non è rinnovabile, durante lo stesso ha obbligo di porsi in aspettativa non retribuita da qualsiasi rapporto di lavoro dipendente con diritto alla conservazione del posto, ha obbligo di interrompere qualsiasi altra attività lavorativa autonoma retribuita o imprenditoriale; non può prendere disposizioni di alcun tipo né dal Governo statale né da quello regionale; le funzioni amministrative ed esecutive del suo ufficio sono le uniche funzioni statali svolte nel territorio della Regione non delegabili alla stessa ai sensi dell’art. 20 dello Statuto speciale della Regione Siciliana.
  3. (Modifiche allo Statuto). Il parere dell’Assemblea, di cui all’art. 41-ter dello Statuto Speciale della Regione Siciliana, per le modifiche allo stesso, è obbligatorio e deve essere favorevole perché le modifiche allo Statuto siano valide; l’esclusione del referendum nazionale non si estende a referendum regionale, cui le stesse modifiche possono sempre essere sottoposte con le medesime modalità previste per il referendum nazionale sulle modifiche alla Costituzione della Repubblica Italiana.
  4. (Riconoscimento ufficiale della lingua siciliana). Nei limiti dell’autonomia legislativa ed amministrativa riconosciuta dallo Statuto, la Regione ha facoltà di riconoscere ufficialmente e di promuovere l’uso della lingua siciliana quale lingua regionale, riconosciuta con codice distinto dalla lingua italiana dalle organizzazioni internazionali e in conformità alla Carta Europea di tutela delle lingue minoritarie e regionali; tale tutela non potrà mai pregiudicare in alcun modo all’italiano il rango di lingua ufficiale principale della Regione.
  5. (Norme transitorie). L’Art.1 è immediatamente applicabile con l’obbligo di nominare immediatamente i componenti della Corte, fatti salvi gli effetti delle sentenze della Corte Costituzionale emanate fino all’entrata in vigore della presente legge costituzionale; le modalità di nomina del Commissario dello Stato hanno effetto dal termine del mandato del Commissario attualmente in carica; le modalità di applicazione dell’art. 4 sono regolate con legge regionale.

L’Altra Sicilia – Antudo