Il popolo Italiano non è rappresentato negli elementi fondanti di una democrazia compiuta

Il popolo Italiano non è rappresentato negli elementi fondanti di una democrazia compiuta, viviamo in una società senza giustizia sociale e giuridica, dove i cittadini sono trattati come polli da spennare dai potenti banchieri (Cirio – Parmalat – Bond Argentini ecc.) con un’impunità arrogante grazie alla complicità delle istituzioni.

Dove la Casta della giustizia accampa mille pretese in nome dell’indipendenza e dell’autonomia facendo vivere il Paese in un’ingiustizia aberrante a causa delle lungaggini dei processi, e non solo.

Dove i governi dei due schieramenti, confondendo colpevolmente il mandato che gli hanno dato gli elettori, credono che governare significhi trovare l’equilibrio tra le varie caste e conciliare gli interessi dei potenti dell’economia come esigenza primaria a discapito dei benefici che dovrebbe avere la collettività.

Dove in nome della libertà di stampa e dell’informazione si mettono alla gogna mediatica i cittadini indagati dalle varie Procure che, in modo infame e vile, rilasciano conferenze stampa di colpevolezza sull’indagato costretto a subire perché impotente rispetto alla forza e all’attendibilità che hanno i P.M. e i mass-media.

Tutto questo nel menefreghismo e nell’indifferenza totale di una società resa malata nelle fondamenta di una democrazia che in “NOME DEL POPOLO” è incurante e disprezzante ai tragici risvolti umani, psicologici e sociali che subisce una persona che è oggetto d’indagine. Traumi che non recupereranno più, anche se in seguito dimostrerà la sua innocenza nei tribunali.

Questa è la realtà nazionale, mentre nella nostra regione è drammaticamente e tragicamente peggiore perché amplificata dalla presenza della mafia, fenomeno da sempre usato e manipolato dai governi centrali filo-nordici contro il nostro popolo che non avendo mai avuto una vera classe politica, nel senso nobile della parola, ci ha costretto a vergognarci di essere Siciliani.

L’Italia del nord ci vede come parassiti, delinquenti con coppola e lupara, come gente inaffidabile, da temere, e che comunque sia è meglio non averci a che fare.
Noi eravamo la Regione più ricca d’Europa dopo la Francia e l’Inghilterra, eravamo la culla della cultura.

Con l’unificazione del “Regno d’Italia” siamo stati depredati nel territorio e delle nostre ricchezze con politiche volte tutte a favore delle Regioni del nord.

Questo breve cenno storico che Lei conoscerà
benissimo anche nelle sue complesse fasi razziali sono importanti per capire quanto è stata servizievole, complice e infame la nostra classe politica di quegli anni che ha mortificato colpevolmente nella sua dignità il nostro popolo.

La nostra classe politica locale da 150 anni ci costringe a comportarci come quelle donne violentate che poi si sentono colpevoli della violenza che hanno subito (come insegna la moderna scienza psichiatrica). Se non fosse, che anche negli ultimi 50 anni a violentarci sono stati sempre i governi centrali e le segreterie dei partiti nazionali collusi intenzionalmente con la mafia perché colpevoli di avergli dato tacita delega di tutte le mansioni di Stato tranne quelli delle forze dell’ordine e della magistratura che poco o nulla facevano per contrastare la mafia fino alla stagione di Falcone e Borsellino.

Giudici eroi perché combattevano la mafia in trincea, ma sapevano che per sconfiggerla dovevano recidere il loro potere che prende linfa nelle Istituzioni centrali e nelle macro economia.

La mafia in Sicilia ha avuto soltanto la sede legale ma non quella finanziaria e commerciale perché è nella reboante Milano e Torino degli anni ’70 – ‘80 e primi ’90 che il nord si faceva protagonista con i vertici della mafia che facevano da padrini a qualche capitano del neocapitalismo all’italiana come qualche industriale di qualche banca del nord diventate importanti perché facevano affari con la grande finanza internazionale di “Sindona”.

Noi abbiamo la mafia che secondo l’undicesimo rapporto di S.O.S. Impresa-Confcommercio ha redditi per 130 miliardi di euro l’anno (qualcosa come 350 milioni di euro al giorno), gli stessi stimano con il Ministero di Giustizia che le mafie hanno un patrimonio e una liquidità pari a un milione di miliardi di euro.
Considerando che, sempre da dati ufficiali del Ministero di Giustizia, dichiarano di aver sequestrato a tutte le quattro mafie del Sud dell’Italia 800 milioni di euro dal 1992 al 2007 (cioè tre giorni di lavoro delle mafie), mi chiedo! Qui ci stanno prendendo in giro!
Noi non abbiamo una banca nostrana e non parliamo della desertificazione industriale e infrastrutturale che regna nelle regioni del sud.

In verità la politica antimafia è da sempre concepita solo nel catturare i boss vecchi e nuovi e per farlo sono disposti a mettere in campo leggi razziali che sicuramente portato successi ma che non risolvono il problema alla radice, che solo la scuola di pensiero dei Giudici eroi “Falcone e Borsellino” può fare.

Non si rendono conto che il solo arresto dei boss con il conseguente sequestro di qualche attività locale non porta a nulla e rimane circostanziato alla demagogia della lotta alla mafia (perché morto un Papa se ne fa un altro).
Inoltre, questo tipo di potere giudiziario, fatto da una propaganda rispondente ad un’arma di distruzione di massa, provoca terrorismo psicologico e sociale nella popolazione siciliana che è stata costretta a vivere in una dimensione dove non c’era appalto pubblico che sfuggiva alla mafia e che pilotavano direttamente o indirettamente sia dalla gestione dei servizi pubblici che dalla costruzione di opere, dall’ente Fiera al porto, dal mercato ortofrutticolo a quello ittico, dalle aree edificabili alla realizzazione edilizia degli stessi.

Insomma occupavano direttamente e indirettamente quasi tutti i campi dell’economia Siciliana, e vi erano impegnati migliaia di professionisti (Architetti, geometri, geologi, notai, avvocati, commercialisti, ecc.), migliaia di appaltatori e sub-appaltatori, centinaia di migliaia di maestranze (idraulici, elettricisti, pittori, muratori, camionisti, officine e indotti vari).

Tutta questa gente e specialmente le maestranze si alzano all’alba per lavorare e lo fanno duramente e nulla hanno a che fare con cose di mafia al massimo hanno la colpa di essere riconoscenti a chi gli ha dato lavoro e la possibilità di evolversi economicamente.

Questa gente non aveva titolo e non gli interessava se il loro datore di lavoro trafficava in droga o se aveva commesso qualche omicidio, questa gente ha solo usufruito del suo diritto a lavorare in un sistema malato e deviato di un Paese anormale come quello nostro.

Molte di queste persone sono state dipinte diversamente da quello che sono, e sono state falciate dalle leggi speciali antimafia applicate con una visione inquisitoria del fenomeno mafia e per nulla rispondente alla nostra società solo perché non reputati credibili, nel rapporto tra redditi e patrimoni, dai vari Tribunali delle misure di prevenzione.

(p.faraone@live.it)