Alitalia: l’isola che non c’è


Non ci è mai piaciuto soffiare sul fuoco nè tantomeno fare i pompieri, ma quando si tocca il fondo è necessario spingersi via con forza per non rischiare di rimanerci perennemente e senza speranza.
Per questo da tempo vogliamo spingere con forza i siciliani a scrostarsi dalla melma del fondo e a riguadagnare quella dignità della superficie che tanti, forse troppi hanno sempre dimostrato di non volerci fare raggiungere.

Oggi il motivo può apparire pretestuoso, quasi banale, ma il ripetersi delle storie – Erodoto ci insegna – può non essere casuale.
La patinata rivista denominata Ulisse, che gli utenti Alitalia trovano periodicamente nelle bisacce dei sedili degli aerei, e che molti hanno ritenuto responsabile di una grossa fetta dei disavanzi di bilancio che hanno azzerato la vecchia compagnia di bandiera, riporta nella sua edizione di maggio una gaffe grande come una casa, indegna, aggiungiamo noi, di una rivista che conta 30 anni di esistenza e ben 296 numeri pubblicati.

La Sicilia è scomparsa dalla carta geografica dell’Italia così come da alcune mappe mediorientali è sempre stato cancellato il territorio di Israele.

Ora in questo caso si tratta di un atto di ostilità in un conflitto latente tra arabi ed israeliani, ma nel caso della Sicilia?

Non ci risulta di essere, come siciliani, in guerra con chicchessia – anche se a partire dai fatti di Bronte, ad esempio, qualche diritto lo potremmo pure accampare – nè di aver dimostrato mai ostilità per lo scempio del nostro territorio e delle nostre coste ad opera di affaristi e aziende del nord nè aneliti di rivolta per il pervicace rifiuto dei nostri diritti sanciti dallo Statuto di Autonomia ad opera dei politicanti romani, ma essere cancellati dal mediterraneo per una svista tipografica non ci piace proprio e ci puzza di bruciato.

Certo si affanneranno ora a portare mille giustificazioni, invocheranno l’errore di stampa che la logica vuole però abbastanza incomprensibile per una rivista che costa una grossa fetta del biglietto che paghiamo e che si è già distinta per l’alta qualità (e il prezzo ) degli interventi di giornalisti di grido chiamati a scriverci.

In defintiva, che la Sicilia non fosse Italia non ci ha mai sorpreso – ed in fondo ha sempre costituito per noi motivo di approfondimento – convinti come siamo che la ricerca di un’identità siciliana appaia oggi oltremodo necessaria per rivendicare quel ruolo nel mare interno che le autorità repubblicane di Roma si sforzano di negare e si adoperano sempre di minimizzare.

Non vogliamo quindi gridare al complotto, ma parlare di scandalo, questo sì, quando ci tolgono un pur miserevole sussidio per la stampa all’estero adducendo come scusa il fatto che parlando di sola Sicilia ne saremmo rimasti esclusi, quando subiamo i brogli elettorali che per ben due volte, nelle elezioni 2006 e 2008, ci hanno rifilato gli agitpop dei partiti romani senza che a Roma succedesse alcunchè (a differenza di quei governi che diciamo antidemocratici e che in Zimbabwe o Iran decidono almeno il riconto delle schede elettorali) quando per ben due volte il presidente del consiglio dichiara che la Sicilia non è l’Italia e che soprattutto per questo bisogna costruire il ponte dei suoi amici Impregilo, Ligresti e compagni.

Così oggi che la rivista dell’Alitalia fa scomparire la Sicilia dalla carta geografica ci chiediamo: fino a quando i siciliani potranno sopportare i soprusi?
Non sarà certo un banale e (non) voluto errore di stampa a risvegliare le coscienze; ma cosa dovrà accadere prima che i politicanti siciliani, ed i sicilaini tutti al di quà e al di là del faro, prendano finalmente atto di aver toccato il fondo?

Ufficio Stampa
L’Altra Sicilia – Antudo