Michele Santoro, direttore dell’Osservatorio, restituisce a Napolitano l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblic

Pubblichiamo la lettera inviata al Presidente della Repubblica, con la quale Michele Santoro, direttore dell’Osservatorio Sicilia, spiegando i motivi della sua decisione, restituisce al Presidente Giorgio Napolitano, l’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica italiana.

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Signor Presidente,

Vittorio Sgarbi che spesso ho criticato sulle pagine del giornale di cui sono editore e direttore www.osservatorio-sicilia.it, per il suo modo estemporaneo di fare il Sindaco di Salemi, e ovviamente per la sua appassionata difesa di un certo Garibaldi, ha avuto il merito di chiedere al Presidente della Repubblica, in occasione della sua visita in Sicilia, un “deciso” e pubblico intervento contro lo sfruttamento del territorio siciliano.

Come risposta, secondo quanto riportato dai media nazionali (Il giornale.it del 24.5.2009) e confermato dallo stesso Sgarbi, ha ottenuto un severo quanto incredibile rimbrotto presidenziale:

«Càndidati tra quattro anni a fare i discorsi del presidente della Repubblica invece di fare polemiche inutili e critiche ai miei interventi sulla mafia».

Eppure Sgarbi, Sindaco non siciliano di una cittadina siciliana, mentre tutta la casta politica applaudiva il nulla, con la sua richiesta ha “soltanto” voluto sollecitarla a prendere posizione contro la mafia eolica che sta distruggendo inutilmente il territorio.

Il grido di Sgarbi, indirizzato verso uno dei tanti problemi della Sicilia è stato unico nell’assordante silenzio della casta politica siciliana, la cui attenzione sembra perennemente diretta verso interessi di bottega, distratta dalle proprie necessità fatte di agi e privilegi e prona agli interessi del nord industriale e finanziario e ovviamente a Roma capitale.

Paradossalmente, Sgarbi da Ferrara, unionista garibaldino, sta dimostrando di voler tutelare la Sicilia e quindi il rimbrotto di Napolitano è un rimbrotto diretto a tutti i siciliani, ma purtroppo nessuno dei tanti “rappresentanti” del popolo siciliano ha alzato una voce di critica nei confronti del Presidente della Repubblica italiana e in difesa di Sgarbi.

Io, cittadino siciliano, editore e direttore di un quotidiano regionale, definito dalla stampa nazionale “minore”, sono solidale con il Sindaco di Salemi a cui va riconosciuto il merito di non mandare a dire le sue accuse ma di manifestarle liberamente.

Come può la Sicilia credere alle parole del Presidente della Repubblica quando il cittadino è considerato “suddito” senza diritti e quando in ogni momento della propria vita deve subire non soltanto la mafia ma anche l’assenza dello Stato e gli abusi dello Stato?

I siciliani chiedono da sempre seppur inascoltati, giustizia, legalità, lavoro, e i propri diritti e doveri di cittadini liberi. In cambio ottengono assistenzialismo, clientelismo, controllo sistematico del voto, povertà e sfruttamento delle proprie risorse. Lo stato italiano in 150 di occupazione ha fatto piombare la Sicilia, l’Isola che fu perla della letteratura e della conoscenza, miseramente al 272° posto su 274 regioni d’Europa per reddito pro capite.

Lei, Signor Presidente, anziché rispondere a queste “minori” richieste e prendere posizione sulla mafia dell’eolico, non ha saputo o voluto far di meglio che rimbrottare Sgarbi che chiedeva, per i siciliani, un suo autorevole intervento, forse inutile, ma comunque significativo.

Mentre Lei continua a ripetere che la Costituzione va rispettata, lo Stato che Lei rappresenta la viola, almeno nella parte che riguarda lo Statuto che come sa bene è parte integrante della Carta Costituzionale, con l’accondiscendenza di tutta la casta politica. Noi siciliani da tempo chiediamo che lo Stato Italiano rispetti i patti costituzionali , che rispetti la Costituzione e lo Statuto Siciliano, che pochi sanno essere stato promulgato ben prima che nascesse la Repubblica.

Il rispetto dello Statuto, cioè la sua piena applicazione con il ripristino dell’Alta Corte, la cancellazione delle province come previsto dall’art. 15 e il ritiro dei prefetti la cui presenza viola lo Statuto e conseguentemente la Costituzione, sono passaggi ineludibili per uno Stato credibile e democratico quale ha la presunzione di voler essere quello italiano.

Come pensa che un siciliano possa credere alle Sue parole e ai Suoi continui richiami al rispetto della Costituzione e delle Istituzioni se lo Stato che Lei rappresenta oggi come presidente della Repubblica, e prima da ministro e parlamentare, ha barato, truffato e scippato i siciliani della propria Autonomia?

Presidente, io queste domande le ho fatte anche dalle pagine del mio giornale e non ho ottenuto alcuna risposta e sono certo che non ne otterrò mai, perché lo Stato dovrebbe ammettere di aver mentito sulla questione siciliana e soprattutto di aver dato “via libera” agli scippi all’Autonomia perpetrate dalla Corte Costituzionale, dai governi nazionali e dagli stessi governi regionali. E lo scippo della Corte Costituzionale che è intervenuta a modificare la Carta che essa stessa ha l’obbligo di tutelare e far rispettare, è un fatto politico perché politicizzata è la stessa Corte. Il caso del giudice Costituzionale Romano Vaccarella che ha rassegnato le dimissioni denunciando pressioni politiche alle decisioni della Consulta, che mi permetto di ricordarLe, ha avuto il merito di ufficializzare quanto già da decenni si sapeva. La Corte agisce, secondo Vaccarella, in dipendenza di precise indicazioni e necessità politiche e questa è la risposta ai Suoi continui appelli al rispetto della Costituzione.

La politica romana pensa di trattare la Sicilia e i siciliani come coloni e pensa di intimidire il Presidente della Regione Raffale Lombardo reo di aver agito da presidente e non da “vassallo”, è confermata dall’incredibile pensata del gruppo del PDL che ha presentato al Senato in data 30 maggio 2009, a seguito dello strappo voluto dal Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, un DDL a firma del presidente del gruppo, Maurizio Gasparri, del vicepresidente vicario, Gaetano Quagliariello, e del presidente della commissione Affari costituzionali, Carlo Vizzini (siciliano, sic!) per la riforma dello Statuto dell’Isola, con l’introduzione della sfiducia al governo siciliano che viola il patto con gli elettori.

Un vero e proprio tentativo di intimidazione nei confronti di Lombardo, poiché quanto si propone viola non solo la lo Statuto Speciale di Autonomia ma anche la Costituzione Italiana (ogni variazione allo Statuto deve essere approvata prima dall’ Assemblea Regionale e solo dopo dalla Camera e Senato, con doppia votazione secondo il sistema navetta). Anche in questo caso Lei, signor Presidente, non ha fatto sentire la sua autorevole voce in difesa dello Statuto e conseguentemente della Costituzione in cui esso è inserito con pari dignità e diritto.

Se le segreterie romane per intimidire il Presidente della Regione usano il Parlamento nazionale, come del resto hanno già fatto con la Corte Costituzionale e il governo regionale per scippare i siciliani dell’integrità del loro Statuto, ciò significa che non si può più neanche parlare di democrazia e di rispetto del popolo siciliano.

Roma vuole comandare, punto e basta, e purtroppo lo fa con l’accondiscendenza di certi ”siciliani ascari” che siedono sugli scranni del parlamento nazionale.

Nessuna voce “istituzionale” si è alzata per pretendere il rispetto della Costituzione perché questa volta il caso riguarda la Sicilia, già abbondantemente truffata e defraudata dei propri diritti.

Anche in questo caso, Lei, Presidente della Repubblica, in occasione della festa della Repubblica ha parlato di coesione “dei partiti” e della necessità di abbassare i toni, ma si è guardato bene dall’intervenire per difendere l’Autonomia Siciliana, quasi a dimostrare che la Sicilia non fa parte dell’Italia.

E che questo principio stia nella mente di altissime personalità governative lo si deduce dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, che più volte ha affermato che “con il ponte farà diventare italiani anche i siciliani”.

Rispondere quindi alle mie domande, che in ultima analisi sono le domande dei siciliani, sarebbe come ammettere che, visto lo scempio perpetrato a danno del tessuto sociale, economico ed ambientale dell’Isola, lo Stato ha agito e continua ad agire in Sicilia, come un vero Stato colonizzatore annientando ogni possibile aspirazione di giustizia, libertà e benessere.

Sarebbe l’inizio della fine delle menzogne di Stato che ha mentito anche sulla storia del risorgimento italiano, e l’ammissione di precise responsabilità politiche istituzionali ad alto livello. Nessun politico, nemmeno Lei, che si richiama al rispetto della Costituzione sapendo che questa è da sempre violata, penso possa affermare di essere esente da responsabilità.

Ritengo, come molti, sia venuto il momento di mostrare il proprio orgoglio di essere siciliano, e ringrazio Sgarbi, a cui va dato il merito di aver fatto sì che “l’assordante silenzio” di certa casta politica siciliana dimostrasse senza ombra di dubbio come essa difende i propri interessi e non quelli della nostra Isola, ma soprattutto ringrazio Raffaele Lombardo per aver iniziato una battaglia autonomista che, qualora genuina e scevra di giochi di potere, può finalmente portare la Sicilia a quella dignità e prosperità fin qui negategli da Roma.

Alla luce delle considerazioni esposte, Le restituisco, in segno di protesta, il Diploma di Cavaliere al Merito della Repubblica n. 13904, poiché ritengo inaccettabile una onorificenza concessa da uno stato che non garantisce e non rispetta la sua Costituzione e non riconosce a parte dei suoi cittadini i diritti in essa sanciti.

ANTUDO

Michele Santoro