Sempre al sud


La sensazione dei due pesi e delle due misure appare ogni giorno più evidente.
Una classe politica effettivamente poco avvezza alla cosa pubblica e sempre più attenta al proprio interesse contingente si è vista affidare le sorti, certo di un Paese grande, ma non ancora omogeneo, nonostante Savoia, Garibaldi e i vari Crispi iscritti nel registro
paga di Roma.

Ed oggi che ci sarebbe bisogno di una classe dirigente capace di affrontare la crisi e di trovare soluzioni adatte, si trova disarmato e la classe dirigente fatalmente scoperta di fronte a responsabilità
che non è capace di assumere.
Purtroppo dobbiamo registrare che il nord è capace di farsi carico di decisioni idonee,il sud invece chiuso su se stesso, incapace di scelte autonome e perciò in perenne attesa.

Immaginiamo la guerriglia di Rosarno ad esempio.
Se fosse accaduta a Piacenza, Lodi o a Casalpusterlengo, si sarebbe risolta con il perentorio intervento delle autorita preposte all’ordine pubblico, senza il trasferimento dei contingenti di polizia che sono stati necessari invece per Rosarno e senza che la stampa e le tv più progressiste si lasciassero andare all’esame sociologico del povero emigrato costretto a condizioni di vita proibitive per le di lui abitudini.

Se poi questi “rivoltosi” si fossero permessi vandalismi nei confronti di donne e bambini, allora pensiamo all’unanimità della condanna, altro che giustificazioni socio-etnologiche.

Così a Termini Imerese, se lo stabilimento minacciato di dismissione fosse stato a Chivasso
o a Savona, certamente si sarebbe trovata una soluzione. Ma i siciliani di Termini possono star freschi.

Non soltanto la perenne cassa integrazione (a carico dello stato) ma fatalmente la chiusura senza appello nè speranza.
Altro che cinesi o indiani.

La classe politica Siciliana resta silente. E sì che oltre al presidente della regione Siciliana e ai deputati regionali, provinciali (ma che ci stanno a fare?) di siciliani con autorità istituzionali ne possiamo contare molti:
tra ministri e sottosegretari e altro brillano però per incapacita e mancanza di volontà. Come se essere arrivati in ambito nazionale li avesse proiettati nell’iperborea dell’impotenza antisiciliana.

La crisi di Termini è grave per tutto il comparto produttivo e occupazionale dell’Isola, ce ne accorgiamo in tanti.
Necessiterebbe però di uno scatto di orgoglio verso decisioni che inevitabilmente devono mettere le genti dell’Isola di fronte alla necessita ormai improcrastinabile di tagliare quel cordone ombelicale con l’Italia che ci ha sempre reso proni e in attesa soltanto di assistenzialismo e mai di sviluppo.

Non si può pensare di ricominciare con l’emigrazione dei nostri giovani (e adulti) convinti come siamo che anche il nord lontano sia diventato un deserto.

Ora dobbiamo farci carico in prima persona del nostro avvenire e di quello dei nostri figli, finalmente liberi dalla sudditanza e indipendenti nelle nostre scelte.

Eugenio Preta
Presidente confederazione giornalisti e dei media siciliani nel mondo