Vicenda Di Girolamo: troppo facile ora chiamarsi fuori

Forse ora il silenzio è d’obbligo ma è anche il momento di mettere i puntini sulle i e smascherare i tanti che dicono di non sapere.
Le indagini e l’autoconfessione di Di Girolamo mettono in luce un giro di miliardi e di malaffare, inimmaginabili per chi vive e tribola all’estero.

Invece questo signore brinda e balla con le escort, prima ancora del voto, si permette di querelare un galantuomo che ha avuto la ventura di incontrarlo nel consolato di Bruxellles e che vuole essere ascoltato dal giudice come persona al corrente dei fatti, ma inutilmente, a tutt’oggi.

Ma tant’è. Ora il Senato dia comunque l’autorizzazione all’arresto, se non avrà ricevuto, nel frattempo,le sue dimissioni: ma noi ancora ne dubitiamo.

Prebende e pensione da senatore, pur se miliardario, potranno tornargli utili… in galera.

Non ci piace certo oggi sentire che nessuno conosceva Di Girolamo, come ha dichiarato il presidente Schifani, ad esempio: dov’era al momento della prima richiesta di autorizzazione a procedere? Non è stato mai informato, come presidente del Senato, del perché del voto della commissione parlamentare prima favorevole alla levata dell’immunita e dell’Aula poi che, invece si è opposta?

Dispiace poi certamente per la famiglia di Di Girolamo. Ma perché non ci pensava prima?

Non vogliamo fare sciacallaggio, ma questo signore ha speculato sulle comunità all’estero, sulla buonafede dei candidati onesti e deve pagare. Che lo facciano però anche i suoi sodali, loro pure complici dello scempio di legalità che vivono le istituzioni , anche se oggi scaricano barile, “more italico”.

Può ad esempio il presidente di AN dire di non conoscere il Di Girolamo oggi che è caduto dal piedistallo, cui lui stesso lo aveva assegnato, autorizzando e sottoscrivendone la candidatura?
Non scherziamo, i crimini indagati sono pesanti.

Fini, che oggi parla di misure anticorruzione, si prenda le sue responsabilità di capo-partito – quindi di compilatore finale delle liste elettorali – e dica come può non aver esaminato la candidatura che gli veniva sottomessa ed oggi dire di non aver mai conosciuto Di Girolamo.

Nonostante la poca stima, poi ci sentiamo di assolvere l’on Tremaglia: Di Girolamo non lo aveva proposto lui, gliene diamo atto. Era stato Zacchera, alla fine, in seguito alla richiesta dell’on Alemanno di allargare il giro della sua corrente e grazie ai buoni uffici di Ferretti e di Andrini.
Siamo esterefatti nel leggere l’intervista dell’on. Zacchera che dice di aver dovuto scegliere Di Girolamo proprio perché non sapeva chi proporre e per la pochezza degli altri possibili candidati. E’ un’offesa ai galantuomini che partecipavano ai CTIM e ai delegati che vi lavoravano con zelo.

Abbiamo seguito la formazione delle candidature e conosciamo bene il materiale umano in seno ai vecchi CTIM.

Ribadiamo, contestando quello che afferma Zacchera, cosa dire ad esempio dell’allora coordinatore europeo CTIM, residente da oltre 30 anni all’estero, consigliere eletto Comites e ben addentro nel mondo politico europeo in quanto Segretario generale aggiunto del gruppo parlamentare UEN al Parlamento europeo nonché Segretario generale del partito trasnazionale AEN cui AN aderiva insieme a partiti di governo come il Fianna Fail irlandese, il TBBK lettone, il lituano Law and Order, il PiS polacco, per non citare che i più importanti, uno quindi che in Europa era di casa? Forse lui non avrebbe avuto la caratura sufficiente per sopportare una candidatura al Senato? E neanche l’avrebbero avuta i collegati alla camera , l’imprenditore siciliano di Londra, consigliere eletto in quel Comites, insieme al commercialista di Montecarlo, anche lui consigliere Comites e italiano all’estero molto stimato? Nomi, questi proposti da Tremaglia a Bergamo, al Pianone, a colazione col vescovo ed altre personalità, ma poi bocciati dalla combriccola, lo dicono oggi le indagini, che comandava nella composizione delle liste nel partito.

Zacchera, abbiamo detto: si prenda le sue responsabilità -dopo aver razzolato nel campo di Tremaglia con il solo scopo di imporre i candidati che Alemanno aveva studiato a tavolino di far eleggere per impadronirsi del giocattolino CTIM , tant’è che oggi, l’incarico di responsabile italiani all’estero di Di Biagio è eloquente e chiude il cerchio – non dica di non conoscere Di Girolamo, quando confessò che non poteva lasciarlo fuori dal momento che aveva dato un contributo di 500mila euro per la campagna elettorale.

Ferretti poi appare una figura chiave della vicenda, nonostante le scuse pubblicate sul suo giornale, noi ricordiamo le minacce di querela contro Francesco Paolo Catania, come d’altronde confrontabile dal sito de “l’Italiano”: Sodale di Di Girolamo, che ha accompagnato a Bruxelles, sempre organizzatore scientifico dei fondi possibilmente disponibli – il bisticcio con Tremaglia è dovuto a questione di soldi – nominato alla FAO , poi al CGIE, quindi dimessosi ma rimasto in quel Consiglio come rappresentante di AN, protagonista importante della vicenda Di Girolamo che tanto fango sta gettando sul PdL.
E per finire avanziamo nostre critiche sui voti collegati a Di Girolamo degli altri eletti PdL alla Camera: chi sono? Noi avanziamo, ad esempio, un nome ben “ammanigliato” nelle sfere di AN.
Residente per matrimonio in Croazia, collaboratore di Alemanno e della Polverini (segretaria generale UGL) all’Enas, collaboratore di Zacchera ai CTIM,aveva provato già nel 2006 la candidatura all’estero. Bocciato poi, nonostante gli sforzi di ministri e deputati europei che intervenivano in suo favore, in effetti ha lavorato sodo con le sedi Enas all’estero (?) per le elezioni del 2008. Potrebbe essere lui il collegato ai 25mila voti di Di Girolamo?

Basta, ora chiediamo alla magistratura di non tirarsi indietro e di fare chiarezza su tutti gli attori della vicenda che non può ridursi alla condanna del solo Di Girolamo.

A noi, italiani all’estero, la vergogna della truffa subita e una voglia di silenzio, dovuto soprattutto a quanti, fuori dai confini della Patria, cercano nel lavoro quotidiano il riscatto della loro dignità di italiani della diaspora.

Ufficio Stampa
L’Altra Sicilia