Non cali il sipario su Termini Imerese


Ricordino i siciliani che L’Altra Sicilia non può spegnere i riflettori su Termini Imerese come invece sembra oggi facciano governo, regione, gli anti-siciliani comprovati, Marchionne e Montezemolo e quei sindacati che si sono venduti ai padroni. E non può farlo per il rispetto dovuto a quei lavoratori continuamente vilipesi dall’arroganza di un potere che ha ormai deciso di dismettere un sito industriale unico, per altri versi magico, una volta parte della Conca d’Oro.

I siciliani hanno sacrificato quel sito magico al bisogno del posto di lavoro e per anni hanno dedicato a quella fabbrica, che sentivano anche loro, le migliori energie e tutte le speranze per un avvenire di lavoro anche per i loro figli.

L’avvento però di un manager trinaricciuto, svizzero-canadese, tra l’altro, ha suonato come l’inizio della fine dello stabilimento siciliano e il lasciar fare di un governo connesso al padronato, ha fatto il resto.

Dopo lo slittamento ad aprile della prevista presentazione del nuovo piano industriale di Marchionne, dopo la fuga dai media delle notizie su Termini Imerese, oggi sembra scendere un velo sull’intera vicenda: si cerca di mettere il silenziatore ad un problema che era e resta grave per l’occupazione siciliana tutta.

A tutt’oggi ogni proposta di riconversione – affidata non alla regione o al governo, ma ad un’agenzia privatistica – sembra poco seria, tant’è che delle 14 proposte iniziali sul tavolo sembrano esserne rimaste solo 4 di effettiva riconversione del comparto auto.
Una vicenda che ci interessa da vicino e che L’Altra Sicilia intende monitorare proprio per informare i cittadini e impedire che cali il sipario su Termini e sull’avvenire di quei lavoratori Fiat (1200) e di quelli dell’indotto.
Ma il sipario sembra calare soltanto sul destino dei lavoratori dal momento che Fiat continua a tenere vivo l’interesse su Termini soltanto per il suo tornaconto economico.
E’ notizia di questi giorni infatti il batter cassa di Marchionne relativamente ai rimborsi dei crediti per la rottamazione, e qui il cerchio degli interessi compositi si stringe: come a Teano, teatro della spartizione ai danni del sud – Marchionne-Savoia chiede e lo Stato-Garibaldi obbedisce.

Per la rottamazione, ci era parso di capire dalle dichiarazioni di Montezemolo che la rottamazione auto prevista dal governo avesse interessato Fiat solo per il 20/30%, il restante essendo rimasto a vantaggio di altre case che, diciamo noi, offrivano qualità e prodotti ben più interessanti dell’offerta Fiat -Marchionne quindi rivendica allo Stato, attraverso l’Agenzia delle Entrate, ben 500 milioni di euro come rimborsi dovuti.

Ed in effetti lo Stato aveva varato gli incentivi alla rottamazione (manovra che pare sia reiterata), la Fiat ha venduto a più non posso e ha anticipato perciò ai suoi clienti gli incentivi che oggi giustamente rivendica come base degli accordi. C’è però da dire che, furbescamente, ritarda quanto più possibile i pagamenti ai propri fornitori dell’indotto… Ma tant’è, se glielo lasciano fare.

Il fatto importante è dato dall’insipienza delle parti che siedono al tavolo delle trattative per il salvataggio di Termini. Infatti ad esempio, paghiamo oggi una politica industriale a senso unico Fiat: se Stato e Fiat hanno impedito l’installazione di produttori concorrenti sul suolo nazionale dobbiamo subire la conseguenza che se oggi permettiamo a Fiat di andare via, non esiste alcuna alternativa per sostituire quei posti di lavoro che si perdono.

Che differenza però tra Governi seri e governo italiano, che assiste impunemente alla chiusura del suo sito industriale più importante, almeno per quel che significa in termini sociali.

Obama, Merkel, Sarkozy, persino Brown infatti hanno investito miliardi per salvaguardare il loro settore automobilistico, a differenza di Berlusconi cui forse non hanno spiegato le manovre dei suoi colleghi e viene continuamente circuito sulla costruzione di un ponte sullo stretto di Messina come opera prioritaria, quella sì, da consegnare ai posteri come mausoleo del suo operato, sicuramente come una cattedrale in un deserto di infrastrutture e come opera pantadistruttrice dell’ambiente e della natura di un angolo magico.

Ufficio Stampa
L’Altra Sicilia