La nostra storia a l’agnuni


Giorno 8 settembre 2010 io e mia moglie siamo stati a Catania. Città meravigliosa, nonostante l’aria di rassegnazione che vive nel Popolo Catanese, splendido in tutte le sue etnie, nelle mura cariche di storia che trasudano cultura in ogni angolo.

Abbiamo trovato dove dormire a 15€ la notte (bed & breakfast Svevia in via Reitano a due passi di Castello Ursino XIII secolo), gestori gentilissimi e bravissime persone marito e moglie, un rapporto qualità prezzo ottimo! Il mio chiodo fisso era visitare due posti principalmente per due ragioni per me importanti.

La visita a Castello Ursino è obbligatoria, a gratis, e la soddisfazione di vedere in un luogo di grande storia, un museo meraviglioso, tra opere di Pietro Novelli e tantissimi altri splendori nutre il proprio animo di ricchezza spirituale.

Il Monastero Benedettini, Università di Lettere e Filosofie. Perché proprio in questo luogo vive l’opera di De Roberto e aleggia la sua musa ancora oggi. Perché già da qualche anno studio il Ciclo degli Uzeda e ancora ne avrò. L’effetto è stato straordinario quello di girare in quelle sale, mura, scale e chiostro. Quasi quasi udivo le risa grasse di Don Blasco … Ho considerato quegli studenti dei privilegiati, perché non vi è luogo più adatto per studiare la letteratura, spero che loro ne hanno coscienza nel tumulto della loro età, comunque il loro animo memorizza tutto e al momento opportuno uscirà fuori, tra i loro ricordi. Un cartellone all’ingresso ricorda Laura Salafia, la studentessa colpita da un proiettile il primo luglio di quest’anno destinato ad uno dei tanti delinquenti che la stampa imbecille chiama boss, sparato da uno dei tanti testa di minchia che la stampa chiama mafiosi. Ho fatto una seria riflessione sulla nostra bella Sicilia, sul nostro meraviglioso Popolo e su quel proiettile in aria che inquina il futuro e la nostra nobile storia tutta, sia individuale che di Popolo.

Quello che tenevo di più era andare a visitare il sarcofago dove vi sono gli resti, per il mio modo di vedere, del più grande Re di Sicilia, FEDERICO III. Con tutto il rispetto religioso per Sant’Agata e ciò che possa rappresentare ai Catanesi. Ma un Re che ha lottato per la sovranità della Sicilia contro le più grandi potenze di quell’epoca con tutto il cuore, con tutta la forza, scrivendo pagine di storia straordinarie. Proprio qualche anno fa ho dovuto richiamare all’attenzione la pro loco di Caltabbellotta per avere scritto nel proprio sito:

Scoppiata la Rivoluzione del Vespro (31 marzo 1282), Caltabellotta seguì l’esempio dei palermitani. La guerra tra Angioini ed Aragonesi si concluse il 29 agosto 1302 con il trattato di pace che venne firmato a Caltabellotta e Federico III d’Aragona, venuto in soccorso dei Siciliani, divenne re di Sicilia col titolo di FedericoII. (http://www.caltabellotta.com/storia.asp)

Nota del Presidente Alphonse Doria:

Vorrei precisare che Federico III non è “d’Aragona” bensì di Sicilia in quanto il 15 gennaio del 1296 il Parlamento Siciliano con decisione rivoluzionaria, perché tutti i sovrani in Europa erano per grazia di Dio, considerò decaduto dalla carica Giacomo II ed elesse il fratello Federico con il titolo “Fridericus III gratia rex Siciliae, ducatus Apuliae et principatus Capuae”. Il 25 marzo dello stesso anno venne incoronato nella Cattedrale di Palermo con il Popolo Siciliano esultante. Proprio questo evento scatenò una aggressione europea contro la Sicilia libera di re Federico III ( il professore Corrado Mirto scrive: “quasi una crociata”!). La coalizione era formata: regno angioino di Napoli, guelfi italiani, regno di Francia e regno d’Aragona. Sotto la regia e l’incitamento di papa Bonifacio VIII. Questa guerra impari fu combattuta dal Popolo Siciliano e dal suo re con dignità, orgoglio e soprattutto onore. In questo trattato la Sicilia conservò la sua indipendenza. Gli Angioini dovevano tornare a morte avvenuta di re Federico III, si trovò una formula per salvare la faccia a Carlo II con promesse insostenibili da parte del re di Napoli. Un trattato che il Parlamento Siciliano non ha mai ratificato pertanto non valido per il Popolo Siciliano e nessun valore legale intrinseco, anche perché Federico III di Sicilia non ha trovato il tempo o la volontà politica a richiedere tale ratifica. Nel documento del 31 agosto 1302 che annullava l’ordine precedente di mobilitazione e non inviare le truppe richieste perché era stato firmato il trattato scrisse: “habemus insulam Siciliae et rex Siciliae remanemus”! Pertanto pregherei gli amici di Caltabellotta di non negare la storia di Sicilia e dare la giusta evidenza. (Fonte 14 settembre 2010 ore 09,20:
http://prolocosiculiana.splinder.com/post/16327787/3-corso-a-calatbellotta).

Mentre viaggiava da Palermo ad Enna si ammalò e allora dirottò per l’ospedale della commenda di S. Giovanni Gerosolimitano nei pressi di Paternò, morì in questo viaggio il 25 giugno 1337. Come era consuetudine le sue viscere furono sepolti in quell’ospedale. La sua salma fu esposta a Castello Ursino e in attesa di essere trasferita a Palermo rimase nella Cattedrale di Catania, per il perdurare la guerra del Vespro. Questo grande Re, tutto Siciliano, e che si cerca di nascondere nelle pagine di storia e nei vari siti storici e virtuali con Federico II d’Aragona, una mezza verità. E’ ancora lì nella Cattedrale di Catania ed io sono andato a cercarlo. Ho visto vescovi e arcivescovi con sepolcri grandiosi e in bella vista, ma niente e poi niente per quello del nostro Re, allora chiedo ad un sacrista, il quale gentilissimo mi ha risposto che non si poteva accedere perché era chiuso, ma che fra una mezzoretta per una funzione religiosa si poteva accedere per pochi minuti. Così aspettai e trovai in un agnuni il sarcofago, con bassi rilievi, opera del tardo romano III secolo dopo Cristo, proveniente dall’Asia Minore, di quel Re che iniziò per la prima volta nella storia la lotta politica armata per la sovranità della Sicilia in quanto Nazione. Ecco dove si trova la nostra storia, all’agnuni, in un angolo, pudicamente nascosta.

A destra dell’abside della Cattedrale vi è la piccola Cappella della Madonna, restaurata ultimamente con l’abbassamento del pavimento al suo livello originale. Scendendo alcuni scalini vi è l’abisiodiola con la madonnina opera del cinquecento, nel muro di fronte l’ingresso vi è il sarcofago del Re. Nessuna scritta! Nessuna indicazione.

Quando siamo usciti, ci siamo diretti in un bar antistante la cattedrale. Mentre consumavamo un babà ho chiesto alla signora se lei sapesse che lì vi era sepolto un Re. Sapesse se lì vi era la tomba di Federico III Re di Sicilia?
Fece una espressione come dire: ma questo che vuole da me? Poi mi rispose un NO che sapeva di niente presa a sbarcare il lunario tra i frutti di pasta reale e la sua granita di limone.

Invito a tutti i Siciliani di fare tappa a Catania e omaggiare il più grande Re di Sicilia Fridericus III gratia rex Siciliae.

Alphonse Doria
Siculiana, 14 settembre 2010