Non lasciamoci fregare

Scatta il conto alla rovescia nell’attesa della marcia di sabato prossimo a Palermo dove si sono dati convegno i siciliani che chiedono l’applicazione dello Statuto di autonomia.

Vogliamo sottolineare che non saranno manifestanti, ma patrioti, quelli che chiederanno, con una marcia pacifica ma che si vuole significativa, che lo Statuto di Autonomia, vera e propria carta costituzionale della nostra Sicilia, conquistato dal popolo siciliano nel lontano 1946 e tradito da una classe dirigente schiava e senza dignità, sia finalmente portato ad attuazione.

Oggi che la situazione politica di ogni latitudine vive della pochezza dei suoi protagonisti e degli scandali e delle vergogne che pure li investono, oggi che la crisi economica sancisce la sconfitta dei modelli finora proposti, oggi che pare naufragata sia la filosofia del libero mercato sia quella dell’economia di Stato, oggi che nel federalismo, additato come novità politica, specie a noi siciliani (sic), si tenta di trovare una possibile via di novità politica per attirare il consenso.

L’Autonomia Siciliana sembra essere così ritornata di gran moda, come una vecchia “novità” politica, e lo dimostra la rincorsa della classe politica isolana che non vuole lasciarsi superare dalla presa di coscienza della gente tanto da costringersi a riciclare persino i nomi dei loro partiti originari per inserire la magica formula dell’Autonomia nel loro specchietto per le allodole e cercare così di agguantare il gradimento degli elettori.

Hanno capito, questi eroi della democrazia, che la gente siciliana è ormai cresciuta nella percezione del potenziale insito nello Statuto ed hanno preso coscienza della necessità di adeguare i loro discorsi e i loro partiti alle nuove sensibilità che affiorano nell’opinione pubblica. Devono pero’ capire che non è più tempo dei giochini di prestigio diretti soltanto a garantire le vecchie guarentigie iscritte ai vecchi marpioni immarcescibili che da anni compaiono alla vigilia delle elezioni e poi scompaiono e restano li’ a raccontare frottole e tessere imbrogli alla faccia della nostra Isola.

  • Perché sono sempre i soliti?
  • Perché sono sempre gli stessi?
  • Perché i passaggi avvengono solo in seno ai famigli di Roma?

Hanno banalizzato la politica con le battone, le case rubate, i privilegi della casta, cortigiani e cortigiane, servi, schiavi e indegni ed ora aguzzano l’ingegno per rubarci l’afflato alla resurrezione, la voglia di uscire dal guado e dalla melma.

Vogliono convincerci della loro buona fede, ma hanno banalizzato lo Stato, hanno rinnegato la Nazione, perché vogliono essere sempre loro a menare le danze.

Allora noi sfiliamo per le strade di Palermo come fossero le strade della Sicilia tutta.

L’Isola chiede rispetto e considerazione. E lo fa per costruire, finalmente il futuro dei suoi figli, dei suoi territori. Non facciamoci perciò illudere da costoro. Vadano via e non tentino più di imbrogliarci.

Una marcia allora per ricatturare la voglia di libertà e di dignità, una marcia per ritrovare popolo e territorio e per gettare fuori dal Tempio i mercanti che ora vogliono chiuderci quelle porte e intanto vendono eresie e precariato all’oncia, indulgenze plenarie, immaginette e disoccupazione alla libbra, il Ponte sullo stretto come cattedrale di opere incompiute, strade, porti, autostrade e ferrovie.

Una marcia tra le bandiere della Trinacria, avvolta nel giallo dei nostri campi arsi dal sole e nel rosso dei nostri tramonti in riva ai mari dell’ Isola.

E noi saremo lì anche se dal Nord lontano il cammino sarà stato lungo e faticoso e la via del ritorno, sempre più triste e silenziosa.

Ufficio stampa

L’ALTRA SICILIA – Antudo