LETTERA APERTA AL PRESIDENTE C.A. CIAMPI

Ragusa, 1 Novembre 2003

Resistenza e Risorgimento: retorica e menzogne

Egregio Presidente della repubblica bananiera d’Italia, mi scusi se la tratto con un po’ di irriverenza e se oso sfidare quel reato che in Italia, unico paese tra quelli cosiddetti civili, punisce chi vilipende al Capo dello Stato.


Gli è che, conservando memoria delle cronache di un mesetto fa, mi sono ricordato di una sua dichiarazione, quel ch’è peggio non smentita, che mi ha fatto capire in che Italia vivo e quanto mi corra l’obbligo di sentirmi affatto Italiano per ciò stesso.

Ricordo che si è riacceso dopo l’ultima sua “straparlata” sulla Resistenza che dovrebbe essere fatta studiare a scuola. Premettendo che L’Altra Sicilia non è affatto partigiana (nel senso che non parteggia per alcuna forza o schieramento politico), ma si batte unicamente per la Verità, per dirla tutta, so per certo che a scuola (regno incontrastato della sinistra) la Resistenza viene fatta studiare, approfondire, mandare a memoria e incollare nelle menti degli studenti.

Quella, ovviamente, che si può raccontare e vedremo appresso il perché. Che altro si deve studiare del già studiato?

Immerso nella retorica celebrativa per i 60 anni della Resistenza, e torno ai ricordi di settembre, è scivolato su parole che definire ingiuriose è poco; quasi nulla. In pratica lei avrebbe detto (ma mi piacerebbe essere smentito da lei medesimo) che “senza la Resistenza, senza il Risorgimento, questo Paese sarebbe oggi peggiore”.

A parte il fatto che anni di studio mi hanno insegnato (forse solo a me? O forse lei non ha studiato la storia?) che la storia si scrive senza “se”, cosa la rende così sicuro di quello che ha proferito? Continuando, lei ha detto che la “gente comune sperimentò la violenza bestiale, la slealtà, la degenerazione morale delle SS naziste”.

E qui, chiedo venia, casca l’asino!!

Circa la slealtà la rimando, perché mi pare di capire che ne abbia letti pochini, ai libri di storia: i primi ad essere stati sleali furono, guarda un po’ il caso, proprio gli Italiani di Badoglio: “La guerra continua” (sottinteso, al fianco dell’alleato nazista), 25 luglio 1943; poi la vile fuga sua e di quella nullità di re lasciando un popolo ed un esercito in balia di se stessi e dell’ex (sleale?) alleato; quindi la calata di brache di un armistizio vergognoso subìto ancora di nascosto per slealtà, questa sì, verso l’ex alleato.

Circa la degenerazione morale la inviterei a rivedere tutti i processi per corruzione della repubblica bananiera ed antifascista d’Italia, specie quelli che riguardano i democratici democristiani e gli antifascisti socialisti; su quelli dei comunisti attendiamo il radicale rinnovamento delle procure sperando che vi arrivino magistrati imparziali, seri ed onesti.

Circa la violenza bestiale le regalo, l’ho sempre fatto coi “sordi” e mai mi stancherò di farlo, le parole con cui Carlo Alianello chiuse il suo libro (lo legga, presidente risorgimentale, poi ne riparleremo) “La conquista del Sud”. Gliele regalo perché rappresentano la degna risposta alle frasi ingiuriose che lei ha pronunziato a Boves (CN), visitando un campo di concentramento nazista.
Una risposta che mette, guarda che caso anche questo, in correlazione proprio il “suo” stramaledetto Risorgimento e la “ferocia” nazista della Resistenza.

“Finiamola di definirci i “buoni” d’Europa; e nessuno dei nostri fratelli del Nord venga a lamentarsi delle stragi naziste. Le SS del 1860 e degli anni successivi si chiamarono, almeno per gli abitanti dell’ex Regno delle Due Sicilie, piemontesi. Perciò smettiamo di sbarrare gli occhi, di spalancare all’urlo le bocche, di stringere i pugni e di tendere il collo a deprecare violenze altrui in questo e in altri continenti. Ci bastino le nostre, per sentire un solo brivido di pudore. Noi abbiamo saputo far di più e di peggio”.

Questo “peggio”, lei, signor presidente della repubblica bananiera d’Italia, l’ha saputo molto abilmente superare sproloquiando in quella vergognosa maniera.

A volte ho come l’impressione che lei consideri gli Italiani alla stregua di imbecilli che, al cospetto della sua autorevole figura, abbiano il solo obbligo di ingurgitare ogni amenità da lei detta e sottoscritta con scrosci d’applausi dalla claque dei politicuzzi, di destra e di sinistra, che fanno a gara per arrivare per primi sotto alle sue ciabatte onde pulirne la suola. Ben venga il lecchinaggio, arte in cui in popolo italiano eccelle senza tema di perdere confronto alcuno, dei politici (affari loro) e ben venga ogni suo sproloquio sulla Resistenza (di cui le uniche cose certe e dette sono le mistificazioni e le menzogne per coprire vergogne indicibili e disumane), ma, per cortesia, lasci stare il Risorgimento!!!

Forse lei, toscano del Granducato, subisce ancora l’influsso di quegli staterelli che, ardentemente, volevano farsi annettere al regno sabaudo; al Sud le cose stavano davvero in un altro verso. Dia retta: lasci perdere questo capitolo ché ancora gronda di sangue italiano per l’ingordigia di una casata e l’ossessione al colonialismo dei loro criminali istigatori: gli inglesi.

Se tra le sue intenzioni vi rientra anche la promozione dello studio della storia, noi, molto umilmente, le chiediamo di promuovere quello della… Storia. Cominciando proprio con il “suo” tanto caro Risorgimento.

Convinca il ministro della (ex) Istruzione a favorire l’emersione della Verità; intimi agli amministratori locali di cancellare tutta la vergognosa (specie al Sud) toponomastica risorgimentale; presieda convegni e congressi che raccontino cosa davvero avvenne, in quei tragici anni, nel Sud, ad opera delle canaglie al soldo dei Savoia; faccia capire che quel fenomeno, troppo frettolosamente bollato (per tagliare meglio le teste) come “brigantaggio”, altro non fu che il “padre nobile” della “sua” Resistenza al nazi-fascismo.

Ecco, signor presidente, se di Resistenza vuole fare parlare nelle aule, cominci proprio da qui: “C’era una volta, nel Sud dell’Italia, un Regno italianissimo che si chiamava “Regno delle due Sicilie. Poi venne attaccato, senza nemmeno una dichiarazione di guerra, dalle bande dei Savoia e fu la fine di un sogno. Questo sogno si chiamava e si chiama Sud”. Che gliene pare, come estrema sintesi?

Non me ne voglia, ma la dignità va difesa e precede ogni cosa: anche un capo di Stato.

Giovanni Cappello

L’Altra Sicilia – Ragusa