E i paralipomeni della batracomiomachia?

Lussemburgo – 18.03.2011 – Abbiamo gettato da poco uno sguardo agli articoli che parlano del tema oggi ricorrente, le celebrazioni dell’Unità d’Italia, e forse perché non apprezziamo molto i piagnistei collettivi o il piangersi addosso senza nessun bisogno, ci disturba il fatto che si prenda il pretesto della ricorrenza per scavare ancora di più il solco tra ritenuti buoni e ritenuti cattivi, tra chi festeggia l’Italia e chi invece questa festa la rifiuta per ragioni che sono tutte sue, tra gli ex comunisti che oggi gridano all’unità, dopo le “ubbidienze” sovietiche, e gli ex fascisti che per l’unità si commuovono ancora ma vengono attaccati perché non sono schierati dalla parte giusta, quasi appartenesse soltanto a qualcuno la facoltà di affibbiare la patente “buona” di patriota.

Ci disturba il fatto che la retorica celebrativa abbia raggiunto cime parossistiche tanto da far passare tutta la campagna che L’ALTRA SICILIA conduce per l’Autonomia dell’Isola quasi come un’offesa al comune sentire, una battaglia di retroguardia, una ridotta Bastiani, dove l’isteria collettiva pro Celebrazione condanna senza attenuanti i “piccini, piccini” del giornale l’Isola e li relega nel limbo dei cattivi contro-unitari.

Non possiamo pero’ commuoverci né per l’assenza dei Leghisti o per il discorso di  Napolitano a Parma, troppa retorica, patetismo senile sicuramente in buona fede ma, concedeteci di storcere il naso. Ogni occasione sembra quella giusta per attaccare le scelte di questo governo che, per carità, non è che rifulga di particolari geni, ma almeno ha cercato di abbattere degli steccati invalicabili come le grandi baronie universitarie, i vicereami della magistratura intoccabile, ma piove, ed allora,  governo ladro, e  l’imbelle ministro dei Beni culturali è attaccato quasi fosse Giove pluvio; si riducono gli sprechi delle università ed allora la riforma della ministra Gelmini viene attaccata in piazza dagli offesi  studiosi (studenti?); scoppia il reattore di Fusijhama  e si mette in discussione la ventilata proposta del governo sul nucleare; dopo le botte, Gheddafi fa pulizia a casa sua ed allora Berlusconi è reo di aver brigato in combutta col  dittatore che, se effettivamente dovesse vincere, allora si’ comincerebbe a ritirare i suoi soldi da Unicredit, Fiat e persino dalla Juventus, tutte  genuine gemme di sapore italico, oltre che unitario.

Noi non ci stiamo. Né destra né sinistra, soltanto Sicilia. E se il clima unitario non ci convince non vogliatecene, ma considerate quanti insulti i nostri fratelli hanno preso in giro per i continenti, laddove hanno dovuto inventarsi quel futuro che gli italici hanno loro negato in Patria.

Non ci stiamo né possiamo accettare di leggere articoli di una retorica velata,  certo anche suggestiva se non tirasse per il bavero il nostro essere siciliani e fieri delle cose di casa nostra, specialmente dei nostri poeti e letterati.

Abbiamo  da poco letto una serie di articoli sull’attualità delle celebrazioni  ed uno particolarmente ci ha colpito  perchè  apprezziamo la qualità dell’autore e riconosciamo la sua erudizione e abbiamo sempre trovato azzeccate le disamine che egli fa della situazione politica quotidiana. Ci ha sorpreso pero’ il soggetto trattato, Giacomo Leopardi, certo con grande sensibilità, ma quasi fosse un campione unico in quella panoplia di autori che le autorità hanno scelto come espressioni più autentiche di italianità, guarda caso tutti regolarmente non siciliani (al pari dei cantautori precettati per la Festa:  Morandi, Vecchioni o Van der Stratoos…, e di siciliani anche qui, neppure l’ombra… E poi dici la persecuzione! Ma non giudicateci male, non vogliamo vedere il pelo nell’uovo, non siamo visionari della sicilianità. Ma non pensate anche voi che di siciliani degni dell’agora e degli allori della discussione ce ne possano essere a bizzeffe?

Il direttore di Sicilia informazioni si lancia in un’appassionata ode all’Infinito, tanto da sentirsi italiano, dice, perché Leopardi è italiano.

Allo stesso modo potremmo trasporci, tutti noi, senza la retorica celebrativa, ad esempio:
davanti  all’ode a Tindari e sentirci siciliani perchè Quasimodo è siciliano;

– davanti all’Horcynus Orca e sentirci  siciliani perchè D’Arrigo è siciliano;

– davanti al sorriso dell’ignoto marinaio e  sentirci  siciliani perchè Vincenzo Consolo è siciliano;

davanti al Museo delle ombre e sentirci siciliani perchè Gesualdo Bufalino è siciliano e tralasceremmo Verga, Pirandello, Tommasi di Lampedusa, Brancati,… fino a chesso’ quando.

Non credete che l’universalità dei siciliani sia almeno altrettanto forte di  quella del Leopardi?

Non credete che un autore siciliano, non foss’altro che uno solo, potesse avere posto nelle rimembranze di critici e giornalisti siciliani, nel giorno della Festa, proprio per fare di questa, una Festa davvero di tutti?

Fa male poi che a tessere le lodi della fobia antisiciliana sia, more solito, un siciliano. Ma ora, scoprire che il pessimismo di Leopardi sia diventato persino uno dei manifesti di queste celebrazioni, la dice lunga sul senso di questo patriottismo che si vuole celebrare e sul carattere partigiano e crepuscolare della ricorrenza.

Non vergognamoci percio’ di essere siciliani; non c’é nessun motivo di ricercare lontano modelli che esistono  nella nostra Isola e che soltanto passandoli sotto silenzio e nel dimenticatoio ci mettono all’angolo . Cosi’ facendo perderemmo  quei riferimenti e quella identità che sono  caratteristiche  nostre e che hanno forgiato, negli anni, il nostro essere, orgogliosamente, siciliani.

Eugenio Preta
L’ALTRA SICILIA – Antudo